LP per te
Per la prima
volta mi trovo a coordinare una squadra di colleghi. Come programmare
il lavoro incentivando la motivazione del gruppo?
Perché un lavoro per obiettivi si riveli un successo e ci consenta di mettere in luce le nostre qualità di leader e di coordinatore di una squadra dovranno essere rispettati alcuni parametri essenziali. Innanzitutto, la nostra meta finale dovrà essere coerente con le circostanze nelle quali il progetto nasca e si sviluppi, del tempo a disposizione, dei mezzi tecnici e delle risorse umane sulle quali potremo fare affidamento. La possibilità di "misurare" in termini oggettivi il nostro obiettivo sarò un altro elemento prezioso: in qualunque momento del percorso potremo, così, confrontarlo con le decisioni iniziali, in modo da poter valutare l´andamento del lavoro di gruppo e di saper prevenire, il più possibile, ostacoli e fallimenti. Qualora il raggiungimento dei risultati richieda tempi lunghi e processi molto articolati, sarà opportuno lo stabilire dei sotto-obiettivi suddivisi per fasi di lavoro, al fine di poter sempre controllare la situazione e di mantenere elevato il livello motivazionale delle persone coinvolte. Il saper programmare le tempistiche entro le quali ci si ponga l´ottenimento del risultato finale sarà utile per gestire le risorse impiegate e definire in modo più preciso le modalità di avanzamento sul piano progettuale ed esecutivo. Motivazione ed impegno, inoltre, saranno maggiori laddove non si tratti di un risultato eccessivamente difficile da ottenere: sarà più facile che la squadra percepisca i propri sforzi come vani, in vista dell´ipotesi di un possibile insuccesso, legata ad ambizioni troppo forti e scarsamente realistiche.
Si dovrebbe, perciò, tenere conto dei risultati precedentemente ottenuti nell´ambito di esperienze simili, monitorando costantemente l´ambiente e le risorse oggettive. Infine, la concretezza dell´obiettivo sarà un ulteriore elemento a favore del lavoro di gruppo: la possibilità di immaginare le migliorie che conseguiranno al suo raggiungimento e i possibili vantaggi prodotti, fungerà da implicito sollecito per i membri del team.
Perché un lavoro per obiettivi si riveli un successo e ci consenta di mettere in luce le nostre qualità di leader e di coordinatore di una squadra dovranno essere rispettati alcuni parametri essenziali. Innanzitutto, la nostra meta finale dovrà essere coerente con le circostanze nelle quali il progetto nasca e si sviluppi, del tempo a disposizione, dei mezzi tecnici e delle risorse umane sulle quali potremo fare affidamento. La possibilità di "misurare" in termini oggettivi il nostro obiettivo sarò un altro elemento prezioso: in qualunque momento del percorso potremo, così, confrontarlo con le decisioni iniziali, in modo da poter valutare l´andamento del lavoro di gruppo e di saper prevenire, il più possibile, ostacoli e fallimenti. Qualora il raggiungimento dei risultati richieda tempi lunghi e processi molto articolati, sarà opportuno lo stabilire dei sotto-obiettivi suddivisi per fasi di lavoro, al fine di poter sempre controllare la situazione e di mantenere elevato il livello motivazionale delle persone coinvolte. Il saper programmare le tempistiche entro le quali ci si ponga l´ottenimento del risultato finale sarà utile per gestire le risorse impiegate e definire in modo più preciso le modalità di avanzamento sul piano progettuale ed esecutivo. Motivazione ed impegno, inoltre, saranno maggiori laddove non si tratti di un risultato eccessivamente difficile da ottenere: sarà più facile che la squadra percepisca i propri sforzi come vani, in vista dell´ipotesi di un possibile insuccesso, legata ad ambizioni troppo forti e scarsamente realistiche.
Si dovrebbe, perciò, tenere conto dei risultati precedentemente ottenuti nell´ambito di esperienze simili, monitorando costantemente l´ambiente e le risorse oggettive. Infine, la concretezza dell´obiettivo sarà un ulteriore elemento a favore del lavoro di gruppo: la possibilità di immaginare le migliorie che conseguiranno al suo raggiungimento e i possibili vantaggi prodotti, fungerà da implicito sollecito per i membri del team.
E´ consigliabile
affidarsi ai social network per trovare lavoro?
Accanto ai canali "tradizionali" per la ricerca del lavoro, quello dei social network sta dimostrando una sua efficacia, consentendo una "materializzazione" di contatti preziosi e la possibilità di organizzare autentiche "mappe" finalizzate all´individuazione del posto a cui si aspiri. Sarà dunque possibile impostare la creazione del proprio profilo facendo risaltare competenze ed esperienze lavorative e attirando, così, l´attenzione degli esperti di human resource. I social network rappresentano una forma di comunicazione mediatica: si tratta di reti sociali più o meno complesse in grado di consentire la creazione di legami tra individui e, di conseguenza, di supportare gli stessi nella risoluzione di problemi e nel raggiungimento dei propri obiettivi. Il web, ottimizzando l´incontro tra domanda e offerta, può diventare uno strumento prezioso, se ben padroneggiato dall´utente, ad esempio, per varcare i confini nazionali nella ricerca di un impiego o per sfruttare un proprio talento, trasformandolo in professione. Alcuni siti (Facebook, LinkedIn) permettono una condivisione di esperienze anche professionali e fungono da "vetrina interattiva", facilitando la pubblicazione di curricula aggiornati e agevolmente consultabili. Tutto questo si rivela prezioso agli occhi di cacciatori di teste o direttori del personale che necessitino di un pre- screening di profili interessanti e di uno strumento dinamico per poterli approfondire. La ricerca della "persona giusta", infatti, è spesso ostacolata dalla limitatezza del curriculum cartaceo e dalla difficoltà nel pronosticare le potenzialità e le competenze trasversali del candidato. Indipendentemente dal social network che si desideri utilizzare saranno indispensabili cura ed attenzione nei confronti del proprio "personal branding": ciò può essere inteso quale marchio personale, da gestire e promuovere in modo mirato. L´aggiornamento del proprio profilo dovrà essere costante e informazioni inconsistenti e scarsamente finalizzate alla ricerca del lavoro andranno assolutamente evitate.
Accanto ai canali "tradizionali" per la ricerca del lavoro, quello dei social network sta dimostrando una sua efficacia, consentendo una "materializzazione" di contatti preziosi e la possibilità di organizzare autentiche "mappe" finalizzate all´individuazione del posto a cui si aspiri. Sarà dunque possibile impostare la creazione del proprio profilo facendo risaltare competenze ed esperienze lavorative e attirando, così, l´attenzione degli esperti di human resource. I social network rappresentano una forma di comunicazione mediatica: si tratta di reti sociali più o meno complesse in grado di consentire la creazione di legami tra individui e, di conseguenza, di supportare gli stessi nella risoluzione di problemi e nel raggiungimento dei propri obiettivi. Il web, ottimizzando l´incontro tra domanda e offerta, può diventare uno strumento prezioso, se ben padroneggiato dall´utente, ad esempio, per varcare i confini nazionali nella ricerca di un impiego o per sfruttare un proprio talento, trasformandolo in professione. Alcuni siti (Facebook, LinkedIn) permettono una condivisione di esperienze anche professionali e fungono da "vetrina interattiva", facilitando la pubblicazione di curricula aggiornati e agevolmente consultabili. Tutto questo si rivela prezioso agli occhi di cacciatori di teste o direttori del personale che necessitino di un pre- screening di profili interessanti e di uno strumento dinamico per poterli approfondire. La ricerca della "persona giusta", infatti, è spesso ostacolata dalla limitatezza del curriculum cartaceo e dalla difficoltà nel pronosticare le potenzialità e le competenze trasversali del candidato. Indipendentemente dal social network che si desideri utilizzare saranno indispensabili cura ed attenzione nei confronti del proprio "personal branding": ciò può essere inteso quale marchio personale, da gestire e promuovere in modo mirato. L´aggiornamento del proprio profilo dovrà essere costante e informazioni inconsistenti e scarsamente finalizzate alla ricerca del lavoro andranno assolutamente evitate.
Sono interessata
a tutto ciò che concerne il web. Quali carte bisogna giocare per
diventare blogger di professione? Giorgia, Milano.
Il mondo della
scrittura su web e la possibile collaborazione con uno dei network o
dei magazine di successo può riservare spazi e opportunità a chi
desideri incominciare la professione di blogger, tenendo, però,
conto del fatto che esistano logiche e regole imprescindibili ad essa
legate.
Non andrà
sottovalutato nessun aspetto della comunicazione sul web (anche
personale): infatti, un ottimo canale per iniziare a promuovere i
propri articoli su web sarà, indubbiamente, quello dei social
network. Anche contenuti personali potranno essere ottimizzati al
fine di costruire la propria identità di blogger professionista in
modo graduale ed efficace (anche ciò che postiamo e come lo facciamo
risulteranno il frutto di una scelta attenta).
Il primo elemento
da possedere sarà necessariamente la capacità di scrivere in modo
corretto, padroneggiando il linguaggio sia relativamente all´utilizzo
di una terminologia adeguata, sia in termini di rispetto di regole
grammaticali e punteggiatura. Redattori, lettori e clienti, infatti,
considereranno immediatamente tale aspetto alla stregua di un
biglietto da visita.
Un secondo
importantissimo requisito consisterà nella conoscenza tecnica: non
sarà sufficiente l´essere autonomi rispetto ai contenuti da
pubblicare, ma verrà, ad esempio, richiesta una competenza tecnica
nella ricerca delle immagini, nell´ottimizzazione dei titoli o nel
caricamento dei post. Ciò significa che la realizzazione di un
efficace lavoro editoriale su web comporterà la gestione
contemporanea di molti aspetti e un adattamento costante a ritmi e
meccanismi non sempre identici a quelli della "scrittura su
carta".
La
specializzazione in un particolare settore sarà un altro punto di
forza per il blogger: quando ci si focalizzi su una precisa tematica
e se ne scriva con competenza e passione, sarà facile che la
percezione esterna risulti maggiormente positiva rispetto a quella
riservata ai provetti "tuttologi".
Quando ci si
rivolga al mercato del lavoro alla ricerca di una posizione
manageriale, avendo precedentemente maturato un´esperienza
significativa, la remunerazione rappresenterà indubbiamente uno
degli aspetti più delicati.
La fase della
trattativa economica, durante un colloquio di lavoro, andrà, dunque,
gestita in modo accorto al fine di non trasformare tale aspetto in un
ostacolo insormontabile rispetto alla conquista dell´occupazione
desiderata.
Una richiesta
eccessivamente alta potrebbe farci "uscire dal mercato"
ancor prima di aver dato ad un selezionatore la possibilità di
valutare le nostre competenze professionali. Tutto dipenderà dal
nostro effettivo potere contrattuale, dal numero di concorrenti in
relazione alla posizione aperta e dalla reattività del mercato in
particolari momenti e contesti.
La nostra
carriera sarà sempre e comunque valutata in funzione del ruolo
ricercato e dei suoi possibili sviluppi: questo è il motivo per cui
elementi del nostro trascorso professionale, poco attinenti con
quanto necessario alla nuova azienda, non verranno "monetizzati"
in maniera automatica.
Ciò che dovremo
trasmettere in sede di colloquio sarà la valorizzazione della nostra
storia lavorativa soprattutto in termini di esperienze vissute e
competenze trasversali: tali aspetti rappresentano, infatti, il vero
punto di forza rispetto a concorrenti più giovani, una sorta di
garanzia di qualità relativamente al "modo" di ricoprire
un ruolo e di seguirne le possibili evoluzioni.
Se il nostro
potere contrattuale si rivelerà alto (professionalità molto
richiesta o difficile da reperire sul mercato) il dettare le
condizioni risulterà più semplice e, in alcuni casi, sarà
addirittura opportuno l´indicare nel curriculum l´attuale stipendio e
le richieste nei confronti di nuove realtà.
Se, invece, si
desideri cambiare attività, si dovrà tener conto del fatto che non
tutte le abilità acquisite saranno immediatamente trasferibili nel
nuovo contesto e, dunque, la retribuzione sino a quel momento
percepita non andrà utilizzata quale riferimento assoluto.
Per chi desideri
"sperimentare" la ricerca di un lavoro in un paese estero
la prima regola sarà quella di setacciare accuratamente il mercato
del lavoro internazionale, al fine di non "buttarsi" in una
simile esperienza privi della necessaria conoscenza delle posizioni
richieste e dei settori sui quali puntare. Per chi utilizzi il web
per le proprie ricerche, siti quali Eures, Vivi all´estero e Italians
in fuga potranno rivelarsi utili per valutare l´incontro tra domanda
e offerta nel mercato internazionale.
Da gennaio 2014 i
programmi di apprendimento e mobilità dell´Unione Europea sono stati
inglobati all´interno di Erasmus Plus, un "contenitore"
unico che sosterrà per sette anni le attività di studenti,
tirocinanti, persone che fanno il primo ingresso nel mondo del
lavoro, volontari e sportivi, con la finalità di creare e favorire
un continuo scambio di conoscenze e competenze professionali.
Una discreta
conoscenza della lingua del paese in cui ci si rechi e/o dell´inglese
rappresenterà un punto di partenza imprescindibile. Per proporsi,
nella maggior parte dei casi, sarà sufficiente una candidatura
tramite curriculum e lettera di accompagnamento o mediante la
compilazione di un "form" già predisposto dall´azienda di
proprio interesse.
Chi non possieda
un´adeguata preparazione linguistica indubbiamente incontrerà
ostacoli maggiori nel trovare un posto di lavoro, soprattutto quando
si aspiri a posizioni qualificate e soddisfacenti sul piano della
remunerazione.
Anche una volta
trasferitisi nel paese estero sarà bene tenere in considerazione le
offerte delle scuole di lingua, considerandone fattori quali durata
dei corsi, numero di partecipanti e possibilità di ricevere una
certificazione linguistica, se richiesta dal futuro datore di lavoro.
L´arricchimento
del proprio curriculum sarà spesso garantito da un´esperienza fuori
dai confini nazionali, non solo in termini di competenze tecniche
acquisite, ma soprattutto in relazione allo sviluppo di capacità
trasversali quali lo spirito di adattamento, la flessibilità,
l´ampliamento dei propri orizzonti mentali.
Il parlare una o
più lingue straniere è ormai univocamente considerata una
competenza imprescindibile nel mondo del lavoro e la sola conoscenza
della lingua inglese non risulta più sufficiente per soddisfare i
bisogni di tutti i contesti professionali.
La prima
operazione che andrà effettuata consisterà nel comprendere il modo
migliore per "proporsi" al mercato, tenendo conto delle
abilità acquisite mediante il corso di laurea.
Ad esempio, la
capacità di comunicare e di negoziare saranno competenze fortemente
richieste dal mondo del lavoro internazionale in quanto punto di
partenza fondamentale per poter sfruttare a pieno le proprie nozioni
tecniche.
Il laureato in
Lingue, più facilmente di altri, avrà trascorso periodi di
studio/lavoro all´estero e ciò gli avrà garantito l´acquisizione di
uno spirito di adattamento e di un´attitudine all´autonomia in grado
di renderlo competitivo rispetto ad altri giovani aspiranti.
Gli ambiti di
applicazione dei propri studi potranno essere svariati; in primo
luogo andrà menzionata la possibilità di diventare traduttori. Se,
spesso, una simile carriera implicherà il divenire freelance, non
sarà da escludere l´opportunità di avviare un´attività più
strutturata in tale settore (ditta individuale specializzata in
traduzioni).
Le aziende che
operano a livello internazionale andranno accuratamente ricercate con
l´intenzione di poter cogliere opportunità di impiego presso i loro
uffici in nazioni estere. Un settore papabile sarà, ad esempio,
quello alimentare: l´acquisto di materie prime da aziende produttrici
richiederà, infatti, una costante comunicazione (ad alto livello)
con fornitori di tutto il mondo.
Altri ambiti
significativi per il laureato in lingue straniere saranno i trasporti
(la distribuzione di merci implica di per sé doti organizzative e di
comunicazione), il marketing e ovviamente il turismo, il giornalismo
e la comunicazione in Rete.
Altri impieghi
qualificati saranno, infine, quelli relativi alla gestione dei
rapporti internazionali in contesti istituzionali quali pubblica
amministrazione, le organizzazioni di volontariato, le strutture
facenti capo a enti locali.
Sono senza lavoro
e vorrei propormi nel settore “green”, sfruttando la mia laurea
in ingegneria gestionale. Quali opportunità esistono concretamente?
Il 2014 è stato indubbiamente un anno significativo in termini di investimenti in tecnologie green, da parte delle aziende italiane ed è innegabile che un tale orientamento stia avendo e che avrà, di conseguenza, un impatto assolutamente positivo sull’occupazione e sulle assunzioni legate a competenze specifiche e a nuove figure professionali emergenti. La cosiddetta green economy è caratterizzata da una “spinta” di tipo trasversale che investe più settori contemporaneamente toccando ambiti lavorativi anche non strettamente connessi all’ambiente e alla sua tutela: ne sono un chiaro esempio le professioni inerenti il design degli “eco-prodotti” oppure il settore informatico, soprattutto in relazione alla creazione di software specifici o ancora l’area marketing e comunicazione concentrata su tematiche “verdi”, per terminare con figure professionali specializzate nello studio, nel monitoraggio e nell’applicazione delle normative di settore (mercato dell’energia rinnovabile, impatto della fiscalità energetica, incentivazioni, ecc.). La carrellata di opportunità d’impiego coinvolge effettivamente molteplici aree tra le quali le più rappresentative sono: il turismo, l’architettura, l’edilizia, la gestione dei rifiuti, i trasporti e la vendita di energie rinnovabili. In ogni caso, la meta ultima dei green jobs sarà quella di utilizzare tecniche rispettose della natura e dell’ambiente nella produzione di beni e di servizi. Un esempio rappresentativo è incarnato dal profilo dell’energy manager, una figura professionale di alto livello, introdotta per legge in Italia, in riferimento alle imprese del settore industriale o della Pubblica Amministrazione con elevati consumi annuali, al fine di supportarle nelle scelte connesse all’utilizzo razionale e alla conservazione dell’energia, mediante un “cocktail” di competenze tecniche, finanziarie, legali e di comunicazione strategica.
Il 2014 è stato indubbiamente un anno significativo in termini di investimenti in tecnologie green, da parte delle aziende italiane ed è innegabile che un tale orientamento stia avendo e che avrà, di conseguenza, un impatto assolutamente positivo sull’occupazione e sulle assunzioni legate a competenze specifiche e a nuove figure professionali emergenti. La cosiddetta green economy è caratterizzata da una “spinta” di tipo trasversale che investe più settori contemporaneamente toccando ambiti lavorativi anche non strettamente connessi all’ambiente e alla sua tutela: ne sono un chiaro esempio le professioni inerenti il design degli “eco-prodotti” oppure il settore informatico, soprattutto in relazione alla creazione di software specifici o ancora l’area marketing e comunicazione concentrata su tematiche “verdi”, per terminare con figure professionali specializzate nello studio, nel monitoraggio e nell’applicazione delle normative di settore (mercato dell’energia rinnovabile, impatto della fiscalità energetica, incentivazioni, ecc.). La carrellata di opportunità d’impiego coinvolge effettivamente molteplici aree tra le quali le più rappresentative sono: il turismo, l’architettura, l’edilizia, la gestione dei rifiuti, i trasporti e la vendita di energie rinnovabili. In ogni caso, la meta ultima dei green jobs sarà quella di utilizzare tecniche rispettose della natura e dell’ambiente nella produzione di beni e di servizi. Un esempio rappresentativo è incarnato dal profilo dell’energy manager, una figura professionale di alto livello, introdotta per legge in Italia, in riferimento alle imprese del settore industriale o della Pubblica Amministrazione con elevati consumi annuali, al fine di supportarle nelle scelte connesse all’utilizzo razionale e alla conservazione dell’energia, mediante un “cocktail” di competenze tecniche, finanziarie, legali e di comunicazione strategica.
Ho un´unica
esperienza lavorativa significativa come segretaria e fatico a
trovare un nuovo lavoro. Forse c´è qualcosa di poco "attraente"
nel mio curriculum vitae?
Un curriculum dovrà innanzitutto essere "progettato" e costruito al fine di valorizzare le esperienze professionali e di vita di un candidato. Ciò vale anche per chi non abbia maturato un bagaglio professionale significativo in relazione ad una specifica posizione, ma che potrebbe, ad esempio, avendo sperimentato clienti o contesti differenti, vantare competenze trasversali appetibili per un´azienda. Alcuni impieghi non "certificati", quali i ruoli di segreteria, potranno acquistare il pregio che meritano solamente se descritti in modo strategico nella sezione "esperienze professionali": sarà, dunque, necessario far risaltare le mansioni svolte, i contenuti tecnici delle attività e le relazioni sviluppate in ambiti eterogenei poiché proprio in tali elementi potrebbero essere rinvenuti dal selezionatore "collegamenti"con la figura ricercata. Anche un curriculum funzionale, ovvero costruito in base ai progetti realizzati e ai settori di competenza sperimentati, potrebbe far risaltare le capacità trasversali rendendo maggiormente fluida la lettura e ponendo in evidenza esperienze che risulterebbero altrimenti appiattite, confuse nella cronologia degli eventi. Le differenti "anime" professionali di un candidato rappresentano, spesso, un punto di forza che andrà sottolineato al fine di evidenziare la propria versatilità e capacità di adattamento. Il messaggio così trasmesso al selezionatore risulterà immediato, dal momento che le abilità acquisite verranno organizzate, a monte, in aree ben riconoscibili (ad esempio, ambito tecnico, ambito commerciale, ambito amministrativo), anche qualora la propria storia lavorativa sia monoaziendale. Se l´ultima esperienza di lavoro risulterà la più significativa, essa dovrà essere posta in primo piano, mentre i restanti "momenti" professionali verranno esposti in modo chiaro e preciso, ma necessariamente più sintetico.
Un curriculum dovrà innanzitutto essere "progettato" e costruito al fine di valorizzare le esperienze professionali e di vita di un candidato. Ciò vale anche per chi non abbia maturato un bagaglio professionale significativo in relazione ad una specifica posizione, ma che potrebbe, ad esempio, avendo sperimentato clienti o contesti differenti, vantare competenze trasversali appetibili per un´azienda. Alcuni impieghi non "certificati", quali i ruoli di segreteria, potranno acquistare il pregio che meritano solamente se descritti in modo strategico nella sezione "esperienze professionali": sarà, dunque, necessario far risaltare le mansioni svolte, i contenuti tecnici delle attività e le relazioni sviluppate in ambiti eterogenei poiché proprio in tali elementi potrebbero essere rinvenuti dal selezionatore "collegamenti"con la figura ricercata. Anche un curriculum funzionale, ovvero costruito in base ai progetti realizzati e ai settori di competenza sperimentati, potrebbe far risaltare le capacità trasversali rendendo maggiormente fluida la lettura e ponendo in evidenza esperienze che risulterebbero altrimenti appiattite, confuse nella cronologia degli eventi. Le differenti "anime" professionali di un candidato rappresentano, spesso, un punto di forza che andrà sottolineato al fine di evidenziare la propria versatilità e capacità di adattamento. Il messaggio così trasmesso al selezionatore risulterà immediato, dal momento che le abilità acquisite verranno organizzate, a monte, in aree ben riconoscibili (ad esempio, ambito tecnico, ambito commerciale, ambito amministrativo), anche qualora la propria storia lavorativa sia monoaziendale. Se l´ultima esperienza di lavoro risulterà la più significativa, essa dovrà essere posta in primo piano, mentre i restanti "momenti" professionali verranno esposti in modo chiaro e preciso, ma necessariamente più sintetico.
Lancio di un
prodotto e organizzazione di un evento. Come fare?
Il lancio di un
nuovo prodotto mediante l´organizzazione di un meeting comporta una
serie di azioni strategiche al fine di ottenere un ritorno in termini
di immagine e di introiti per l´azienda di riferimento. Di
conseguenza ogni dettaglio andrà curato per minimizzare gli
imprevisti e per aumentare il coinvolgimento delle persone presenti.
In primo luogo,
si dovrà valutare attentamente la disponibilità economica
programmando un investimento in linea con le proprie possibilità,
tenendo conto delle spese organizzative e di quelle necessarie per
garantire un´efficace comunicazione.
In effetti, una
diffusione mirata si rivelerà essenziale in termini di affluenza di
pubblico. Ciò potrebbe tradursi in una vera e propria campagna
pubblicitaria o in una promozione più circoscritta, per mezzo di
locandine o volantini di presentazione, a seconda del budget definito
in partenza.
Le aspettative
del pubblico saranno il secondo elemento fondamentale da considerare.
La creazione della "lista" degli invitati definirà il
target al quale rivolgersi e dovrà includere figure significative in
grado di garantire un certo prestigio all´evento stesso e giornalisti
che possano interpretare e diffondere il messaggio trasmesso,
contribuendo alla creazione di interesse anche all´esterno.
Il luogo scelto
dovrà rispondere a determinati requisiti in termini di spazi e di
adeguatezza rispetto a ciò che si intenda presentare: gli ospiti
dovranno essere ricevuti in un contesto "comodo", adeguato,
accogliente e privo di possibili rischi.
A tal proposito,
sarà consigliabile l´affidarsi a fornitori esperti e professionali i
quali assicurino puntualità nelle consegne e qualità nel servizio
offerto.
L´organizzazione
darà migliori risultati se frutto di un lavoro di squadra: se a
monte dell´evento si sarà riusciti a creare un clima di
collaborazione e di fiducia reciproca, l´effetto finale sarà
positivo e rifletterà tale impostazione. Saranno indispensabili la
"trasmissione" della propria energia, la delega di alcuni
compiti e la responsabilizzazione dei componenti dello staff.
La creazione di una pagina Facebook dovrà, innanzitutto, far emergere la trasparenza e la schiettezza del messaggio trasmesso dall´azienda, al fine di motivare la community a consultarla e a parteciparvi attivamente.
Sarà necessario l´aver chiari obiettivi, modi di realizzazione ed eventuali varianti in corso d´opera, nonché l´aver realizzato un oculato business plan, dal momento il lanciarsi in una simile avventura privi di un progetto potrebbe condurre a risultati addirittura controproducenti.
Qualora si tratti di un´impresa giovane e scarsamente nota la pagina, in una fase iniziale, non risulterà sufficiente ad attirare spontaneamente liker. Sarà, dunque, consigliabile l´affidarsi a strumenti promozionali interni a Facebook in grado di creare una base di utenti di partenza.
In linea generale sarà opportuno coinvolgere uno staff di professionisti con ruoli diversi i quali, in alcuni casi, potrebbero anche convergere in un´unica persona.
Il project manager dovrà occuparsi dell´elaborazione del progetto e controllare costantemente la correttezza dell´esecuzione, interfacciandosi con il personale aziendale (direzione, addetti al marketing e alle vendite). Il responsabile della pagina Facebook aziendale, invece, dovrà possedere preferibilmente competenze informatiche e di blogger, dedicandosi al piano editoriale e alla redazione dei contenuti. Il community manager si occuperà dell´alimentare e del moderare la partecipazione alla pagina e, talvolta, della stessa pubblicazione di alcuni materiali. Sarà, infine, indispensabile la presenza di tecnici, in grado di curare le applicazioni, gli aspetti di design e gli elementi grafici (foto e video), personalizzando la pagina in base agli obiettivi aziendali.
Andrà sempre tenuto presente che, una volta sul Web, l´azienda sarà "visibile al mondo" e, dunque, sarà fondamentale che ciò si verifichi in maniera immediata e "ordinata". Per tale ragione l´autore del progetto dovrà conoscere profondamente la vision dell´impresa e prevedere un regolamento al quale dovranno attenersi sia gli amministratori della pagina che i liker.
Sarà necessario l´aver chiari obiettivi, modi di realizzazione ed eventuali varianti in corso d´opera, nonché l´aver realizzato un oculato business plan, dal momento il lanciarsi in una simile avventura privi di un progetto potrebbe condurre a risultati addirittura controproducenti.
Qualora si tratti di un´impresa giovane e scarsamente nota la pagina, in una fase iniziale, non risulterà sufficiente ad attirare spontaneamente liker. Sarà, dunque, consigliabile l´affidarsi a strumenti promozionali interni a Facebook in grado di creare una base di utenti di partenza.
In linea generale sarà opportuno coinvolgere uno staff di professionisti con ruoli diversi i quali, in alcuni casi, potrebbero anche convergere in un´unica persona.
Il project manager dovrà occuparsi dell´elaborazione del progetto e controllare costantemente la correttezza dell´esecuzione, interfacciandosi con il personale aziendale (direzione, addetti al marketing e alle vendite). Il responsabile della pagina Facebook aziendale, invece, dovrà possedere preferibilmente competenze informatiche e di blogger, dedicandosi al piano editoriale e alla redazione dei contenuti. Il community manager si occuperà dell´alimentare e del moderare la partecipazione alla pagina e, talvolta, della stessa pubblicazione di alcuni materiali. Sarà, infine, indispensabile la presenza di tecnici, in grado di curare le applicazioni, gli aspetti di design e gli elementi grafici (foto e video), personalizzando la pagina in base agli obiettivi aziendali.
Andrà sempre tenuto presente che, una volta sul Web, l´azienda sarà "visibile al mondo" e, dunque, sarà fondamentale che ciò si verifichi in maniera immediata e "ordinata". Per tale ragione l´autore del progetto dovrà conoscere profondamente la vision dell´impresa e prevedere un regolamento al quale dovranno attenersi sia gli amministratori della pagina che i liker.
Sono laureata in lingue e amo viaggiare. Che strade percorrere?
Sono molteplici le opportunità che si aprono qualora vi sia una buona predisposizione agli spostamenti continui, una notevole flessibilità e la conoscenza delle lingue.
Per una studentessa o una neolaureata, un punto di partenza potrebbe essere rappresentato dal proporsi quale "ragazza alla pari", prendendosi cura dei figli della famiglia ospitante in cambio di vitto, alloggio e di un contenuto rimborso. Siti quali Au Pair World possono rivelarsi utili per cercare questo tipo di lavoro.
Qualora si posseggano propensioni artistiche le strade aperte saranno molteplici. Un primo esempio, per chi ami scrivere, è quello del blogger di viaggi professionista: non è un mestiere semplice, dal momento che la maggior parte di coloro che lo svolgono impegna almeno un anno di lavoro nella costruzione del sito web prima di poter guadagnare in modo soddisfacente e richiede, oltre alle doti legate alla scrittura, anche competenze di marketing e di gestione finanziaria del proprio prodotto virtuale.
Una seconda possibilità di business potrebbe essere il divenire fotografo professionista (ad esempio di matrimoni): si tratta di un settore competitivo che richiede investimenti importanti in ingresso (attrezzatura fotografica, computer, sito web, ecc.), ma che potrebbe lautamente ricompensare giovani di talento.
Una professione meno redditizia, ma può facilmente accessibile è quella del "ricercatore per guide di viaggio": si tratta, anche in questo caso, di un impegno gravoso, anche se parzialmente compensato dal fascino dei luoghi visitati. Il ricercatore dovrà occuparsi delle recensioni inerenti la cultura locale, il cibo e gli alloggi, "mappare" le zone visitate e rispettare scadenze precise.
Per i più "tradizionalisti" sono da considerare le richieste di insegnanti di lingua inglese soprattutto da parte di Paesi quali America Latina, Asia e Medio Oriente. Al fine di rendersi candidati più appetibili una certificazione per l´insegnamento (TEFL) potrebbe aumentare le possibilità di accesso a una tale opportunità lavorativa.
Sono molteplici le opportunità che si aprono qualora vi sia una buona predisposizione agli spostamenti continui, una notevole flessibilità e la conoscenza delle lingue.
Per una studentessa o una neolaureata, un punto di partenza potrebbe essere rappresentato dal proporsi quale "ragazza alla pari", prendendosi cura dei figli della famiglia ospitante in cambio di vitto, alloggio e di un contenuto rimborso. Siti quali Au Pair World possono rivelarsi utili per cercare questo tipo di lavoro.
Qualora si posseggano propensioni artistiche le strade aperte saranno molteplici. Un primo esempio, per chi ami scrivere, è quello del blogger di viaggi professionista: non è un mestiere semplice, dal momento che la maggior parte di coloro che lo svolgono impegna almeno un anno di lavoro nella costruzione del sito web prima di poter guadagnare in modo soddisfacente e richiede, oltre alle doti legate alla scrittura, anche competenze di marketing e di gestione finanziaria del proprio prodotto virtuale.
Una seconda possibilità di business potrebbe essere il divenire fotografo professionista (ad esempio di matrimoni): si tratta di un settore competitivo che richiede investimenti importanti in ingresso (attrezzatura fotografica, computer, sito web, ecc.), ma che potrebbe lautamente ricompensare giovani di talento.
Una professione meno redditizia, ma può facilmente accessibile è quella del "ricercatore per guide di viaggio": si tratta, anche in questo caso, di un impegno gravoso, anche se parzialmente compensato dal fascino dei luoghi visitati. Il ricercatore dovrà occuparsi delle recensioni inerenti la cultura locale, il cibo e gli alloggi, "mappare" le zone visitate e rispettare scadenze precise.
Per i più "tradizionalisti" sono da considerare le richieste di insegnanti di lingua inglese soprattutto da parte di Paesi quali America Latina, Asia e Medio Oriente. Al fine di rendersi candidati più appetibili una certificazione per l´insegnamento (TEFL) potrebbe aumentare le possibilità di accesso a una tale opportunità lavorativa.
Per la mia azienda sto preparandomi ad affrontare, in qualità di responsabile del personale, alcuni colloqui via skype. Come sfruttare al meglio la cosa?
Le "regole che connotano un colloquio "dal vivo" dovranno essere rispettate anche quando si utilizzi uno strumento, quale sia skype, che potrebbe apparire informale. Chi condurrà il colloquio dovrà utilizzare, quindi, toni professionali, tenendo sempre presente che si tratta di una vera e propria intervista in diretta durante la quale l´immagine dell´azienda dovrà essere presentata al meglio.
La preparazione del colloquio, per il selezionatore, consisterà anche nell´assicurarsi che la propria attrezzatura funzioni correttamente (segnale di rete, luminosità, ecc.). Sarà importante il dimostrarsi a proprio agio con il mezzo elettronico e il saper gestire prontamente eventuali inconvenienti tecnici.
Dal momento che il colloquio via skype può considerarsi una situazione "mista" con caratteristiche della conversazione telefonica unite ad aspetti di un incontro faccia a faccia, le componenti non verbali della comunicazione avranno un peso notevole.
Sul piano "comunicativo", sarà essenziale l´evitare uno degli errori più comuni: il fissare la propria immagine riflessa sul monitor! Al contrario, lo sguardo dovrebbe essere rivolto alla webcam, in modo naturale, con l´intento di guardare negli occhi il proprio interlocutore.
Ogni elemento che possa fornire indicazioni utili sul candidato dovrà essere preso in considerazione e valutato con cura, comprese alcune componenti, apparentemente marginali quali il nickname utilizzato (una sorta di biglietto da visita virtuale) e il contesto scelto per sostenere l´intervista (uno spazio neutro sarà decisamente più indicato rispetto alla cucina di casa!).
Una volta ottenuto il consenso dalla persona intervistata, la registrazione del colloquio di lavoro potrebbe rivelarsi utile al fine di analizzare "a mente fredda" alcuni passaggi cruciali o aspetti della personalità del candidato, anche confrontandosi con colleghi e superiori.
Le "regole che connotano un colloquio "dal vivo" dovranno essere rispettate anche quando si utilizzi uno strumento, quale sia skype, che potrebbe apparire informale. Chi condurrà il colloquio dovrà utilizzare, quindi, toni professionali, tenendo sempre presente che si tratta di una vera e propria intervista in diretta durante la quale l´immagine dell´azienda dovrà essere presentata al meglio.
La preparazione del colloquio, per il selezionatore, consisterà anche nell´assicurarsi che la propria attrezzatura funzioni correttamente (segnale di rete, luminosità, ecc.). Sarà importante il dimostrarsi a proprio agio con il mezzo elettronico e il saper gestire prontamente eventuali inconvenienti tecnici.
Dal momento che il colloquio via skype può considerarsi una situazione "mista" con caratteristiche della conversazione telefonica unite ad aspetti di un incontro faccia a faccia, le componenti non verbali della comunicazione avranno un peso notevole.
Sul piano "comunicativo", sarà essenziale l´evitare uno degli errori più comuni: il fissare la propria immagine riflessa sul monitor! Al contrario, lo sguardo dovrebbe essere rivolto alla webcam, in modo naturale, con l´intento di guardare negli occhi il proprio interlocutore.
Ogni elemento che possa fornire indicazioni utili sul candidato dovrà essere preso in considerazione e valutato con cura, comprese alcune componenti, apparentemente marginali quali il nickname utilizzato (una sorta di biglietto da visita virtuale) e il contesto scelto per sostenere l´intervista (uno spazio neutro sarà decisamente più indicato rispetto alla cucina di casa!).
Una volta ottenuto il consenso dalla persona intervistata, la registrazione del colloquio di lavoro potrebbe rivelarsi utile al fine di analizzare "a mente fredda" alcuni passaggi cruciali o aspetti della personalità del candidato, anche confrontandosi con colleghi e superiori.
Non sento di avere "l´animo del venditore" eppure mi trovo a ricoprire tale ruolo per la mia azienda, anche con un discreto successo. Come migliorare ancora?
Qualunque sia il tipo di vendita che ci troviamo a dover affrontare andrà ricordato quanto la prima impressione influisca sulle decisioni del cliente. Dunque, anche il modo in cui ci presentiamo, il nostro aspetto fisico, l´avere o meno prestato attenzione ai dettagli (il proporre, incravattati, corsi di fitness) costituiranno per la controparte preziosi elementi di valutazione.
La nostra preparazione e il tempo che dedicheremo allo studio delle reali esigenze del cliente faranno, inoltre, la differenza: dovremo analizzare le informazioni nei suoi riguardi, lasciarlo esprimere il più possibile, evitando di incalzarlo durante il colloquio. I suoi bisogni dovranno trovare una soluzione adeguata e l´ideale sarà il proporgliela utilizzando stile, conoscenza tecnica ed empatia.
Il contatto fisico (se correttamente gestito) e, in generale, una buona comunicazione non verbale, aumenteranno le probabilità di chiusura di una vendita, in quanto in grado di agire positivamente sulla sfera personale ed emozionale del cliente.
Andrà, infine, considerato un ulteriore elemento di enorme rilevanza: una volta fissato un appuntamento con un cliente, con grande probabilità chi annoterà il nostro nome ci cercherà su Google, confronterà le nostre referenze su LinkedIn o cercherà immagini e filmati su Facebook e Youtube. Insomma, in qualità di venditore, sarà necessaria una presenza organizzata e mirata sui social media, in grado di valorizzare la nostra immagine e quella del prodotto/servizio che proponiamo.
La strategia del "non esserci", oggi, non può essere considerata una buona tecnica di vendita; al contrario, al fine di guadagnare la fiducia del cliente, dandogli la possibilità di interagire quotidianamente con noi, sarà importante il pubblicare online referenze positive da parte di clienti soddisfatti o predisporre brevi video che presentino le proprie attività, i valori in cui crediamo e le specializzazioni che abbiamo ottenuto.
Qualunque sia il tipo di vendita che ci troviamo a dover affrontare andrà ricordato quanto la prima impressione influisca sulle decisioni del cliente. Dunque, anche il modo in cui ci presentiamo, il nostro aspetto fisico, l´avere o meno prestato attenzione ai dettagli (il proporre, incravattati, corsi di fitness) costituiranno per la controparte preziosi elementi di valutazione.
La nostra preparazione e il tempo che dedicheremo allo studio delle reali esigenze del cliente faranno, inoltre, la differenza: dovremo analizzare le informazioni nei suoi riguardi, lasciarlo esprimere il più possibile, evitando di incalzarlo durante il colloquio. I suoi bisogni dovranno trovare una soluzione adeguata e l´ideale sarà il proporgliela utilizzando stile, conoscenza tecnica ed empatia.
Il contatto fisico (se correttamente gestito) e, in generale, una buona comunicazione non verbale, aumenteranno le probabilità di chiusura di una vendita, in quanto in grado di agire positivamente sulla sfera personale ed emozionale del cliente.
Andrà, infine, considerato un ulteriore elemento di enorme rilevanza: una volta fissato un appuntamento con un cliente, con grande probabilità chi annoterà il nostro nome ci cercherà su Google, confronterà le nostre referenze su LinkedIn o cercherà immagini e filmati su Facebook e Youtube. Insomma, in qualità di venditore, sarà necessaria una presenza organizzata e mirata sui social media, in grado di valorizzare la nostra immagine e quella del prodotto/servizio che proponiamo.
La strategia del "non esserci", oggi, non può essere considerata una buona tecnica di vendita; al contrario, al fine di guadagnare la fiducia del cliente, dandogli la possibilità di interagire quotidianamente con noi, sarà importante il pubblicare online referenze positive da parte di clienti soddisfatti o predisporre brevi video che presentino le proprie attività, i valori in cui crediamo e le specializzazioni che abbiamo ottenuto.
Troppi consigli su come scrivere il cv e ora leggendo il mio lo trovo piatto e scontato…Carlo, Pistoia.
Accade talvolta che, dovendo cercare di adeguarsi ad un linguaggio chiaro che risulti al contempo sintetico, un candidato opti, nel proprio curriculum, per formule espressive tutt´altro che originali, soprattutto al fine di descrivere le proprie competenze trasversali. E´ frequente il leggere di uno "spiccato orientamento ai risultati" oppure di una "forte attitudine al lavoro di gruppo". Sarebbe consigliabile, al contrario, l´evitare il più possibile frasi abusate e l´utilizzare espressioni che ci rappresentino concretamente, frutto di un bilancio di competenze propedeutico alla stesura del cv.
In ogni caso, si dovrà essere profondamente consapevoli di ciò che si esprima attraverso aggettivi o frasi descrittive della propria esperienza prediligendo possibilmente dati di tipo quantitativo e numerico. Ad esempio, anziché descriversi quale responsabile di una determinata funzione aziendale, risulterebbe più interessante per il selezionatore lo scoprire i risultati effettivamente raggiunti rivestendo tale ruolo (ad esempio: riduzione dei costi di produzione del 20% in quattro mesi).
La capacità di lavorare in gruppo verrà data quasi per scontato, ma non sarà mai banalizzato, invece, il possesso di doti relazionali grazie alle quali ci si possa adeguare a contesti professionali eterogenei con estrema facilità.
Se, dunque, si ritenga di possedere "ottime capacità comunicative" sarà fondamentale il motivare una simile (inflazionatissima) affermazione specificando in quali contesti siano maturate e apportando esempi concreti: adozione di particolari tecniche di vendita, miglioramento dei risultati di reparto grazie al coordinamento della propria squadra, realizzazione di originali documentazioni di settore.
Le responsabilità o le competenze legate alla mansione potranno, infatti, essere "vantate" anche da altri candidati per la stessa posizione, mentre i successi conseguiti caratterizzeranno in maniera unica l´esperienza del singolo.
Accade talvolta che, dovendo cercare di adeguarsi ad un linguaggio chiaro che risulti al contempo sintetico, un candidato opti, nel proprio curriculum, per formule espressive tutt´altro che originali, soprattutto al fine di descrivere le proprie competenze trasversali. E´ frequente il leggere di uno "spiccato orientamento ai risultati" oppure di una "forte attitudine al lavoro di gruppo". Sarebbe consigliabile, al contrario, l´evitare il più possibile frasi abusate e l´utilizzare espressioni che ci rappresentino concretamente, frutto di un bilancio di competenze propedeutico alla stesura del cv.
In ogni caso, si dovrà essere profondamente consapevoli di ciò che si esprima attraverso aggettivi o frasi descrittive della propria esperienza prediligendo possibilmente dati di tipo quantitativo e numerico. Ad esempio, anziché descriversi quale responsabile di una determinata funzione aziendale, risulterebbe più interessante per il selezionatore lo scoprire i risultati effettivamente raggiunti rivestendo tale ruolo (ad esempio: riduzione dei costi di produzione del 20% in quattro mesi).
La capacità di lavorare in gruppo verrà data quasi per scontato, ma non sarà mai banalizzato, invece, il possesso di doti relazionali grazie alle quali ci si possa adeguare a contesti professionali eterogenei con estrema facilità.
Se, dunque, si ritenga di possedere "ottime capacità comunicative" sarà fondamentale il motivare una simile (inflazionatissima) affermazione specificando in quali contesti siano maturate e apportando esempi concreti: adozione di particolari tecniche di vendita, miglioramento dei risultati di reparto grazie al coordinamento della propria squadra, realizzazione di originali documentazioni di settore.
Le responsabilità o le competenze legate alla mansione potranno, infatti, essere "vantate" anche da altri candidati per la stessa posizione, mentre i successi conseguiti caratterizzeranno in maniera unica l´esperienza del singolo.
Dal momento che le risorse umane sono indispensabili al fine di condurre un´organizzazione al successo, l´investimento sulle persone, sulle loro potenzialità, sul valore che esse attribuiscono al proprio operato risulterà fondamentale.
Gli studi hanno ampiamente dimostrato come la convinzione del "saper fare", percepita da un lavoratore, risulti il miglior "predittore" dell´effettiva performance e, in generale, dell´efficienza professionale.
Quando ci si riferisce all´autoefficacia si intende la convinzione di potere affrontare in modo positivo specifiche prove ed eventi, cimentandosi in compiti particolari e affrontandoli con successo. Tale "caratteristica" influenza fortemente il sistema di motivazioni della persona, il suo comportamento, le sensazioni che prova e le relazioni. Non si tratta, dunque, di una generica fiducia in se stessi e include anche l´orientamento positivo nei confronti di nuove sfide.
Non si nasce necessariamente dotati di autoefficacia e, quindi, essendo una capacità riferita al "fare" essa potrà essere sviluppata mediante un costante "allenamento".
Un leader che possa davvero definirsi tale dovrebbe essere in grado di promuovere le condizioni necessarie per valorizzare l´efficacia individuale, in particolare ponendo obiettivi progressivamente difficili, ma sempre stabiliti in base ad un criterio di realizzabilità e coerenza con il bagaglio di competenze dei propri collaboratori. In tal modo, anche l´efficacia collettiva, in particolare grazie ad esempi tangibili e vincenti, potrebbe essere promossa ed ottenuta.
Il senso di competenza e la visione positiva di se stessi hanno, inoltre, un "peso" fondamentale nella quotidiana gestione degli eventi stressanti, considerati tali nel momento in cui si percepisca di non possedere le risorse sufficienti per poterli affrontare. Sovente, la lucidità e un sufficiente distacco sul piano emotivo risultano elementi cruciali per il superamento della situazione stressante e una buona consapevolezza delle proprie competenze e potenzialità sarà in grado di facilitare tale processo.
Gli studi hanno ampiamente dimostrato come la convinzione del "saper fare", percepita da un lavoratore, risulti il miglior "predittore" dell´effettiva performance e, in generale, dell´efficienza professionale.
Quando ci si riferisce all´autoefficacia si intende la convinzione di potere affrontare in modo positivo specifiche prove ed eventi, cimentandosi in compiti particolari e affrontandoli con successo. Tale "caratteristica" influenza fortemente il sistema di motivazioni della persona, il suo comportamento, le sensazioni che prova e le relazioni. Non si tratta, dunque, di una generica fiducia in se stessi e include anche l´orientamento positivo nei confronti di nuove sfide.
Non si nasce necessariamente dotati di autoefficacia e, quindi, essendo una capacità riferita al "fare" essa potrà essere sviluppata mediante un costante "allenamento".
Un leader che possa davvero definirsi tale dovrebbe essere in grado di promuovere le condizioni necessarie per valorizzare l´efficacia individuale, in particolare ponendo obiettivi progressivamente difficili, ma sempre stabiliti in base ad un criterio di realizzabilità e coerenza con il bagaglio di competenze dei propri collaboratori. In tal modo, anche l´efficacia collettiva, in particolare grazie ad esempi tangibili e vincenti, potrebbe essere promossa ed ottenuta.
Il senso di competenza e la visione positiva di se stessi hanno, inoltre, un "peso" fondamentale nella quotidiana gestione degli eventi stressanti, considerati tali nel momento in cui si percepisca di non possedere le risorse sufficienti per poterli affrontare. Sovente, la lucidità e un sufficiente distacco sul piano emotivo risultano elementi cruciali per il superamento della situazione stressante e una buona consapevolezza delle proprie competenze e potenzialità sarà in grado di facilitare tale processo.
Gestisco un Bed & Breakfast e vorrei comprendere meglio cosa si intenda per Web Marketing Turistico e come sfruttarne le potenzialità.
Si tratta di un settore altamente competitivo finalizzato all´incremento del numero di ospiti all´interno della propria struttura ricettiva, sia essa un B&B, un agriturismo, un hotel, ecc.
Al fine di sfruttare con successo le tecniche a disposizione sarà, innanzitutto, necessario il comprendere le complicate dinamiche connesse alla comunicazione su internet.
Il primo fondamentale passo da compiere consisterà nell´incrementare la "capacità di farsi trovare" da nuovi potenziali visitatori (ad esempio: il posizionamento sui motori di ricerca e la gestione di campagne pubblicitarie mediante e mail). La "presenza" nel web comprenderà anche tutti gli aspetti legati all´ottimizzazione del proprio sito per i dispositivi mobili e/o la presenza di un blog all´interno del portale. A ciò seguirà il secondo indispensabile step: ovvero l´aumento del grado di fidelizzazione dei propri clienti, mediante strategie di customer satisfaction che dovranno essere applicate durante l´intera durata del soggiorno e, per finire, una gestione oculata della propria "reputazione online". A tale riguardo, le recensioni positive che le persone scriveranno servendosi di social network specifici (ad esempio TripAdvisor) rappresenteranno uno dei migliori canali per presentarsi al mercato e per rendere la propria struttura appetibile e competitiva dal momento che saranno i visitatori stessi a condividere le esperienze vissute e i comfort sperimentati.
E´ consigliabile l´affidarsi, almeno in una fase iniziale, a consulenti specializzati in grado di mettere a disposizione la propria professionalità e di garantire in breve tempo risultati concreti.
Sarà importante una visione preventiva dei lavori eseguiti dal potenziale fornitore per altri albergatori, in modo da comprendere il tipo di servizio offerto sui piani della "facilità di utilizzo" e del design, nonché rispetto alla visibilità di tali siti sui motori di ricerca.
Si tratta di un settore altamente competitivo finalizzato all´incremento del numero di ospiti all´interno della propria struttura ricettiva, sia essa un B&B, un agriturismo, un hotel, ecc.
Al fine di sfruttare con successo le tecniche a disposizione sarà, innanzitutto, necessario il comprendere le complicate dinamiche connesse alla comunicazione su internet.
Il primo fondamentale passo da compiere consisterà nell´incrementare la "capacità di farsi trovare" da nuovi potenziali visitatori (ad esempio: il posizionamento sui motori di ricerca e la gestione di campagne pubblicitarie mediante e mail). La "presenza" nel web comprenderà anche tutti gli aspetti legati all´ottimizzazione del proprio sito per i dispositivi mobili e/o la presenza di un blog all´interno del portale. A ciò seguirà il secondo indispensabile step: ovvero l´aumento del grado di fidelizzazione dei propri clienti, mediante strategie di customer satisfaction che dovranno essere applicate durante l´intera durata del soggiorno e, per finire, una gestione oculata della propria "reputazione online". A tale riguardo, le recensioni positive che le persone scriveranno servendosi di social network specifici (ad esempio TripAdvisor) rappresenteranno uno dei migliori canali per presentarsi al mercato e per rendere la propria struttura appetibile e competitiva dal momento che saranno i visitatori stessi a condividere le esperienze vissute e i comfort sperimentati.
E´ consigliabile l´affidarsi, almeno in una fase iniziale, a consulenti specializzati in grado di mettere a disposizione la propria professionalità e di garantire in breve tempo risultati concreti.
Sarà importante una visione preventiva dei lavori eseguiti dal potenziale fornitore per altri albergatori, in modo da comprendere il tipo di servizio offerto sui piani della "facilità di utilizzo" e del design, nonché rispetto alla visibilità di tali siti sui motori di ricerca.
Come sfruttare LinkedIn per cercare lavoro?
LinkedIn è indubbiamente, per l´Italia, il social network maggiormente indicato per tutti coloro che siano intenzionati a cambiare lavoro, a proporre il proprio bagaglio professionale al mercato o a cercare la prima occupazione. Partendo dalle persone che si conoscono nella vita di tutti i giorni, infatti, mediante un simile strumento, si avrà la possibilità di mettersi in contatto con professionisti provenienti da ogni parte del mondo.
Si tratta di un´opportunità che andrà sfruttata al meglio comprendendone a fondo le potenzialità in termini di auto promozione e ricerca di un posto adeguato alle proprie esperienze e competenze.
Un profilo completo e studiato nei dettagli costituirà il primo passo per "connettersi" in maniera efficace. L´ideale sarebbe riempire tutte le sezioni proposte, dedicando particolare cura al sommario iniziale e specificando se si stia cercando lavoro e il settore di interesse. Dal momento che il sommario è la scheda pubblica che compare appena si acceda al profilo di una persona sarà su di esso che si concentrerà l´attenzione di eventuali reclutatori.
Il caricare una propria foto sarà un altro elemento importante ai fini della propria presentazione, cercando di scegliere uno scatto che ci rappresenti quale professionista, adeguata al contesto a cui aspiriamo.
Esiste su LinkedIn una pagina dedicata alle offerte di lavoro che conta la presenza delle principali aziende. Tramite la ricerca avanzata si potrà essere più o meno generici nei criteri di ricerca e si potranno sfruttare anche le proposte professionali suggerite in base al proprio profilo e alla propria rete di connessioni. Ciascuna ricerca potrà essere salvata così da poterla ripetere all´occorrenza.
Infine, in base al proprio specifico percorso di carriera, sarà opportuno il partecipare a gruppi di discussione relativi a interessi e progetti comuni in modo da ricevere un costante aggiornamento su possibili opportunità lavorative o informazioni inerenti contatti preziosi.
LinkedIn è indubbiamente, per l´Italia, il social network maggiormente indicato per tutti coloro che siano intenzionati a cambiare lavoro, a proporre il proprio bagaglio professionale al mercato o a cercare la prima occupazione. Partendo dalle persone che si conoscono nella vita di tutti i giorni, infatti, mediante un simile strumento, si avrà la possibilità di mettersi in contatto con professionisti provenienti da ogni parte del mondo.
Si tratta di un´opportunità che andrà sfruttata al meglio comprendendone a fondo le potenzialità in termini di auto promozione e ricerca di un posto adeguato alle proprie esperienze e competenze.
Un profilo completo e studiato nei dettagli costituirà il primo passo per "connettersi" in maniera efficace. L´ideale sarebbe riempire tutte le sezioni proposte, dedicando particolare cura al sommario iniziale e specificando se si stia cercando lavoro e il settore di interesse. Dal momento che il sommario è la scheda pubblica che compare appena si acceda al profilo di una persona sarà su di esso che si concentrerà l´attenzione di eventuali reclutatori.
Il caricare una propria foto sarà un altro elemento importante ai fini della propria presentazione, cercando di scegliere uno scatto che ci rappresenti quale professionista, adeguata al contesto a cui aspiriamo.
Esiste su LinkedIn una pagina dedicata alle offerte di lavoro che conta la presenza delle principali aziende. Tramite la ricerca avanzata si potrà essere più o meno generici nei criteri di ricerca e si potranno sfruttare anche le proposte professionali suggerite in base al proprio profilo e alla propria rete di connessioni. Ciascuna ricerca potrà essere salvata così da poterla ripetere all´occorrenza.
Infine, in base al proprio specifico percorso di carriera, sarà opportuno il partecipare a gruppi di discussione relativi a interessi e progetti comuni in modo da ricevere un costante aggiornamento su possibili opportunità lavorative o informazioni inerenti contatti preziosi.
Sono molteplici le strategie che possono essere impiegate al fine di "dare un ordine" alle cose da fare: in parte dipenderanno dallo stile della persona che le metterà in atto, in parte saranno condizionate dal contesto e dal compito.
Ad esempio, in alcune circostanze, sarà il livello di urgenza a dettare le regole del gioco, soprattutto se le persone che si troveranno a risolvere situazioni in sospeso saranno soggetti tipicamente poco abili nel pianificare le attività lavorative o nel prevedere imprevisti.
Per i professionisti l´azione in "emergenza" dovrebbe essere evitata, in quanto la mancanza di organizzazione e la carenza di tempi e mezzi per gestire gli eventi non sempre sfociano in un risultato positivo. Vi sono, tuttavia, persone per le quali una situazione adrenalinica potrà addirittura rappresentare una "spinta ad agire", appagando il bisogno di sentirsi costantemente impegnati e indispensabili.
Una metodologia più razionale nell´affrontare le questioni da risolvere consisterà nel porle in successione in base alle risorse disponibili, dando priorità a ciò per cui esistono basi certe e garantite, in modo da agire "in sicurezza", abbassando il livello di rischio o la necessità di reperire mezzi in corso d´opera.
Per alcuni sarà stimolante il porre in essere le azioni da compiere in funzione del loro grado di difficoltà e della propria capacità di affrontarle.
Certi soggetti preferiscono cominciare da ciò che ritengono più difficile, in quanto incapaci di reggere l´ansia generata da un compito gravoso o perché amano la sfida in tutti i suoi aspetti. Una simile propensione dovrà, per condurre al successo, essere collegata agli obiettivi comuni e alle esigenze del gruppo e non basata esclusivamente sulle ambizioni della personalità sfidante.
Infine, si potranno "ordinare" le cose da fare in base al loro grado di piacevolezza, tenendo conto del fatto che il gratificarsi in anticipo, se saldamente connesso all´obiettivo finale, può talvolta generare effetti benefici per sè e per i propri collaboratori: semplicemente potrà essere un comportamento che aiuta a tollerare meglio le "sgradevolezze" che verranno!
Ad esempio, in alcune circostanze, sarà il livello di urgenza a dettare le regole del gioco, soprattutto se le persone che si troveranno a risolvere situazioni in sospeso saranno soggetti tipicamente poco abili nel pianificare le attività lavorative o nel prevedere imprevisti.
Per i professionisti l´azione in "emergenza" dovrebbe essere evitata, in quanto la mancanza di organizzazione e la carenza di tempi e mezzi per gestire gli eventi non sempre sfociano in un risultato positivo. Vi sono, tuttavia, persone per le quali una situazione adrenalinica potrà addirittura rappresentare una "spinta ad agire", appagando il bisogno di sentirsi costantemente impegnati e indispensabili.
Una metodologia più razionale nell´affrontare le questioni da risolvere consisterà nel porle in successione in base alle risorse disponibili, dando priorità a ciò per cui esistono basi certe e garantite, in modo da agire "in sicurezza", abbassando il livello di rischio o la necessità di reperire mezzi in corso d´opera.
Per alcuni sarà stimolante il porre in essere le azioni da compiere in funzione del loro grado di difficoltà e della propria capacità di affrontarle.
Certi soggetti preferiscono cominciare da ciò che ritengono più difficile, in quanto incapaci di reggere l´ansia generata da un compito gravoso o perché amano la sfida in tutti i suoi aspetti. Una simile propensione dovrà, per condurre al successo, essere collegata agli obiettivi comuni e alle esigenze del gruppo e non basata esclusivamente sulle ambizioni della personalità sfidante.
Infine, si potranno "ordinare" le cose da fare in base al loro grado di piacevolezza, tenendo conto del fatto che il gratificarsi in anticipo, se saldamente connesso all´obiettivo finale, può talvolta generare effetti benefici per sè e per i propri collaboratori: semplicemente potrà essere un comportamento che aiuta a tollerare meglio le "sgradevolezze" che verranno!
Come analizzare adeguatamente i propri pregi e difetti per prepararsi alla tipica domanda del colloquio di lavoro?
Esistono tre differenti angoli di osservazione dai quali può essere considerato il nostro "posizionamento" quando siamo impegnati in un´attività di selfmarketing.
Il posizionamento soggettivo è costituito dal modo in cui vediamo noi stessi ed è legato alla nostra autostima. Rispondendo a domande che riguardino i nostri punti di forza, l´adeguatezza rispetto al ruolo professionale per cui ci proponiamo, i pregi e i difetti che ci caratterizzino, la consapevolezza delle competenze che possediamo, esso si delinea più o meno chiaramente ed è proprio durante un tale "lavoro" di autoanalisi che potranno emergere alcune credenze depotenzianti o ostacoli psicologici che non consentano alle nostre ambizioni di emergere e di concretizzarsi.
Il posizionamento desiderato riguarda, invece, il modo in cui vorremmo essere visti dagli altri e, dunque, l´obiettivo di immagine al quale miriamo in termini di reputazione personale e la dignità del ruolo ricoperto.
ll posizionamento di relazione, infine, ci fornisce una misurazione di come le persone intorno a noi ci percepiscano ed è rappresentato dai riscontri forniti dai nostri principali "interlocutori" (persone che contano nella nostra vita o persone coinvolte negli obiettivi da raggiungere). A loro andranno posti i medesimi quesiti che abbiamo inizialmente rivolto a noi stessi relativi, cioè, alle competenze da migliorare, alle caratteristiche meno gradevoli della nostra personalità, alle qualità che ci rendano adeguati ad un ruolo specifico. Quest´ultima fase di analisi potrà sia sorprenderci positivamente per la scoperta di doti che non pensavamo di manifestare, sia deluderci, a causa dell´emergere di attributi che avremmo preferito non venissero colti o che non ritenevamo di possedere.
Le tre forme di posizionamento sono strumentali l´una all´altra e indispensabili quali basi di partenza per il rafforzamento dei propri pregi e l´individuazione chiara dei punti di forza da sottolineare nel colloquio.
Esistono tre differenti angoli di osservazione dai quali può essere considerato il nostro "posizionamento" quando siamo impegnati in un´attività di selfmarketing.
Il posizionamento soggettivo è costituito dal modo in cui vediamo noi stessi ed è legato alla nostra autostima. Rispondendo a domande che riguardino i nostri punti di forza, l´adeguatezza rispetto al ruolo professionale per cui ci proponiamo, i pregi e i difetti che ci caratterizzino, la consapevolezza delle competenze che possediamo, esso si delinea più o meno chiaramente ed è proprio durante un tale "lavoro" di autoanalisi che potranno emergere alcune credenze depotenzianti o ostacoli psicologici che non consentano alle nostre ambizioni di emergere e di concretizzarsi.
Il posizionamento desiderato riguarda, invece, il modo in cui vorremmo essere visti dagli altri e, dunque, l´obiettivo di immagine al quale miriamo in termini di reputazione personale e la dignità del ruolo ricoperto.
ll posizionamento di relazione, infine, ci fornisce una misurazione di come le persone intorno a noi ci percepiscano ed è rappresentato dai riscontri forniti dai nostri principali "interlocutori" (persone che contano nella nostra vita o persone coinvolte negli obiettivi da raggiungere). A loro andranno posti i medesimi quesiti che abbiamo inizialmente rivolto a noi stessi relativi, cioè, alle competenze da migliorare, alle caratteristiche meno gradevoli della nostra personalità, alle qualità che ci rendano adeguati ad un ruolo specifico. Quest´ultima fase di analisi potrà sia sorprenderci positivamente per la scoperta di doti che non pensavamo di manifestare, sia deluderci, a causa dell´emergere di attributi che avremmo preferito non venissero colti o che non ritenevamo di possedere.
Le tre forme di posizionamento sono strumentali l´una all´altra e indispensabili quali basi di partenza per il rafforzamento dei propri pregi e l´individuazione chiara dei punti di forza da sottolineare nel colloquio.
Non mi sento ben preparato a gestire gli interventi di alcuni ospiti che dovranno partecipare ad una conferenza da me organizzata. Che fare?
Una buona comunicazione si otterrà, innanzitutto, nel momento in cui tutti potranno esprimere le proprie convinzioni inerenti il tema trattato. Sovente, la modalità di lavoro prescelta al fine di garantire un simile risultato è il cosiddetto "giro di tavolo". Tramite tale espediente tutti prenderanno parola, compresi coloro che non lo farebbero in quanto meno sicuri di sé o timorosi di una critica.
Il giro tavolo assicurerà la consapevolezza, da parte del primo ospite, del fatto che molte altre persone dovranno intervenire dopo di lui e, dunque, un´autoregolazione della durata del proprio intervento. Allo stesso modo, consentirà di scongiurare le interruzioni di chi abbia il timore di non ottenere il tempo di manifestare le proprie idee nell´ambito del confronto.
Anche coloro che non avranno giudizi precisi in merito alla questione trattata potranno esplicitamente dichiararlo, evitando di sentirsi tacciati di scarsa disponibilità nel contribuire al lavoro comune, da parte degli altri partecipanti.
L´ordine degli interventi potrà essere stabilito in base ad un criterio concordato con gli ospiti e relazionato, ad esempio, alla differenza di esperienza o di competenze tra di loro.
Tuttavia, si potrebbe procedere semplicemente seguendo il senso orario/antiorario delle posizioni occupate dai partecipanti intorno al tavolo (ciò, in genere, contribuirà ad evitare i silenzi o le sovrapposizioni nella fase di partenza). Un "metodo" meno utilizzato sarà quello dell´autocandidatura: tale situazione porterà le persone maggiormente coinvolte a intervenire per prime.
Non esiste un criterio più valido degli altri in assoluto e la regola fondamentale resterà quella del saper coinvolgere tutti.
Un successivo imprescindibile passo consisterà nel riuscire a tracciare "un filo conduttore" tra tutte le convinzioni espresse, compiendo una sintesi che consenta al gruppo di trovare una posizione comune nella quale tutti si riconoscano, in grado di garantire una prosecuzione efficace del lavoro iniziale.
Una buona comunicazione si otterrà, innanzitutto, nel momento in cui tutti potranno esprimere le proprie convinzioni inerenti il tema trattato. Sovente, la modalità di lavoro prescelta al fine di garantire un simile risultato è il cosiddetto "giro di tavolo". Tramite tale espediente tutti prenderanno parola, compresi coloro che non lo farebbero in quanto meno sicuri di sé o timorosi di una critica.
Il giro tavolo assicurerà la consapevolezza, da parte del primo ospite, del fatto che molte altre persone dovranno intervenire dopo di lui e, dunque, un´autoregolazione della durata del proprio intervento. Allo stesso modo, consentirà di scongiurare le interruzioni di chi abbia il timore di non ottenere il tempo di manifestare le proprie idee nell´ambito del confronto.
Anche coloro che non avranno giudizi precisi in merito alla questione trattata potranno esplicitamente dichiararlo, evitando di sentirsi tacciati di scarsa disponibilità nel contribuire al lavoro comune, da parte degli altri partecipanti.
L´ordine degli interventi potrà essere stabilito in base ad un criterio concordato con gli ospiti e relazionato, ad esempio, alla differenza di esperienza o di competenze tra di loro.
Tuttavia, si potrebbe procedere semplicemente seguendo il senso orario/antiorario delle posizioni occupate dai partecipanti intorno al tavolo (ciò, in genere, contribuirà ad evitare i silenzi o le sovrapposizioni nella fase di partenza). Un "metodo" meno utilizzato sarà quello dell´autocandidatura: tale situazione porterà le persone maggiormente coinvolte a intervenire per prime.
Non esiste un criterio più valido degli altri in assoluto e la regola fondamentale resterà quella del saper coinvolgere tutti.
Un successivo imprescindibile passo consisterà nel riuscire a tracciare "un filo conduttore" tra tutte le convinzioni espresse, compiendo una sintesi che consenta al gruppo di trovare una posizione comune nella quale tutti si riconoscano, in grado di garantire una prosecuzione efficace del lavoro iniziale.
La scelta tra due proposte di lavoro dovrà essere pesata soprattutto in funzione delle priorità individuali cercando di valutare i pro e i contro delle alternative. Una regola generale non esiste, ma ciò che andrebbe evitato è il farsi affascinare da una proposta unicamente sul piano del " coinvolgimento emotivo" o, all´opposto, della retribuzione allettante, trascurando altri elementi altrettanto validi.
Se ne avremo la possibilità, l´ideale sarebbe il prendersi un po’ di tempo per decidere, dichiarando eventualmente il fatto che si sia ricevuta un´altra offerta.
Un fattore imprescindibile è rappresentato dalla stabilità delle organizzazioni dalle quali si riceva l´offerta, ovvero dal potenziale delle aziende, anche in una prospettiva futura. Qualora si aspiri ad una crescita professionale sarà fondamentale l´accertarsi di una tale garanzia. A tal proposito, uno strumento di semplice consultazione, quale LinkedIn, potrà rivelarsi molto utile.
Un metodo efficace ai fini della scelta consisterà nel munirsi di carta e penna e nello stilare un elenco basato sui "lati positivi e negativi" di ciascuna proposta, comprensivo di quanti più dettagli possibile.
Dovranno essere passati al vaglio, ad esempio, gli incentivi economici, ma anche elementi quali la flessibilità degli orari, la possibilità di conciliare la propria occupazione con gli impegni familiari, la vicinanza da casa e il tipo di contesto professionale nel quale ci si riconosca maggiormente (formale, informale, più o meno strutturato).
Infine, andranno "pesati" i fattori più importanti: quelli riguardanti la soddisfazione personale e la coerenza del lavoro con le cose che si ami fare davvero e quelli inerenti la condizione di vita in cui si trovi al momento della scelta. Rispetto a quest´ultimo punto, infatti, andrà valutato il proprio desiderio di una professione che ci consenta di sfidare noi stessi e che rappresenti uno stimolo alla crescita o, al contrario, di un lavoro che comporti una responsabilità limitata e che ci preservi il più possibile dallo stress.
Se ne avremo la possibilità, l´ideale sarebbe il prendersi un po’ di tempo per decidere, dichiarando eventualmente il fatto che si sia ricevuta un´altra offerta.
Un fattore imprescindibile è rappresentato dalla stabilità delle organizzazioni dalle quali si riceva l´offerta, ovvero dal potenziale delle aziende, anche in una prospettiva futura. Qualora si aspiri ad una crescita professionale sarà fondamentale l´accertarsi di una tale garanzia. A tal proposito, uno strumento di semplice consultazione, quale LinkedIn, potrà rivelarsi molto utile.
Un metodo efficace ai fini della scelta consisterà nel munirsi di carta e penna e nello stilare un elenco basato sui "lati positivi e negativi" di ciascuna proposta, comprensivo di quanti più dettagli possibile.
Dovranno essere passati al vaglio, ad esempio, gli incentivi economici, ma anche elementi quali la flessibilità degli orari, la possibilità di conciliare la propria occupazione con gli impegni familiari, la vicinanza da casa e il tipo di contesto professionale nel quale ci si riconosca maggiormente (formale, informale, più o meno strutturato).
Infine, andranno "pesati" i fattori più importanti: quelli riguardanti la soddisfazione personale e la coerenza del lavoro con le cose che si ami fare davvero e quelli inerenti la condizione di vita in cui si trovi al momento della scelta. Rispetto a quest´ultimo punto, infatti, andrà valutato il proprio desiderio di una professione che ci consenta di sfidare noi stessi e che rappresenti uno stimolo alla crescita o, al contrario, di un lavoro che comporti una responsabilità limitata e che ci preservi il più possibile dallo stress.
Quando si creano criticità in ufficio e soprattutto scontri con i colleghi entro in uno stato di agitazione che mi impedisce di reagire positivamente. Che fare?
La presa di coscienza del fatto che il proprio disagio nasconda un problema, innanzitutto, rappresenta il primo essenziale passo per poterlo affrontare e risolvere. E’ frequente che in azienda si presentino difficoltà non unicamente connesse alla specifica attività lavorativa, ma anche legate ad un clima emotivo tutt’altro che gradevole e/o a divergenze con i colleghi. In generale, il rispetto delle idee e degli spazi altrui, in particolare quando si lavori in team, costituirà la regola imprescindibile al fine di migliorare comunicazione e produttività.
Tuttavia, l’essere in grado di reagire a situazioni di conflitto o di emergenza e soprattutto di mettere in atto un comportamento finalizzato al riportare a livelli “normali” l’attività lavorativa sarà altrettanto fondamentale per preservare il proprio benessere e la propria motivazione, evitando così che i disagi divengano cronici.
La strategia migliore consisterà nell’analizzare accuratamente il problema cercando le possibili soluzioni nell’intento di minimizzare i rischi e le conseguenze dannose.
Non a caso, la capacità di problem solving è una delle doti maggiormente richieste ai manager e, sempre più frequentemente, viene valutata anche nell’ambito dei colloqui di lavoro, mediante test e prove di gruppo.
Tale competenza si concretizza nell’abilità di un individuo nell’avviare un processo di risoluzione di un problema mediante una sequenza di fasi.
In primo luogo, sarà importante il definire mentalmente con esattezza la situazione che si stia vivendo, in pratica “dando un nome” al problema.
A questo punto sarà utile il suddividere la situazione problematica in sotto-problemi di minor entità la cui soluzione risulti più semplice e immediata.
Solamente così sarà possibile stabilire e valutare possibili soluzioni, verificandone sempre la fattibilità.
La certezza della validità di una soluzione, infine, dovrà fungere da “motore” dell’azione, spronandoci a proseguire senza riserve nella direzione scelta.
La presa di coscienza del fatto che il proprio disagio nasconda un problema, innanzitutto, rappresenta il primo essenziale passo per poterlo affrontare e risolvere. E’ frequente che in azienda si presentino difficoltà non unicamente connesse alla specifica attività lavorativa, ma anche legate ad un clima emotivo tutt’altro che gradevole e/o a divergenze con i colleghi. In generale, il rispetto delle idee e degli spazi altrui, in particolare quando si lavori in team, costituirà la regola imprescindibile al fine di migliorare comunicazione e produttività.
Tuttavia, l’essere in grado di reagire a situazioni di conflitto o di emergenza e soprattutto di mettere in atto un comportamento finalizzato al riportare a livelli “normali” l’attività lavorativa sarà altrettanto fondamentale per preservare il proprio benessere e la propria motivazione, evitando così che i disagi divengano cronici.
La strategia migliore consisterà nell’analizzare accuratamente il problema cercando le possibili soluzioni nell’intento di minimizzare i rischi e le conseguenze dannose.
Non a caso, la capacità di problem solving è una delle doti maggiormente richieste ai manager e, sempre più frequentemente, viene valutata anche nell’ambito dei colloqui di lavoro, mediante test e prove di gruppo.
Tale competenza si concretizza nell’abilità di un individuo nell’avviare un processo di risoluzione di un problema mediante una sequenza di fasi.
In primo luogo, sarà importante il definire mentalmente con esattezza la situazione che si stia vivendo, in pratica “dando un nome” al problema.
A questo punto sarà utile il suddividere la situazione problematica in sotto-problemi di minor entità la cui soluzione risulti più semplice e immediata.
Solamente così sarà possibile stabilire e valutare possibili soluzioni, verificandone sempre la fattibilità.
La certezza della validità di una soluzione, infine, dovrà fungere da “motore” dell’azione, spronandoci a proseguire senza riserve nella direzione scelta.
Le richieste di figure professionali provenienti dal mondo dello sport sono numerose: tale settore, infatti, necessita più che mai di giovani talenti che sappiano coniugare una forte passione con un’abilità professionale spiccata.
L’offerta, in materia sportiva, è vasta e articolata e, dunque, le grandi aziende, dovranno sempre più valorizzarla.
Di conseguenza, oltre ad atleti e preparatori tecnici, lo sport necessiterà di abilissimi comunicatori, i quali, grazie alle loro competenze di marketing, siano in grado di conferire un’identità forte e di veicolare specifici interessi nei confronti di una pratica particolare o di un marchio.
Il mondo sportivo si presenta oggi più che mai, attento alla salute e al benessere: la specializzazione in medicina sportiva, quindi, rappresenta un traguardo significativo per molti giovani, in un paese particolarmente attento all’applicazione di normative inerenti le visite medico – sportive e l’idoneità all’attività agonistica e non.
Il medico sportivo è un professionista che, oltre ad occuparsi del benessere generale degli atleti, dovrà verificare accuratamente che le loro attitudini fisiche risultino congruenti con le abilità richieste da una specifica disciplina sportiva, collaborando spesso con altre figure essenziali quali il fisioterapista, l’allenatore, lo psicologo.
Un’altra figura professionale essenziale è quella del responsabile degli impianti sportivi. Palestre, piscine, centri fitness, infatti, andranno gestiti in base a regole manageriali in termini di marketing, promozione e fidelizzazione degli utenti.
In particolare, il manager di una società sportiva dovrà essere in grado di occuparsi strategicamente dell’organizzazione complessiva, tenendo conto di aspetti che toccano l’ambito giuridico, amministrativo e commerciale.
L’organizzatore di eventi, invece, sarà la figura deputata, nello specifico, alla pianificazione d i una manifestazione sportiva, in tutte le sue sfacettature: evento principale e elementi di intrattenimento, promozione e gestione delle pubbliche relazioni.
L’offerta, in materia sportiva, è vasta e articolata e, dunque, le grandi aziende, dovranno sempre più valorizzarla.
Di conseguenza, oltre ad atleti e preparatori tecnici, lo sport necessiterà di abilissimi comunicatori, i quali, grazie alle loro competenze di marketing, siano in grado di conferire un’identità forte e di veicolare specifici interessi nei confronti di una pratica particolare o di un marchio.
Il mondo sportivo si presenta oggi più che mai, attento alla salute e al benessere: la specializzazione in medicina sportiva, quindi, rappresenta un traguardo significativo per molti giovani, in un paese particolarmente attento all’applicazione di normative inerenti le visite medico – sportive e l’idoneità all’attività agonistica e non.
Il medico sportivo è un professionista che, oltre ad occuparsi del benessere generale degli atleti, dovrà verificare accuratamente che le loro attitudini fisiche risultino congruenti con le abilità richieste da una specifica disciplina sportiva, collaborando spesso con altre figure essenziali quali il fisioterapista, l’allenatore, lo psicologo.
Un’altra figura professionale essenziale è quella del responsabile degli impianti sportivi. Palestre, piscine, centri fitness, infatti, andranno gestiti in base a regole manageriali in termini di marketing, promozione e fidelizzazione degli utenti.
In particolare, il manager di una società sportiva dovrà essere in grado di occuparsi strategicamente dell’organizzazione complessiva, tenendo conto di aspetti che toccano l’ambito giuridico, amministrativo e commerciale.
L’organizzatore di eventi, invece, sarà la figura deputata, nello specifico, alla pianificazione d i una manifestazione sportiva, in tutte le sue sfacettature: evento principale e elementi di intrattenimento, promozione e gestione delle pubbliche relazioni.
L´agenda
è qualcosa di molto differente rispetto ad una matita e a un foglio
di carta, in quanto può rappresentare la "concretizzazione"
del pensiero e delle "categorie" organizzative del
proprietario.
Per
chiunque ricopra un incarico manageriale (e non solo) il predisporre
in anticipo le attività da svolgere o la loro pianificazione nel
tempo risulterà quasi sempre indispensabile.
Una
regola che, se applicata, garantisce un´efficace "amministrazione"
della propria agenda è la seguente: non gestirla per vuoti. Il
fatto di accorgersi che l´indomani ci sia una pagina bianca e di
lasciare all´altro la libertà assoluta di riempirla (…possiamo
vederci quando vuoi) potrebbe rivelarsi controproducente.
Le
giornate nelle quali non siano stati programmate specifiche
occupazioni, infatti, potrebbero essere proprio quelle nelle quali ci
si dedichi con maggiore serenità a progetti di più ampio respiro o
a riflessioni inerenti le evoluzioni future della propria attività.
Non
andrebbero preventivati impegni lavorativi per un tempo superiore
alle otto ore giornaliere e, quando possibile, andrebbe lasciata una
pausa tra un appuntamento e l´altro, utile sia per restituire
concentrazione ed entusiasmo, sia per compensare eventuali ritardi
nelle attività precedenti.
La
durata e la scadenza di ciascuna attività dovrebbe, inoltre, essere
stabilita con la maggiore esattezza possibile al fine di preordinare
con cura le proprie giornate, settimane e stagioni lavorative.
Una
sezione della propria agenda potrebbe essere dedicata esclusivamente
alle idee: il fatto di scriverle consentirà di non "sciuparle"
e di non dimenticarle e ci darà la possibilità di metterle in atto
al momento e nel contesto opportuni.
Un´ottima
abitudine sarà quella del consultare ogni mattina l´agenda, in modo
da individuare con facilità gli spazi e i tempi più idonei per le
singole attività programmate.
A
fine giornata, poi, una riflessione su quanto si sia riusciti a
rispettare gli impegni presi ci aiuterà a gestire ancor meglio il
nostro domani lavorativo, apportando eventuali aggiustamenti quando
lo scadenziario si riveli troppo rigido.
Sono
il responsabile del personale di una piccola impresa: come stabilire
obiettivi di rendimento efficaci? Luca, Roma.
Il
determinare una serie di aspettative di rendimento chiare e
raggiungibili consente a un gruppo di lavoro di comprendere su cosa i
propri responsabili facciano affidamento e quali debbano essere i
risultati finali.
Alcune
aziende utilizzano procedure e format molto dettagliati per indicare
gli obiettivi di rendimento, mentre altre si basano prevalentemente
sul confronto verbale con le persone e sulle relazioni di valutazione
dei collaboratori.
In
ogni caso, sarà utile l´immaginare con chiarezza quale debba essere
il risultato finale e in quale contesto specifico una determinata
abilità/performance che si desideri raggiungere, dovrà essere
applicata/sfruttata, confrontarsi anche con esempi pratici.
Sarà
importante, inoltre, il trasmettere gli esatti criteri di valutazione
utilizzati: il compito del responsabile consisterà, dunque, nel
determinare in che modo le persone possano rendersi conto di aver
raggiunto un particolare traguardo.
Gli
obiettivi scelti dovranno poter essere quantificati e ci si dovrà
assicurare che i risultati previsti siano realmente raggiungibili. Le
persone, infatti, dovranno essere motivate a crescere e ad affermarsi
e, laddove le richieste non risultino realistiche e realizzabili,
l´effetto ottenuto sarà l´opposto. Gli obiettivi, di conseguenza,
dovranno essere sempre commisurati alle capacità e alle risorse
disponibili in un dato momento, tenendo conto dei supporti tecnici e
"umani" che il singolo potrà ricevere.
Gli
obiettivi di rendimento stabiliti per i collaboratori dovranno, poi,
essere sempre in linea con quelli più generali dell´azienda in modo
che acquistino una rilevanza speciale e siano motivanti.
Ogni
obiettivo, infine, dovrà avere giorni di inizio e fine: il tempo
aumenterà il livello di investimento e l´impegno per ottenere
risultati positivi.
A breve dovrò gestire una videoconferenza. Quali sono i segreti per realizzarla senza intoppi?
La tecnologia legata ad una videoconferenza è semplice, economica (in termini di tempo e denaro) ed efficace, ma un meeting online dovrà essere "preparato" con cura ed attenzione, per potersi svolgere senza ostacoli ed imbarazzo.
Innanzitutto sarà importante il comunicare ai partecipanti con un adeguato anticipo, via e mail o tramite messaggio telefonico, l´invito al proprio meeting, trasmettendo le istruzioni di accesso (link, username e password, data, ora e altri eventuali riferimenti specifici).
E´ consigliabile coinvolgere almeno un´altra persona (amico o collega) per una verifica "a quattro mani" dei contenuti da condividere relativamente alla loro correttezza e disponibilità (lanciando, ad esempio, un anteprima), acquisendo al contempo buona familiarità con lo strumento utilizzato.
Un allenamento precedente al meeting sarà opportuno anche al fine di testare la propria padronanza del sistema e la scioltezza nella comunicazione. Ciò consentirà, inoltre, di risolvere preventivamente possibili intoppi tecnologici (problemi di connessione, audio e video) e organizzativi, garantendo una perfetta riuscita della videoconferenza.
Nella fase iniziale del meeting sarà importante una corretta introduzione di tutti i partecipanti alla tecnologia impiegata, tranquillizzando le persone più scettiche. Per superare eventuali disagi dovuti alle prime esperienze di partecipazione in video sarà fondamentale una valida configurazione di tutte le postazioni (un effetto eco fastidioso o un´immagine non nitida potranno creare nervosismo sia nel conduttore che nei partecipanti).
Il conduttore dovrà riuscire sia trasmettere efficacemente i contenuti del suo intervento, sia a moderare il meeting, gestendo con abilità tale duplice ruolo, sino a condurre i partecipanti ad un´autentica interazione fondata sul dialogo, lo scambio di documenti e la collaborazione, mediante un adeguato impiego di tutti gli strumenti telematici disponibili.
La tecnologia legata ad una videoconferenza è semplice, economica (in termini di tempo e denaro) ed efficace, ma un meeting online dovrà essere "preparato" con cura ed attenzione, per potersi svolgere senza ostacoli ed imbarazzo.
Innanzitutto sarà importante il comunicare ai partecipanti con un adeguato anticipo, via e mail o tramite messaggio telefonico, l´invito al proprio meeting, trasmettendo le istruzioni di accesso (link, username e password, data, ora e altri eventuali riferimenti specifici).
E´ consigliabile coinvolgere almeno un´altra persona (amico o collega) per una verifica "a quattro mani" dei contenuti da condividere relativamente alla loro correttezza e disponibilità (lanciando, ad esempio, un anteprima), acquisendo al contempo buona familiarità con lo strumento utilizzato.
Un allenamento precedente al meeting sarà opportuno anche al fine di testare la propria padronanza del sistema e la scioltezza nella comunicazione. Ciò consentirà, inoltre, di risolvere preventivamente possibili intoppi tecnologici (problemi di connessione, audio e video) e organizzativi, garantendo una perfetta riuscita della videoconferenza.
Nella fase iniziale del meeting sarà importante una corretta introduzione di tutti i partecipanti alla tecnologia impiegata, tranquillizzando le persone più scettiche. Per superare eventuali disagi dovuti alle prime esperienze di partecipazione in video sarà fondamentale una valida configurazione di tutte le postazioni (un effetto eco fastidioso o un´immagine non nitida potranno creare nervosismo sia nel conduttore che nei partecipanti).
Il conduttore dovrà riuscire sia trasmettere efficacemente i contenuti del suo intervento, sia a moderare il meeting, gestendo con abilità tale duplice ruolo, sino a condurre i partecipanti ad un´autentica interazione fondata sul dialogo, lo scambio di documenti e la collaborazione, mediante un adeguato impiego di tutti gli strumenti telematici disponibili.
Il
posto di lavoro è il luogo in cui si condividono esperienze
importanti, si provano cocenti delusioni e si costruiscono progetti
importanti. Ma è anche il contesto nel quale nascono e si
consolidano amicizie che vanno al di là del sereno rapporto tra
colleghi.
Ciò implica sicuramente una serie di vantaggi che supportano nel superamento delle difficoltà che qualsiasi situazione professionale talvolta comporta. L’andare al lavoro consapevoli di trovare persone con cui poter esternare le proprie perplessità o il proprio entusiasmo rappresenta per chiunque una fonte di sicurezza e di carica emotiva impagabile. Anche i momenti di maggiore fatica saranno vissuti in modo positivo e con una motivazione continuamente rigenerata, così come saranno meglio tollerate le pressioni e gli inevitabili cali di performance. Anche il cambio di mansione o gli imprevisti saranno accolti in modo più costruttivo se ci sarà qualcuno con il quale condividere e collaborare.
In alcune organizzazioni dove, ad esempio la burocrazia o l’eccessiva gerarchizzazione rendono difficile l’efficienza sul lavoro, i rapporti di amicizia aiutano a contrastare tali elementi negativi, favorendo la produttività e la creatività e migliorando il business aziendale attraverso il lavoro di squadra, fondato sulle alleanze e sull’aiuto reciproco. Tuttavia, le amicizie più strette tra colleghi possono favorire anche invidie e pettegolezzi, fino a divenire bersaglio diretto di persone pronte a “tradire” o a colpire alle spalle per trarre vantaggi personali. Un altro svantaggio è il rischio di “distrazione” che l’avere un amico in ufficio potrebbe comportare. Sarà importante il rimanere concentrati su scadenze ed obiettivi, sapendo separare lo spazio privato da quello strettamente professionale. Un altro elemento prezioso, al fine di coltivare e conservare le amicizie in ufficio consisterà nel saper accettare, senza reazioni eccessive, le critiche e i consigli che un amico, per sua natura, sa elargire, partendo dal presupposto che siano dettate sempre dall’affetto e dallo spirito costruttivo.
Ciò implica sicuramente una serie di vantaggi che supportano nel superamento delle difficoltà che qualsiasi situazione professionale talvolta comporta. L’andare al lavoro consapevoli di trovare persone con cui poter esternare le proprie perplessità o il proprio entusiasmo rappresenta per chiunque una fonte di sicurezza e di carica emotiva impagabile. Anche i momenti di maggiore fatica saranno vissuti in modo positivo e con una motivazione continuamente rigenerata, così come saranno meglio tollerate le pressioni e gli inevitabili cali di performance. Anche il cambio di mansione o gli imprevisti saranno accolti in modo più costruttivo se ci sarà qualcuno con il quale condividere e collaborare.
In alcune organizzazioni dove, ad esempio la burocrazia o l’eccessiva gerarchizzazione rendono difficile l’efficienza sul lavoro, i rapporti di amicizia aiutano a contrastare tali elementi negativi, favorendo la produttività e la creatività e migliorando il business aziendale attraverso il lavoro di squadra, fondato sulle alleanze e sull’aiuto reciproco. Tuttavia, le amicizie più strette tra colleghi possono favorire anche invidie e pettegolezzi, fino a divenire bersaglio diretto di persone pronte a “tradire” o a colpire alle spalle per trarre vantaggi personali. Un altro svantaggio è il rischio di “distrazione” che l’avere un amico in ufficio potrebbe comportare. Sarà importante il rimanere concentrati su scadenze ed obiettivi, sapendo separare lo spazio privato da quello strettamente professionale. Un altro elemento prezioso, al fine di coltivare e conservare le amicizie in ufficio consisterà nel saper accettare, senza reazioni eccessive, le critiche e i consigli che un amico, per sua natura, sa elargire, partendo dal presupposto che siano dettate sempre dall’affetto e dallo spirito costruttivo.
Cosa
si intende esattamente per inquadramento e da cosa dipende? Arianna,
Monza.
Con il termine inquadramento ci si riferisce allo spazio occupato, sul piano organizzativo, dalla posizione che si andrà a ricoprire; di conseguenza il proprio inquadramento professionale avrà a che fare con la scala gerarchica dell´azienda e con il tipo di relazioni che si andranno progressivamente a delineare.
L´inquadramento dipenderà da molteplici fattori, comprese le specifiche politiche dell´organizzazione di riferimento e, quindi, potrebbe accadere che una persona laureata sia inquadrata ad un livello inferiore rispetto a quello di un´efficiente segretaria.
L´inquadramento deriverà, da un lato, dalle indicazioni provenienti dalla contrattazione collettiva nazionale e aziendale la quale definisce i livelli di inquadramento e il prezzo minimo di riferimento in base ai particolari contenuti di un ruolo; dall´altro, dalle esigenze delle singole imprese.
Queste ultime, infatti, dovranno tenere conto, nel compensare i propri collaboratori, sia di una forma di equità interna, sia di un comune "prezzo di mercato" che possa consentire loro l´acquisto delle risorse di cui necessitano.
Soprattutto per coloro che vantano un ricco bagaglio professionale sarà importante, preparandosi ad un colloquio di lavoro, il pesare il "valore" della propria esperienza precedente in termini di professionalità acquisita. Ciò si tradurrà nella prospettiva di uno specifico compenso il quale, per essere meglio immaginato, dovrebbe configurarsi alla luce di un confronto con il mercato del lavoro locale (variabili che hanno a che fare con la posizione ricoperta e con la zona geografica di riferimento) e prendere spunto dalla remunerazione percepita in passato, in ambienti professionali "simili".
Il valore della propria esperienza, infine, potrà essere accresciuto dal possesso di due imprescindibili fattori: l´anzianità di ruolo e la coerenza tra abilità e conoscenze richieste per la posizione vacante e le proprie competenze tecniche e personali.
Con il termine inquadramento ci si riferisce allo spazio occupato, sul piano organizzativo, dalla posizione che si andrà a ricoprire; di conseguenza il proprio inquadramento professionale avrà a che fare con la scala gerarchica dell´azienda e con il tipo di relazioni che si andranno progressivamente a delineare.
L´inquadramento dipenderà da molteplici fattori, comprese le specifiche politiche dell´organizzazione di riferimento e, quindi, potrebbe accadere che una persona laureata sia inquadrata ad un livello inferiore rispetto a quello di un´efficiente segretaria.
L´inquadramento deriverà, da un lato, dalle indicazioni provenienti dalla contrattazione collettiva nazionale e aziendale la quale definisce i livelli di inquadramento e il prezzo minimo di riferimento in base ai particolari contenuti di un ruolo; dall´altro, dalle esigenze delle singole imprese.
Queste ultime, infatti, dovranno tenere conto, nel compensare i propri collaboratori, sia di una forma di equità interna, sia di un comune "prezzo di mercato" che possa consentire loro l´acquisto delle risorse di cui necessitano.
Soprattutto per coloro che vantano un ricco bagaglio professionale sarà importante, preparandosi ad un colloquio di lavoro, il pesare il "valore" della propria esperienza precedente in termini di professionalità acquisita. Ciò si tradurrà nella prospettiva di uno specifico compenso il quale, per essere meglio immaginato, dovrebbe configurarsi alla luce di un confronto con il mercato del lavoro locale (variabili che hanno a che fare con la posizione ricoperta e con la zona geografica di riferimento) e prendere spunto dalla remunerazione percepita in passato, in ambienti professionali "simili".
Il valore della propria esperienza, infine, potrà essere accresciuto dal possesso di due imprescindibili fattori: l´anzianità di ruolo e la coerenza tra abilità e conoscenze richieste per la posizione vacante e le proprie competenze tecniche e personali.
Quali
possibilità di lavoro ci sono nel mondo dei bambini? Ada, Parma.
Tra i principali vantaggi del lavorare con i bambini vi è la gratificazione personale e l´approcciare con un ambiente prevalentemente gioioso e "incontaminato".
Tuttavia, per realizzare un simile progetto bisognerà tenere conto del fatto che il livello di stress non sarà contenuto: il distrarsi (talvolta anche solo per pochi minuti) non sarà consentito in certi contesti e, in generale, l´attenzione all´incolumità dei bambini dovrà essere costante.
Inoltre, essendo un "tipo di utente" particolare, il nostro approccio, la pazienza e il piacere nell´interagire costantemente con i bimbi andrebbero testati prima di "buttarsi" in un´attività a trecentosessanta gradi, ad esempio, concedendosi esperienze in qualità di baby sitter o animatori.
Anche le possibilità imprenditoriali connesse al mondo dell´infanzia sono molteplici: si tratterà di individuare quelle che maggiormente siano in linea con le nostre caratteristiche di personalità e con il budget a disposizione. L´impegno finanziario maggiore potrebbe essere, ad esempio, relativo all´apertura di un asilo nido o di una casa famiglia. Si tratta di attività che richiedono, oltre ad un´adeguata preparazione professionale, un iter organizzativo tutt´altro che semplice sul piano delle procedure burocratiche e dell´ottenimento di permessi.
Una strada meno complicata è quella inerente la creazione di un network di babysitter nella propria zona di residenza. A tal proposito si rivelerà utilissimo un sito internet ben congegnato che consenta alle persone di informarsi e di interagire con i gestori.
Infine, andrà tenuto conto che la figura dell´operatore socio assistenziale per l´infanzia è tuttora una professione richiesta, in quanto professionalità e competenza sono caratteristiche imprescindibili per poter operare a contatto con i più piccoli.
L´ottenimento della qualifica consentirà di aspirare a molteplici possibilità di impiego presso asili, scuole primarie, centri di accoglienza.
Tra i principali vantaggi del lavorare con i bambini vi è la gratificazione personale e l´approcciare con un ambiente prevalentemente gioioso e "incontaminato".
Tuttavia, per realizzare un simile progetto bisognerà tenere conto del fatto che il livello di stress non sarà contenuto: il distrarsi (talvolta anche solo per pochi minuti) non sarà consentito in certi contesti e, in generale, l´attenzione all´incolumità dei bambini dovrà essere costante.
Inoltre, essendo un "tipo di utente" particolare, il nostro approccio, la pazienza e il piacere nell´interagire costantemente con i bimbi andrebbero testati prima di "buttarsi" in un´attività a trecentosessanta gradi, ad esempio, concedendosi esperienze in qualità di baby sitter o animatori.
Anche le possibilità imprenditoriali connesse al mondo dell´infanzia sono molteplici: si tratterà di individuare quelle che maggiormente siano in linea con le nostre caratteristiche di personalità e con il budget a disposizione. L´impegno finanziario maggiore potrebbe essere, ad esempio, relativo all´apertura di un asilo nido o di una casa famiglia. Si tratta di attività che richiedono, oltre ad un´adeguata preparazione professionale, un iter organizzativo tutt´altro che semplice sul piano delle procedure burocratiche e dell´ottenimento di permessi.
Una strada meno complicata è quella inerente la creazione di un network di babysitter nella propria zona di residenza. A tal proposito si rivelerà utilissimo un sito internet ben congegnato che consenta alle persone di informarsi e di interagire con i gestori.
Infine, andrà tenuto conto che la figura dell´operatore socio assistenziale per l´infanzia è tuttora una professione richiesta, in quanto professionalità e competenza sono caratteristiche imprescindibili per poter operare a contatto con i più piccoli.
L´ottenimento della qualifica consentirà di aspirare a molteplici possibilità di impiego presso asili, scuole primarie, centri di accoglienza.
Come
si diventa hostess di terra? Carla, Modena.
Da molti giovani il lavoro di hostess e stewart di terra è ritenuto appagante, sia per il livello di retribuzione che garantisce, sia per le sue caratteristiche intrinseche, che lo rendono stimolante sul piano intellettuale. Tuttavia, esistono regole e requisiti obbligatori molto "stringenti" e sarà bene conoscerli prima di proporsi per una qualsiasi selezione.
In alcuni casi, la gestione degli aeroporti avviene mediante società provate che, per la selezione del personale, si rivolgono ad agenzie per il lavoro.
Il ruolo dell´hostess e dello stewart di terra consisterà nel conoscere i visti e i documenti necessari per entrare in uno specifico paese, nel supportare i passeggeri nelle operazioni di check-in e nel fornire assistenza, ad esempio, a passeggeri disabili o anziani.
Innanzitutto, sarà necessario il partire dalla consapevolezza che si tratti di un mestiere notevolmente stressante, in primo luogo, a causa dei turni. Ciò porterà, sovente, ad essere lontani da famiglia ed amici anche in periodi di festività e vacanze.
Esteticamente, poi, si dovrà risultare sempre impeccabili e sul piano della relazione si dovrà mostrare gentilezza, pazienza ed attenzione ai bisogni delle persone.
Non sarà necessario il possedere brevetti specifici, ma sarà sufficiente un diploma e una buona dimestichezza con le lingue straniere (inglese soprattutto, sia scritto che parlato). La conoscenza di ogni ulteriore lingua, inoltre, potrà aumentare il proprio punteggio, qualora ci siano prove di gruppo in corso per un posto vacante.
Le prove di selezione si dovranno, infine, affrontare tenendo conto del fatto che l´indossare un abbigliamento poco sobrio e/o l´esibire un tatuaggio vistoso non giocheranno assolutamente a favore dl candidato/a.
Una volta superati i colloquio e gli eventuali test psico-attitudinali, in genere, si procederà con un corso di formazione della durata di circa un mese avente la funzione di far toccare con mano il lavoro da svolgere e di testare l´idoneità del candidato alla mansione.
Da molti giovani il lavoro di hostess e stewart di terra è ritenuto appagante, sia per il livello di retribuzione che garantisce, sia per le sue caratteristiche intrinseche, che lo rendono stimolante sul piano intellettuale. Tuttavia, esistono regole e requisiti obbligatori molto "stringenti" e sarà bene conoscerli prima di proporsi per una qualsiasi selezione.
In alcuni casi, la gestione degli aeroporti avviene mediante società provate che, per la selezione del personale, si rivolgono ad agenzie per il lavoro.
Il ruolo dell´hostess e dello stewart di terra consisterà nel conoscere i visti e i documenti necessari per entrare in uno specifico paese, nel supportare i passeggeri nelle operazioni di check-in e nel fornire assistenza, ad esempio, a passeggeri disabili o anziani.
Innanzitutto, sarà necessario il partire dalla consapevolezza che si tratti di un mestiere notevolmente stressante, in primo luogo, a causa dei turni. Ciò porterà, sovente, ad essere lontani da famiglia ed amici anche in periodi di festività e vacanze.
Esteticamente, poi, si dovrà risultare sempre impeccabili e sul piano della relazione si dovrà mostrare gentilezza, pazienza ed attenzione ai bisogni delle persone.
Non sarà necessario il possedere brevetti specifici, ma sarà sufficiente un diploma e una buona dimestichezza con le lingue straniere (inglese soprattutto, sia scritto che parlato). La conoscenza di ogni ulteriore lingua, inoltre, potrà aumentare il proprio punteggio, qualora ci siano prove di gruppo in corso per un posto vacante.
Le prove di selezione si dovranno, infine, affrontare tenendo conto del fatto che l´indossare un abbigliamento poco sobrio e/o l´esibire un tatuaggio vistoso non giocheranno assolutamente a favore dl candidato/a.
Una volta superati i colloquio e gli eventuali test psico-attitudinali, in genere, si procederà con un corso di formazione della durata di circa un mese avente la funzione di far toccare con mano il lavoro da svolgere e di testare l´idoneità del candidato alla mansione.
La
laurea in Scienze della Comunicazione è un punto di partenza
importantissimo per il lavoro di comunicatore, ma, dal momento che
all’interno del settore esistono professionalità estremamente diverse
l’una dall’altra, i percorsi formativi possibili e consigliati possono
essere altrettanto vari. Un buon grafico pubblicitario, ad esempio,
potrebbe provenire da un percorso artistico caratterizzato dalla scelta
di un liceo a dalla successiva iscrizione all’Accademia. Se, invece,
l’inclinazione personale è rivolta al web, nemmeno un tecnico
informatico partirebbe svantaggiato rispetto a questo complesso ambito
professionale. La componente creativa, quella linguistica e quella
tecnica sono da considerarsi parimente importanti e il grado di
specializzazione di un candidato potrà fare la differenza nel contesto
della selezione.Uno
stage presso un’agenzia di comunicazione può essere molto utile per
sperimentare le proprie capacità relazionali, soprattutto nei confronti
di una clientela che è tipicamente abituata a tempi brevi, idee
brillanti ed efficienza nel realizzarle.Il
mondo della rete, d’altra parte, è caratterizzato da una serie di
strategie e accortezze specifiche di chi “fa il mestiere” le quali
dovranno essere acquisite e fatte proprie attraverso un periodo di
osservazione e studio inerente i siti e le community in grado di
generare un “traffico” elevato.Anche
una redazione è connotata da tempi e modalità di lavoro peculiari e
sarà importante, per chi si inserisca al suo interno, coglierne le
relazioni, i ritmi, i passaggi di consegna e gli aspetti tecnici del
mestiere.Proprio
per il fatto che non esiste un profilo standardizzato per il
comunicatore, la pratica del mestiere e l’esperienza dei colleghi
saranno elementi preziosi sul piano creativo e organizzativo.Anche
i corsi di perfezionamento, successivi alla laurea, possono contribuire
all’acquisizione di strumenti spendibili a livello pratico, in
particolare connessi con le strategie comunicative e con l’impiego di
programmi mirati.
Scrivo
sul sito e sulla pagina Facebook della mia azienda e avrei bisogno di
alcuni consigli pratici per rendere più efficaci i miei messaggi.
Pietro, Padova.
Non vale la pena nemmeno esagerare con grassetti e maiuscoli. Se, da un lato, alcune parole chiave andranno correttamente evidenziate, dall’altro , andrà compreso che non sempre ciò che noi riteniamo fondamentale coinciderà con le preferenze dell’utenza o saprà rendere più accattivante la lettura. Andrà sempre tenuto presente che i messaggi saranno diretti alle persone e, dunque, l’utilizzo di un linguaggio che assomigli a quello del proprio destinatario, avrà una presa maggiore e si rivelerà più efficace. A tal proposito, sempre più importanti nel mondo del marketing online sono i video che, frequentemente, vengono impiegati per la comunicazione, anche attraverso i social media, sia dalle piccole imprese che dalle multinazionali. Mediante un simile strumento, infatti, diventa possibile raccontare una storia che susciti emozioni in chi la guardi, che comunichi l’autenticità di ciò che si stia promuovendo, che si concentri sui possibili benefici, che non sia banale, che rappresenti uno specchio per l’osservatore. Anche in tale caso, i tempi “giusti” saranno premianti: i video eccessivamente lunghi, sovente, non vengono nemmeno “aperti” dagli utenti, mentre quelli troppo brevi rischiano di trasmettere la sensazione dell’essere privi di contenuti pregnanti.
Qualora
si scriva per il web e lo si faccia al fine di far comprendere ad un
cliente i vantaggi derivanti dall’acquisto dei propri prodotti o
servizi, una buona regola da seguire sarà quella dell’indossare i
panni di chi legga la comunicazione. L’essenzialità del messaggio
sarà, spesso, un altro punto di forza, dal momento che l’eccesso
di parole potrebbe condurre a distrazione o, ancor peggio, a
confusione rispetto ai contenuti trasmessi.
Le
frasi utilizzate dovranno, per lo più, essere brevi e semplici, con
paragrafi di poche righe (tre o quattro), in modo che l’attenzione
del potenziale cliente possa essere mantenuta più a lungo.
Non vale la pena nemmeno esagerare con grassetti e maiuscoli. Se, da un lato, alcune parole chiave andranno correttamente evidenziate, dall’altro , andrà compreso che non sempre ciò che noi riteniamo fondamentale coinciderà con le preferenze dell’utenza o saprà rendere più accattivante la lettura. Andrà sempre tenuto presente che i messaggi saranno diretti alle persone e, dunque, l’utilizzo di un linguaggio che assomigli a quello del proprio destinatario, avrà una presa maggiore e si rivelerà più efficace. A tal proposito, sempre più importanti nel mondo del marketing online sono i video che, frequentemente, vengono impiegati per la comunicazione, anche attraverso i social media, sia dalle piccole imprese che dalle multinazionali. Mediante un simile strumento, infatti, diventa possibile raccontare una storia che susciti emozioni in chi la guardi, che comunichi l’autenticità di ciò che si stia promuovendo, che si concentri sui possibili benefici, che non sia banale, che rappresenti uno specchio per l’osservatore. Anche in tale caso, i tempi “giusti” saranno premianti: i video eccessivamente lunghi, sovente, non vengono nemmeno “aperti” dagli utenti, mentre quelli troppo brevi rischiano di trasmettere la sensazione dell’essere privi di contenuti pregnanti.
Nel
mondo del lavoro non è difficile confrontarsi e scontrarsi con
l’invidia di colleghi e collaboratori, soprattutto in momenti
salienti che possono coincidere con una promozione, la vincita di un
concorso o, in generale, con un importante traguardo raggiunto.
Il lavoro può, in effetti, essere un elemento sul quale vengano riversate aspettative di realizzazione importanti, per cui il fatto che talvolta diventi teatro di conflitti o si “impregni” di un clima di rivalità e gelosie, non sarà poi così raro. Sarà importante, in primo luogo, il saper individuare e riconoscere l’esistenza di simili sentimenti, spesso celati dietro un atteggiamento di ammirazione e/o di analisi accurata dell’operato altrui oppure, al contrario, manifestati mediante comportamenti critici o insofferenti nei confronti di colleghi o membri di un gruppo di lavoro. Le strade da percorrere nei confronti dell’invidioso saranno principalmente due: da un lato, potremmo trarre il maggiore dei giovamenti semplicemente creando una distanza costruttiva e sana; dall’altro, potremmo “partire” dal suo vissuto per conoscere più a fondo il disagio del collega nei nostri confronti e, indirettamente, per scoprire qualcosa di noi.
La prima delle due possibilità non sarà sempre facile da realizzare in un contesto lavorativo, tuttavia, ci si potrà adoperare per porre limiti ai rapporti con le persone invidiose e insensatamente competitive, evitando di “rispondere a tono” e ignorando, per quanto possibile, commenti e provocazioni.
Nel secondo caso, l’ottica adottata sarà completamente opposta: piuttosto che considerare “nemici” gli invidiosi, ci si porrà nei loro panni, cercando di comprenderne la posizione e il punto di vista. Il coinvolgerli in un progetto comune, l’affidare loro una mansione che considerino interessante o, semplicemente, il domandare la loro opinione potrebbero rivelarsi iniziative in grado di sbloccare un sistema “chiuso” di sensazioni negative, frustrazione e percezione della propria inutilità e di condurre ad un’autentica metamorfosi: dall’invidia fine a se stessa alla collaborazione.
Il lavoro può, in effetti, essere un elemento sul quale vengano riversate aspettative di realizzazione importanti, per cui il fatto che talvolta diventi teatro di conflitti o si “impregni” di un clima di rivalità e gelosie, non sarà poi così raro. Sarà importante, in primo luogo, il saper individuare e riconoscere l’esistenza di simili sentimenti, spesso celati dietro un atteggiamento di ammirazione e/o di analisi accurata dell’operato altrui oppure, al contrario, manifestati mediante comportamenti critici o insofferenti nei confronti di colleghi o membri di un gruppo di lavoro. Le strade da percorrere nei confronti dell’invidioso saranno principalmente due: da un lato, potremmo trarre il maggiore dei giovamenti semplicemente creando una distanza costruttiva e sana; dall’altro, potremmo “partire” dal suo vissuto per conoscere più a fondo il disagio del collega nei nostri confronti e, indirettamente, per scoprire qualcosa di noi.
La prima delle due possibilità non sarà sempre facile da realizzare in un contesto lavorativo, tuttavia, ci si potrà adoperare per porre limiti ai rapporti con le persone invidiose e insensatamente competitive, evitando di “rispondere a tono” e ignorando, per quanto possibile, commenti e provocazioni.
Nel secondo caso, l’ottica adottata sarà completamente opposta: piuttosto che considerare “nemici” gli invidiosi, ci si porrà nei loro panni, cercando di comprenderne la posizione e il punto di vista. Il coinvolgerli in un progetto comune, l’affidare loro una mansione che considerino interessante o, semplicemente, il domandare la loro opinione potrebbero rivelarsi iniziative in grado di sbloccare un sistema “chiuso” di sensazioni negative, frustrazione e percezione della propria inutilità e di condurre ad un’autentica metamorfosi: dall’invidia fine a se stessa alla collaborazione.
Sono un formatore
e trovo difficile la gestione dei gruppi nella fase iniziale.
I meccanismi di aggregazione tra le persone sono caratterizzati da dinamiche estremamente mutevoli e le reazioni dei singoli sono spesso difficilmente prevedibili e legate a turbamenti anche minimi di un sistema costituito. Le difficoltà che caratterizzano un gruppo nella fase iniziale della sua creazione sono prevalentemente legate alla tendenza al forte individualismo di alcuni dei suoi membri, alla formazione di piccoli gruppi al suo interno e alla mancanza di un senso di coesione, dal momento che le persone non si conoscono a sufficienza e si "studiano" a vicenda nel tentativo di scoprire di chi fidarsi realmente. Sul relatore verranno "proiettati" contemporaneamente sentimenti ambivalenti: da un lato l´ammirazione per la sua competenza (se riconosciuta), dall´altro invidia e aggressività legate al suo ruolo di guida. Ci saranno persone che tenderanno ad identificarsi, altre che svilupperanno forme di competizione nei suoi confronti. Un´adeguata strategia per gestire il gruppo in una simile delicatissima fase sarà quella di porre, da subito, obiettivi chiari e definiti, pianificando non solo la meta finale da raggiungere insieme, ma anche le modalità e gli strumenti necessari per conseguirla. L´identificazione dei vantaggi comuni accrescerà la motivazione del team e contribuirà alla creazione di una maggiore solidità interna e della fiducia reciproca. Quando il gruppo inizierà realmente a concepirsi quale squadra, sarà più facile che, spontaneamente, si verifichi una spartizione dei compiti e dei ruoli operativi in base alle specifiche competenze e che il relatore venga riconosciuto quale parte integrante del "sistema", con la quale instaurare un rapporto professionale lucido e maturo. Da parte del formatore, infine, sarà importante il contribuire a creare un senso di auto- responsabilizzazione e il coinvolgere tutte le "parti" nel lavoro comune, integrando le risorse professionali apportate e fungendo da mediatore rispetto ai singoli interventi.
I meccanismi di aggregazione tra le persone sono caratterizzati da dinamiche estremamente mutevoli e le reazioni dei singoli sono spesso difficilmente prevedibili e legate a turbamenti anche minimi di un sistema costituito. Le difficoltà che caratterizzano un gruppo nella fase iniziale della sua creazione sono prevalentemente legate alla tendenza al forte individualismo di alcuni dei suoi membri, alla formazione di piccoli gruppi al suo interno e alla mancanza di un senso di coesione, dal momento che le persone non si conoscono a sufficienza e si "studiano" a vicenda nel tentativo di scoprire di chi fidarsi realmente. Sul relatore verranno "proiettati" contemporaneamente sentimenti ambivalenti: da un lato l´ammirazione per la sua competenza (se riconosciuta), dall´altro invidia e aggressività legate al suo ruolo di guida. Ci saranno persone che tenderanno ad identificarsi, altre che svilupperanno forme di competizione nei suoi confronti. Un´adeguata strategia per gestire il gruppo in una simile delicatissima fase sarà quella di porre, da subito, obiettivi chiari e definiti, pianificando non solo la meta finale da raggiungere insieme, ma anche le modalità e gli strumenti necessari per conseguirla. L´identificazione dei vantaggi comuni accrescerà la motivazione del team e contribuirà alla creazione di una maggiore solidità interna e della fiducia reciproca. Quando il gruppo inizierà realmente a concepirsi quale squadra, sarà più facile che, spontaneamente, si verifichi una spartizione dei compiti e dei ruoli operativi in base alle specifiche competenze e che il relatore venga riconosciuto quale parte integrante del "sistema", con la quale instaurare un rapporto professionale lucido e maturo. Da parte del formatore, infine, sarà importante il contribuire a creare un senso di auto- responsabilizzazione e il coinvolgere tutte le "parti" nel lavoro comune, integrando le risorse professionali apportate e fungendo da mediatore rispetto ai singoli interventi.
Inizierò
un percorso di outplacement individuale e vorrei qualche indicazione
sulla costruzione di un valido piano di selfmarketing. Paola, Milano.
Per
muoversi con agilità sul mercato un piano di selfmarketing ben
costruito e gestito in forma scritta rappresenterà un ottimo di
partenza.
Si
tratta di un vero e proprio documento che prevede fasi distinte e
organizzate in sequenza e in ordine logico.
La
parte introduttiva sarà dedicata alle motivazioni in base alle quali
si intenda raggiungere un determinato obiettivo professionale.
Dovrà,
quindi, essere descritto lo scenario della propria ricerca, ovvero il
contesto socio economico di riferimento, i mercati di interesse e le
caratteristiche specifiche, le tendenze e i prodotti che fungeranno
da sfondo rispetto al nostri particolari obiettivi di carriera.
Questi ultimi saranno descritti dettagliatamente in una sezione ad hoc. Si terranno presenti gli aspetti economici e di marketing e si cercherà di valutare quantitativamente la fattibilità di uno o più progetti lavorativi in base ai dati raccolti. La fase strategica, invece, costituirà un vero e proprio "ragionamento" all´interno del piano di marketing. Si dovranno declinare le azioni specifiche grazie alle quali poter raggiungere i propri scopi professionali, le priorità, le scadenze e le risorse a disposizione (chi farà che cosa e quando). Ci saranno, a seguire, una sezione descrittiva delle azioni specifiche (le tattiche di attuazione della strategia prevista) e una dedicata al budget. Saranno importanti, infatti, la definizione del costo delle attività preventivate e, al contempo, la previsione relativamente ai possibili guadagni generati da una ricerca mirata. Infine, la fase di verifica, rappresenterà una riflessione sull´avanzamento del proprio progetto e sugli eventuali piani di emergenza. Si dovrà tener conto di elementi di valutazione imprescindibili in grado di evidenziare gli "scostamenti" più o meno significativi rispetto ai risultati attesi.
Questi ultimi saranno descritti dettagliatamente in una sezione ad hoc. Si terranno presenti gli aspetti economici e di marketing e si cercherà di valutare quantitativamente la fattibilità di uno o più progetti lavorativi in base ai dati raccolti. La fase strategica, invece, costituirà un vero e proprio "ragionamento" all´interno del piano di marketing. Si dovranno declinare le azioni specifiche grazie alle quali poter raggiungere i propri scopi professionali, le priorità, le scadenze e le risorse a disposizione (chi farà che cosa e quando). Ci saranno, a seguire, una sezione descrittiva delle azioni specifiche (le tattiche di attuazione della strategia prevista) e una dedicata al budget. Saranno importanti, infatti, la definizione del costo delle attività preventivate e, al contempo, la previsione relativamente ai possibili guadagni generati da una ricerca mirata. Infine, la fase di verifica, rappresenterà una riflessione sull´avanzamento del proprio progetto e sugli eventuali piani di emergenza. Si dovrà tener conto di elementi di valutazione imprescindibili in grado di evidenziare gli "scostamenti" più o meno significativi rispetto ai risultati attesi.
Come
rendere meno "piatto" il mio profilo LinkedIn? Michele,
Brescia.
Le
sezioni opzionali offerte dal profilo LinkedIn hanno la funzione di
arricchire il portfolio con una serie di dati aggiuntivi rispetto al
bagaglio professionale, grazie ai quali sarà possibile l´evidenziare
tappe di un percorso di crescita che contribuiranno a rendere il
nostro profilo interessante e unico.
Ad
esempio, la sezione dedicata alle esperienze di volontariato ci
consentirà di descrivere situazioni significative della nostra vita.
L´impegno attivo dimostrato sostenendo associazioni di volontariato,
pur non essendo legato ad uno specifico compenso, consente di
ampliare le proprie esperienze e di mettere le competenze acquisite
al servizio di una comunità. I benefici di una simile scelta saranno
misurabili anche a livello professionale e sarà utile il
documentarli in rete, al fine di farsi conoscere nella completezza
delle esperienze vissute. Numerose sono le grandi aziende che
sostengono progetti nel mondo del non profit, incentivando i loro
stessi dipendenti a partecipare a programmi avviati in tale ambito.
LinkedIn
consente, inoltre, di specificare quali "cause" ci stiano a
cuore e siano fortemente sostenute anche quando non si abbia il tempo
da dedicare a esperienze di "aiuto" sul territorio. Il
denaro o l´immagine messi a disposizione di particolari
organizzazioni (in campo artistico, politico, ambientale o di diritti
umani) rappresenteranno, ad esempio, un modo di rendere unica la
nostra personalità e "parleranno" di noi e dei valori in
cui crediamo molto esplicitamente.
Infine,
la sezione dedicata ai progetti, consentirà di delineare con maggior
precisione i nostri incarichi o le precedenti esperienze di lavoro: i
piani e le esecuzioni importanti, le persone con le quali si è
collaborato, il ruolo ricoperto e il contributo apportato saranno
tutti elementi preziosi ai fini di una selezione accurata e di
successo.
Ho
soltanto una breve esperienza di lavoro. Come posso candidarmi
efficacemente presso le agenzie di somministrazione della mia città?
Antonella, Piacenza.
La
candidatura per un lavoro temporaneo presenta alcune peculiarità
delle quali bisognerebbe sempre tener conto nel momento in cui si
stili il curriculum vitae.
In
primo luogo, l´attenzione dovrà essere posta in particolare sui
lavori svolti, anche qualora si trattasse esclusivamente di incarichi
occasionali o, per i molto giovani, di collaborazioni con attività
di famiglia o di esperienze di breve durata.
Il
selezionatore, in questo caso specifico, sarà interessato
soprattutto al cogliere le abilità del candidato e il poter entrare
nel merito dei compiti svolti, grazie a descrizioni dettagliate e
ricche di esempi pratici, lo faciliterà sicuramente nella scelta
finale.
Chi
leggerà il curriculum vorrà sapere cosa il candidato sarà in grado
di fare autonomamente sin dal primo giorno di lavoro, che tipo di
esperienze gli siano già "familiari"e quali strumenti
tecnici abbia già utilizzato in passato.
Un´altra
area importante sarà quella dedicata agli studi e al percorso di
formazione: le agenzie di lavoro temporaneo potrebbero essere,
infatti, interessate ad una valutazione di più ampio respiro delle
potenzialità e delle ambizioni del candidato.
Alcuni
dettagli che, talvolta, vengono erroneamente trascurati ma che, sul
piano pratico, potranno "fare la differenza" in termini di
selezione sono, ad esempio, il possesso della patente e di un mezzo
con il quale raggiungere il posto di lavoro e le precisazioni in
termini di fascia oraria e giorni disponibili.
Spesso
le agenzie di somministrazione richiedono la compilazione di un form
interno, caratterizzato da sezioni di interesse specifico,
scaricabile anche online e, in tali casi, la redazione di un
curriculum "tradizionale" e di una lettera di presentazione
non risulterà necessaria.
Donne,
aziende e responsabilità nella funzione Risorse Umane. Quali
possibilità e ruoli esistono? Claudia, Milano.
I
ruoli legati alla gestione delle risorse umane sono molteplici e
possono variare anche in funzione delle specifiche peculiarità
dell´azienda; tuttavia, la maggior parte degli stessi risultano
accomunati da una serie di elementi chiave che ne determinano la
specificità di fondo: l´ascolto attivo, la capacità di visione a
lungo termine, il problem solving e, soprattutto, l´atteggiamento
empatico.
Non
è difficile collegare tali caratteristiche di personalità a giovani
manager donne nelle quali, spesso, i responsabili della selezione,
riscontrano capacità di dialogo e sensibilità spiccate.
Del
resto, andrà sempre tenuto in considerazione che, per rivestire un
incarico di responsabilità nella funzione Risorse Umane, le doti
caratteriali risulteranno importantissime agli occhi della Direzione,
in quanto veicolo per la trasmissione dei valori aziendali nella loro
essenza.
Nel
contesto della selezione, al di là della preparazione tecnica,
infatti, saranno le attitudini comportamentali a costituire
l´autentico plus e, non di rado, queste ultime andranno nella
direzione di una scelta al femminile.
La
responsabilità maggiore di chi si occupi di Risorse Umane sarà
connessa alla costruzione del successo attuale e futuro dell´impresa,
mediante una politica di valorizzazione dei talenti e del capitale
umano.
Molti
profili HR sono ricoperti egregiamente da figure femminili in grado
di cimentarsi con attività che spaziano dalla pura programmazione ad
una serie di adempimenti operativi di complessità variabile.
L´HR
manager, ad esempio, è responsabile del coordinamento delle attività
di gestione e sviluppo del personale e si occupa concretamente di
definizione delle politiche retributive, elaborazione dei piani di
carriera e valutazione del potenziale e delle prestazioni,
predisponendo gli interventi formativi necessari e verificando i
costi in funzione del budget disponibile.
Il
superare brillantemente una selezione di gruppo sarà legato,
soprattutto, alla capacità di un candidato di
mostrare,
in una simile occasione, la propria assertività.
L´essere
assertivi significa il saper parlare e il saper ascoltare, in modo
equilibrato e naturale e il saper
coinvolgere
i membri di un team, a loro volta, spronandoli al parlare e al farsi
ascoltare. Sembra un gioco di
parole
ma si tratta, semplicemente, di una breve e preziosa serie di
capacità tipiche di un autentico leader
le
quali, in svariate occasioni, se mostrate nel contesto di una
selezione di gruppo, condurranno alla scelta
del
candidato ideale.
Se
durante tale prova si tenderà al rimanere passivi, silenziosi e
defilati si ridurranno notevolmente le
possibilità
di evidenziare alcune delle proprie caratteristiche "forti"
e si rischierà di sprecare tempo ed
occasioni
di essere considerati positivamente.
Di
contro, in una dinamica di gruppo, l´interazione aggressiva e il
"protagonismo" forzato saranno
altrettanto
controproducenti in quanto indicatori di ostilità, sfiducia negli
altri, invidia ed incapacità di
collaborare
produttivamente.
L´essere
persone intraprendenti, propositive e, al contempo, diplomatiche e
capaci di mediare, in un
contesto
gruppale, avrà effetti favorevoli agli occhi del selezionatore,
soprattutto se tali qualità saranno
ritenute
indispensabili entro il futuro possibile ambiente professionale.
Un
"allenamento" efficace, in vista di situazioni valutative
di gruppo, potrebbe essere, ad esempio, una
"simulata"
con alcuni amici, durante la quale si discuta di un tema specifico o
venga proposta la risoluzione
di
un problema comune. Ulteriori elementi da considerare, prima di
affrontare un assesment saranno le
caratteristiche
chiave dell´azienda che lo organizza: ciò al fine di prevedere quali
saranno le qualità e le
competenze
maggiormente ricercate nei candidati e tipicamente riferite al
profilo ideale.
Part
time è considerato il contratto di lavoro che preveda un orario
rispetto a quello tradizionale (stabilito dalla legge vigente o da
contratti collettivi).
In
generale, le offerte di lavoro part time possono indicare un impegno
di tipo "orizzontale" (riduzione rispetto all´orario
tradizionale), "verticale" (quando il lavoro si svolga full
time soltanto in alcuni giorni della settimana) o "misto"
(quando si fondano le due precedenti tipologie).
Il
contratto part time potrebbe rivelarsi appetibile, in particolare,
per alcune categorie di lavoratori quali, ad esempio, giovani che
desiderino dedicare parte del tempo al completamento di un percorso
di studi, persone che aspirino ad un´equilibrata divisione della
propria disponibilità tra lavoro e famiglia o professionisti
freelance in grado di gestire i propri impegni professionali al fine
di poter "incastrare" una seconda occupazione a garanzia di
una entrata fissa.
Anche
se non mancano proposte di tipo impiegatizio, le offerte che
continuano ad essere più numerose restano quelle per operatori di
call center e quelle inerenti i settori turistico e gastronomico,
strettamente legati alla stagionalità.
Per
un giovane alla prima esperienza, ma anche per chi abbia già una
carriera alle spalle e si trovi a doversi rimettere in gioco un´altra
possibilità da non sottovalutare è quella del lavoro occasionale di
tipo accessorio. Si tratta di un´attività autonoma, svolta in modo
saltuario per conto di un committente privato o pubblico che prevede
un compenso massimo annuale e che a tutti gli effetti è tutelata da
un contratto regolare e sicuro e da una copertura assicurativa e
previdenziale.
E´ quindi lecito parlare di una valida alternativa, soprattutto per chi necessiti di una certa remunerazione, ad esempio, in attesa di una svolta importante (la laurea, una specializzazione, un trasferimento) e per coloro i quali debbano maturare una concreta esperienza sul campo prima di potersi proporre per una posizione adeguata al proprio percorso formativo e alle proprie attitudini.
E´ quindi lecito parlare di una valida alternativa, soprattutto per chi necessiti di una certa remunerazione, ad esempio, in attesa di una svolta importante (la laurea, una specializzazione, un trasferimento) e per coloro i quali debbano maturare una concreta esperienza sul campo prima di potersi proporre per una posizione adeguata al proprio percorso formativo e alle proprie attitudini.
La
presenza e la facilità di accesso ad una serie di soluzioni
tecnologiche ormai proprie della maggior parte dei contesti
lavorativi se, da un lato, rende la comunicazione e la produttività
più semplici e veloci (basti pensare alla possibilità di
connettersi ovunque ed in qualunque momento), dall´altro, dovrebbe
essere sfruttata in modo equilibrato e consapevole al fine di non
dover combattere, per contro, con un sovraccarico di informazioni mal
utilizzate.
Il
tenere il ritmo di situazioni professionali sempre più complesse e
ricche di sfumature e contatti, in effetti, non è tanto una
questione legata all´essere o al dimostrarsi più veloci, quanto
piuttosto connessa al saper cogliere i vantaggi della tecnologia
rendendoli funzionali al raggiungimento dei propri obiettivi.
Tra
i principali fattori di disturbo di un ambiente lavorativo "
multitasking" vi sono anche elementi "banali" quali le
telefonate e la messaggistica istantanea in genere e, ancor di più,
il bombardamento di e-mail al quale siamo ormai tutti quotidianamente
sottoposti. La maggior parte del "tempo di lavoro" è
dedicato allo svolgimento di attività simultanee che impediscono la
concentrazione su un singolo compito e il conseguente dedicarvi la
precisione necessaria.
Ad
esempio, se è vero che le videoconferenze consentono un risparmio in
termini di tempo e di risorse impiegate (costi di trasferimento,
location, strumentazione, ecc.), è anche dimostrabile quanto le
stesse diano adito a distrazioni e ad un calo della partecipazione
attiva dei soggetti coinvolti (ad esempio, le persone invitate si
dedicano, nel frattempo, ad attività "parallele" quali lo
scrivere e-mail di lavoro, il leggere notizie o l´utilizzare i social
media), portando inevitabilmente , in alcuni casi, ad una
condivisione meno profonda dei contenuti trattati.
In
altri termini, un eccesso di distrazioni può causare una scarsa
concentrazione, performance di livello inferiore e uno spazio
dedicato all´ascolto dell´altro e di sé limitato eccessivamente.
Devo
organizzare un incontro con collaboratori che conosco poco inerente
temi importanti per lo sviluppo della mia azienda. Come gestire la
situazione? Paolo, Milano,
Affinchè un incontro di lavoro risulti realmente produttivo e consenta di raggiungere gli obiettivi prefissati sarà necessario l´imporsi la considerazione di alcuni elementi basilari. Innanzitutto sarebbe opportuno lo spronare chiunque sia chiamato a partecipare al ragionamento per obiettivi, in modo che il comportamento dei presenti sia sempre e comunque volto al rispetto della programmazione e dei tempi previsti. La puntualità sarà un altro fattore indispensabile e dovrà essere richiesta con i modi consoni alla circostanza, ma in maniera imprescindibile. Il porsi in questi termini contribuirà al miglioramento dei comportamenti altrui e ridurrà il tempo delle attese inutili e stressanti. Una "strategia" per gestire i ritardatari cronici potrebbe essere quella di affidare ad alcuni di loro qualcosa che riguardi la preparazione dell´evento stesso. Ciò li costringerà ad arrivare addirittura prima degli altri. Il "prima" dovrà essere organizzato in modo sistematico: telefonate, e-mail, messaggi dovranno essere predisposti con il dovuto anticipo al fine di risultare mirati all´obiettivo e ottenere l´effetto coinvolgimento desiderato. Anche gli orari di inizio e la previsione precisa della conclusione dell´incontro dovranno essere comunicati in modo che gli invitati possano organizzare i loro impegni lavorativi. La sequenza con la quale verranno trattati gli argomenti sarà altrettanto importante: le questioni marginali dovranno essere considerate solo a fine riunione e i partecipanti saranno sollecitati a sollevare questioni aggiuntive soltanto una volta che i temi all´ordine del giorno saranno esauriti e si sarà ottenuto un reale avanzamento delle attività e dei progetti aziendali, rispettando le regole che permettano di muoversi meglio nel tempo.
Affinchè un incontro di lavoro risulti realmente produttivo e consenta di raggiungere gli obiettivi prefissati sarà necessario l´imporsi la considerazione di alcuni elementi basilari. Innanzitutto sarebbe opportuno lo spronare chiunque sia chiamato a partecipare al ragionamento per obiettivi, in modo che il comportamento dei presenti sia sempre e comunque volto al rispetto della programmazione e dei tempi previsti. La puntualità sarà un altro fattore indispensabile e dovrà essere richiesta con i modi consoni alla circostanza, ma in maniera imprescindibile. Il porsi in questi termini contribuirà al miglioramento dei comportamenti altrui e ridurrà il tempo delle attese inutili e stressanti. Una "strategia" per gestire i ritardatari cronici potrebbe essere quella di affidare ad alcuni di loro qualcosa che riguardi la preparazione dell´evento stesso. Ciò li costringerà ad arrivare addirittura prima degli altri. Il "prima" dovrà essere organizzato in modo sistematico: telefonate, e-mail, messaggi dovranno essere predisposti con il dovuto anticipo al fine di risultare mirati all´obiettivo e ottenere l´effetto coinvolgimento desiderato. Anche gli orari di inizio e la previsione precisa della conclusione dell´incontro dovranno essere comunicati in modo che gli invitati possano organizzare i loro impegni lavorativi. La sequenza con la quale verranno trattati gli argomenti sarà altrettanto importante: le questioni marginali dovranno essere considerate solo a fine riunione e i partecipanti saranno sollecitati a sollevare questioni aggiuntive soltanto una volta che i temi all´ordine del giorno saranno esauriti e si sarà ottenuto un reale avanzamento delle attività e dei progetti aziendali, rispettando le regole che permettano di muoversi meglio nel tempo.
Cosa
devo aspettarmi da un colloquio di lavoro con il responsabile di una
grande azienda? Quali sono le ultime "tendenze"? Fabio,
Varese.
Ultimamente non è difficile l´imbattersi in aziende le quali, per individuare il candidato ideale, si servono di una tecnica di selezione non particolarmente amata e semplice da affrontare: la cosiddetta stressed interview.
Il livello di stress della persona aspirante ad una certa posizione lavorativa verrà così sondato in "poche" mosse dal selezionatore, i cui atteggiamenti saranno percepiti per lo più come aggressivi e provocatori.
Le domande poste potrebbero non essere così diverse da quelle di un colloquio "tradizionale" (le "classiche" saranno, ad esempio: "quali sono i suoi punti di forza e di debolezza?", "perché si è candidato per la nostra azienda" e "mi parli del suo percorso lavorativo”), ma i "toni" e gli interventi del selezionatore potranno esser volti a creare un clima tutt´altro che amichevole e rilassato.
Perché adottare una simile strategia? Non si tratta certo di un atteggiamento volutamente scortese, bensì di un sistema piuttosto efficace finalizzato al testare le reazioni del candidato in situazioni ostili, quali potrebbero essere anche quelle connesse al nuovo ed ambito ruolo professionale.
Non a caso, ricerche recenti hanno evidenziato come una delle doti maggiormente apprezzate dalle aziende risulti proprio la flessibilità, ovvero il sapersi adattare con immediatezza a differenti contesti e situazioni, comprese quelle più "scomode" o le emergenze.
In generale, il sapersi destreggiare di fronte ad un selezionatore non compiacente o addirittura provocatorio darà prova di una buona capacità di problem solving (il saper fornire soluzioni efficaci a possibili problemi o imprevisti) e di una spiccata abilità comunicativa e di relazione.
Il "cercatore di lavoro" dovrà, inoltre, tener conto del fatto che sua la conoscenza dell´azienda e l´incastro positivo tra le proprie competenze e le caratteristiche della posizione vacante saranno ulteriori elementi chiave in relazione alla scelta finale.
Ultimamente non è difficile l´imbattersi in aziende le quali, per individuare il candidato ideale, si servono di una tecnica di selezione non particolarmente amata e semplice da affrontare: la cosiddetta stressed interview.
Il livello di stress della persona aspirante ad una certa posizione lavorativa verrà così sondato in "poche" mosse dal selezionatore, i cui atteggiamenti saranno percepiti per lo più come aggressivi e provocatori.
Le domande poste potrebbero non essere così diverse da quelle di un colloquio "tradizionale" (le "classiche" saranno, ad esempio: "quali sono i suoi punti di forza e di debolezza?", "perché si è candidato per la nostra azienda" e "mi parli del suo percorso lavorativo”), ma i "toni" e gli interventi del selezionatore potranno esser volti a creare un clima tutt´altro che amichevole e rilassato.
Perché adottare una simile strategia? Non si tratta certo di un atteggiamento volutamente scortese, bensì di un sistema piuttosto efficace finalizzato al testare le reazioni del candidato in situazioni ostili, quali potrebbero essere anche quelle connesse al nuovo ed ambito ruolo professionale.
Non a caso, ricerche recenti hanno evidenziato come una delle doti maggiormente apprezzate dalle aziende risulti proprio la flessibilità, ovvero il sapersi adattare con immediatezza a differenti contesti e situazioni, comprese quelle più "scomode" o le emergenze.
In generale, il sapersi destreggiare di fronte ad un selezionatore non compiacente o addirittura provocatorio darà prova di una buona capacità di problem solving (il saper fornire soluzioni efficaci a possibili problemi o imprevisti) e di una spiccata abilità comunicativa e di relazione.
Il "cercatore di lavoro" dovrà, inoltre, tener conto del fatto che sua la conoscenza dell´azienda e l´incastro positivo tra le proprie competenze e le caratteristiche della posizione vacante saranno ulteriori elementi chiave in relazione alla scelta finale.
Il
colloquio con il proprio capo può essere percepito come una
situazione stressante rispetto della quale non sempre si colgono gli
aspetti positivi. Tuttavia, una comunicazione efficace e un confronto
sincero saranno elementi essenziali qualora si miri ad una crescita
professionale e a una maggiore soddisfazione sul lavoro.
Il compito del capo dovrebbe essere soprattutto quello di definire i risultati per i collaboratori e di mettere in luce i punti di forza che possiedono, al fine di "combinare" in modo costruttivo le singole competenze con la funzione ricoperta. La motivazione e l´implementazione delle idee e delle capacità di un collaboratore dovrebbero essere temi centrali dell´incontro, al di là e al di sopra delle questioni legate alla routine aziendale.
Qualora le riunioni con il capo si diradino eccessivamente ci sarà il rischio di perdere alcuni dettagli essenziali. Al contrario, un modo per migliorare la performance di un collaboratore consisterà nel cogliere le sfumature del suo operato, il suo stile personalissimo, i suoi obiettivi e le sue specifiche esigenze di relazione e di riconoscimento.
L´ideale sarebbe l´incontrarsi almeno trimestralmente, pianificando la riunione con il capo in un momento conveniente per entrambi. Sarà importante, infatti, in non essere distratti da altri impegni, il non avere fretta e il non subire interruzioni.
Una buona preparazione all´incontro consisterà nello scrivere esattamente tutti i punti importanti di cui si desideri discutere, pensando ai risultati si confidi di raggiungere. Durante il colloquio, poi, sarà utile prendere appunti e porre quesiti quando le questioni trattate non risultino del tutto chiare.
I manager più lungimiranti, piuttosto che soffermarsi eccessivamente sul passato, saranno orientati a "quello che potrebbe essere" e, dunque, dedicheranno buona parte della riunione alla progettualità comune (cosa vuoi riuscire a fare prossimamente? In che modo intendi raggiungere l´obiettivo? Come posso sostenerti?).
Il compito del capo dovrebbe essere soprattutto quello di definire i risultati per i collaboratori e di mettere in luce i punti di forza che possiedono, al fine di "combinare" in modo costruttivo le singole competenze con la funzione ricoperta. La motivazione e l´implementazione delle idee e delle capacità di un collaboratore dovrebbero essere temi centrali dell´incontro, al di là e al di sopra delle questioni legate alla routine aziendale.
Qualora le riunioni con il capo si diradino eccessivamente ci sarà il rischio di perdere alcuni dettagli essenziali. Al contrario, un modo per migliorare la performance di un collaboratore consisterà nel cogliere le sfumature del suo operato, il suo stile personalissimo, i suoi obiettivi e le sue specifiche esigenze di relazione e di riconoscimento.
L´ideale sarebbe l´incontrarsi almeno trimestralmente, pianificando la riunione con il capo in un momento conveniente per entrambi. Sarà importante, infatti, in non essere distratti da altri impegni, il non avere fretta e il non subire interruzioni.
Una buona preparazione all´incontro consisterà nello scrivere esattamente tutti i punti importanti di cui si desideri discutere, pensando ai risultati si confidi di raggiungere. Durante il colloquio, poi, sarà utile prendere appunti e porre quesiti quando le questioni trattate non risultino del tutto chiare.
I manager più lungimiranti, piuttosto che soffermarsi eccessivamente sul passato, saranno orientati a "quello che potrebbe essere" e, dunque, dedicheranno buona parte della riunione alla progettualità comune (cosa vuoi riuscire a fare prossimamente? In che modo intendi raggiungere l´obiettivo? Come posso sostenerti?).
Accade
sempre più frequentemente che le società di ricerca e selezione del
personale tengano in considerazione la cosiddetta “web reputation”
dei candidati, anche su richiesta precisa delle aziende clienti.
Potrà,
dunque, succedere che, nel corso di una ricerca mirata, un
selezionatore si preoccupi di controllare il profilo di un potenziale
futuro collaboratore, ad esempio, su Facebook e, pur comprendendo
razionalmente che non tutte le informazioni pubblicate corrispondano
al vero, ne sia più o meno consapevolmente influenzato.
Il
candidato, di conseguenza, dovrà armarsi di una sempre maggiore
oculatezza nella “costruzione” della propria immagine virtuale,
soprattutto mediante un’attenta separazione tra la propria identità
professionale ed il ritratto privato che emergerà dai social.
Si
tratterà di considerare il web in termini di self marketing,
investendo in maniera strategica sulle modalità di utilizzo dello
stesso, dal momento che una “pagina” che parli di noi potrebbe
essere “letta” quale specchio del nostro modo di essere e di
rapportarci con l’esterno/con i clienti/ con il mondo del lavoro in
generale.
La
reputazione nel web è, spesso, il risultato di una sorta di
passaparola avente funzioni differenti: per alcuni soggetti nascerà,
ad esempio, dall’esigenza di condividere esperienze, anche negative
(il malessere per un licenziamento considerato ingiusto, per episodi
di favoritismo in ufficio, per un carico di lavoro eccessivo),
trasformandosi, talvolta, in un’arma a doppio taglio.
Potrebbe
essere sufficiente l’impiego di un “tono” ambiguo o il
lasciarsi andare ad un commento superficiale per essere fraintesi.
Soprattutto per “il cercatore di lavoro”, cautela e delicatezza
dovranno essere considerate quali parole d’ordine.
Spesso,
il candidarsi per un posto ambito può trasformarsi nel terreno di
una competizione tra soggetti con preparazione e abilità affini,
generando non difficilmente reazioni di concorrenti “agguerriti”,
pronti a sferrare giudizi lesivi al fine di “spostare”
l’attenzione del cliente/azienda su di sé.
La
riduzione della concentrazione nel lavoro o nello studio può portare
ad una esagerata perdita di tempo e al mancato raggiungimento degli
obiettivi prefissati. La concentrazione, infatti, è la capacità di
focalizzare i pensieri in una specifica direzione senza essere
distratti da altri stimoli.
Il non riuscire a canalizzarla al meglio o il dover convivere con l´ansia di non avere tempo a sufficienza per completare un compito assegnato può diventare estremamente frustrante e, a lungo andare, minare la produttività e l´autostima a livello professionale.
Succede sovente che il rendersi conto di un proprio dispendio eccessivo di tempo e di energie dedicate ad un´attività in particolare faccia "scattare" una sensazione di ansia legata al timore di non riuscire a rispettare le consegne. Dovremo, a questo punto, imparare a rilassarci procedendo per piccoli passi e rispettando tempistiche che ci consentano di rimanere concentrati. Gli studi dimostrano che il cervello umano è in grado di mantenere un alto livello di concentrazione per un tempo che va dai venti ai quaranta minuti, dopo di che la produttività diminuisce e per ripristinarla c´è bisogno di una pausa (quindici minuti circa). Possiamo, quindi, programmare delle sessioni brevi di lavoro, ottenendo più facilmente l´effetto di non distrarci e di mantenere il massimo dell´attenzione.
Quando ci si trovi a sostenere un tema considerato di scarso interesse sarà efficace il creare associazioni positive tra quello che si stia facendo e aspetti della propria vita rispetto ai quali l´argomento affrontato potrebbe rivelarsi utile (ad esempio, il tradurre un testo tecnico dall´inglese potrà consentirci di rispolverare una lingua straniera da sfruttare per la nostra prossima vacanza all´estero).
Anche l´ambiente di lavoro giocherà un ruolo essenziale nel facilitare il mantenimento della concentrazione: sarà importante l´eliminare tutte le fonti di distrazione (telefono, televisore, ecc) e il mantenere la scrivania libera da oggetti inutili, allestendo un contesto il più possibile ordinato, pulito e luminoso.
Il non riuscire a canalizzarla al meglio o il dover convivere con l´ansia di non avere tempo a sufficienza per completare un compito assegnato può diventare estremamente frustrante e, a lungo andare, minare la produttività e l´autostima a livello professionale.
Succede sovente che il rendersi conto di un proprio dispendio eccessivo di tempo e di energie dedicate ad un´attività in particolare faccia "scattare" una sensazione di ansia legata al timore di non riuscire a rispettare le consegne. Dovremo, a questo punto, imparare a rilassarci procedendo per piccoli passi e rispettando tempistiche che ci consentano di rimanere concentrati. Gli studi dimostrano che il cervello umano è in grado di mantenere un alto livello di concentrazione per un tempo che va dai venti ai quaranta minuti, dopo di che la produttività diminuisce e per ripristinarla c´è bisogno di una pausa (quindici minuti circa). Possiamo, quindi, programmare delle sessioni brevi di lavoro, ottenendo più facilmente l´effetto di non distrarci e di mantenere il massimo dell´attenzione.
Quando ci si trovi a sostenere un tema considerato di scarso interesse sarà efficace il creare associazioni positive tra quello che si stia facendo e aspetti della propria vita rispetto ai quali l´argomento affrontato potrebbe rivelarsi utile (ad esempio, il tradurre un testo tecnico dall´inglese potrà consentirci di rispolverare una lingua straniera da sfruttare per la nostra prossima vacanza all´estero).
Anche l´ambiente di lavoro giocherà un ruolo essenziale nel facilitare il mantenimento della concentrazione: sarà importante l´eliminare tutte le fonti di distrazione (telefono, televisore, ecc) e il mantenere la scrivania libera da oggetti inutili, allestendo un contesto il più possibile ordinato, pulito e luminoso.
Ho
un rapporto altalenante con il mio capo e colleghi che non mi
facilitano la vita. Come muovermi? Carlo, Lucca.
Anche nel caso in cui si siano verificati alcuni episodi spiacevoli, di contrasto con il proprio superiore, un atteggiamento produttivo sarà quello di non focalizzarsi sulle specifiche situazioni, ma di osservare il proprio rapporto sul lungo periodo e in prospettiva delle evoluzioni possibili.
Con alcuni dei propri referenti si riusciranno, indubbiamente, ad instaurare rapporti migliori che con altri: dipenderà dal tipo di personalità coinvolte e dai compiti/progetti in riferimento ai quali ci si troverà a collaborare. Alcuni avranno una maggiore propensione a cogliere i nostri punti di forza e le nostre qualità, altri sembrerà tendano ad enfatizzare solamente i nostri difetti.
In entrambi i casi, il rimanere concentrati sugli obiettivi da raggiungere, il darsi dei tempi da rispettare e il saper seguire un metodo di lavoro rigoroso, pagherà in termini di soddisfazione personale e di miglioramento della relazione. La fiducia in se stessi sarà il primo requisito per conquistare la fiducia del superiore e per dimostrare le proprie competenze.
L’essere sul posto di lavoro prima dell’arrivo del capo, il sottoporgli le proprie richieste con il dovuto anticipo, il saper gestire l’imprevisto con e senza di lui saranno comportamenti apprezzati, da “utilizzarsi” quale base per incentivare la possibilità di crescita.
Anche qualora si costruisca un rapporto non strettamente formale con il proprio superiore sarà importante il saper mantenere spazi privati, evitando, ad esempio, di chiedere l’amicizia su Facebook. Esistono social network meno “coinvolgenti” che consentono di seguire una persona unicamente sul piano del suo profilo professionale e sarà su questi ultimi che dovrà ricadere la scelta.
La lealtà e la schiettezza restano sempre e comunque armi vincenti, soprattutto se ci si scontri ogni giorno con ambienti mutevoli dove invidie e sgarbi più o meno celati rischino di compromettere il nostro percorso lavorativo e la nostra stessa immagine.
Anche nel caso in cui si siano verificati alcuni episodi spiacevoli, di contrasto con il proprio superiore, un atteggiamento produttivo sarà quello di non focalizzarsi sulle specifiche situazioni, ma di osservare il proprio rapporto sul lungo periodo e in prospettiva delle evoluzioni possibili.
Con alcuni dei propri referenti si riusciranno, indubbiamente, ad instaurare rapporti migliori che con altri: dipenderà dal tipo di personalità coinvolte e dai compiti/progetti in riferimento ai quali ci si troverà a collaborare. Alcuni avranno una maggiore propensione a cogliere i nostri punti di forza e le nostre qualità, altri sembrerà tendano ad enfatizzare solamente i nostri difetti.
In entrambi i casi, il rimanere concentrati sugli obiettivi da raggiungere, il darsi dei tempi da rispettare e il saper seguire un metodo di lavoro rigoroso, pagherà in termini di soddisfazione personale e di miglioramento della relazione. La fiducia in se stessi sarà il primo requisito per conquistare la fiducia del superiore e per dimostrare le proprie competenze.
L’essere sul posto di lavoro prima dell’arrivo del capo, il sottoporgli le proprie richieste con il dovuto anticipo, il saper gestire l’imprevisto con e senza di lui saranno comportamenti apprezzati, da “utilizzarsi” quale base per incentivare la possibilità di crescita.
Anche qualora si costruisca un rapporto non strettamente formale con il proprio superiore sarà importante il saper mantenere spazi privati, evitando, ad esempio, di chiedere l’amicizia su Facebook. Esistono social network meno “coinvolgenti” che consentono di seguire una persona unicamente sul piano del suo profilo professionale e sarà su questi ultimi che dovrà ricadere la scelta.
La lealtà e la schiettezza restano sempre e comunque armi vincenti, soprattutto se ci si scontri ogni giorno con ambienti mutevoli dove invidie e sgarbi più o meno celati rischino di compromettere il nostro percorso lavorativo e la nostra stessa immagine.
Il
numero di lavoratori connessi alla rete aziendale durante il periodo
delle ferie estive è sicuramente in aumento e ciò implica la
necessità di poter disporre, anche in vacanza, di una serie di
strumenti efficienti e veloci che consentano una comunicazione
immediata e garantiscano risultati ottimali in termini di pratiche da
sbrigare e di tempi da rispettare.
Non tutti, infatti, considerano anomala l’accoppiata ferie e lavoro, a patto che comporti un’equilibrata alternanza tra sessioni prettamente professionali al computer o in collegamento skype con l’azienda e momenti di meritato relax con la famiglia o con gli amici.
Lo smartphone e il tablet sono dispositivi talmente comodi da trasportare che il metterli in borsa, anche con la prospettiva di un’escursione o di un bagno in mare, non costa nulla e per chi sia abituato a gestirsi il lavoro in modo autonomo e indipendente dal contesto d’ufficio, risulteranno praticabilissimi anche nel posto di villeggiatura.
L’ideale sarà, in ogni caso, il riuscire a gestirsi il tempo nella maniera più proficua possibile, utilizzando, da un lato, la vacanza per ricaricarsi e fare il pieno di motivazione, dall’altro, sfruttandola per colmare i gap che si sono accumulati durante l’anno di lavoro, ad esempio, aggiornandosi o portando a termine le cose che si siano lasciate in sospeso.
I viaggi e lo sport aiutano ad aprire la mente e ad affrontare un compito o un progetto in modo più appassionato e meno convenzionale, organizzando al meglio le priorità e risparmiando energie.
Tuttavia, il lavoro e gli obiettivi professionali non dovrebbero mai arrivare a trasformarsi in un’ossessione, in quanto un atteggiamento eccessivo rischierà addirittura di danneggiare un proprio progetto o i rapporti con il team di colleghi. In vacanza, piuttosto, il rimanere attivi, magari attraverso piacevoli conversazioni informali con persone provenienti da ambienti diversi dal proprio, potrà rappresentare un’utile linfa dalla quale attingere per incrementare creatività ed efficacia sul lavoro.
Non tutti, infatti, considerano anomala l’accoppiata ferie e lavoro, a patto che comporti un’equilibrata alternanza tra sessioni prettamente professionali al computer o in collegamento skype con l’azienda e momenti di meritato relax con la famiglia o con gli amici.
Lo smartphone e il tablet sono dispositivi talmente comodi da trasportare che il metterli in borsa, anche con la prospettiva di un’escursione o di un bagno in mare, non costa nulla e per chi sia abituato a gestirsi il lavoro in modo autonomo e indipendente dal contesto d’ufficio, risulteranno praticabilissimi anche nel posto di villeggiatura.
L’ideale sarà, in ogni caso, il riuscire a gestirsi il tempo nella maniera più proficua possibile, utilizzando, da un lato, la vacanza per ricaricarsi e fare il pieno di motivazione, dall’altro, sfruttandola per colmare i gap che si sono accumulati durante l’anno di lavoro, ad esempio, aggiornandosi o portando a termine le cose che si siano lasciate in sospeso.
I viaggi e lo sport aiutano ad aprire la mente e ad affrontare un compito o un progetto in modo più appassionato e meno convenzionale, organizzando al meglio le priorità e risparmiando energie.
Tuttavia, il lavoro e gli obiettivi professionali non dovrebbero mai arrivare a trasformarsi in un’ossessione, in quanto un atteggiamento eccessivo rischierà addirittura di danneggiare un proprio progetto o i rapporti con il team di colleghi. In vacanza, piuttosto, il rimanere attivi, magari attraverso piacevoli conversazioni informali con persone provenienti da ambienti diversi dal proprio, potrà rappresentare un’utile linfa dalla quale attingere per incrementare creatività ed efficacia sul lavoro.
Sono
una madre disoccupata. "Inventarmi" un lavoro a domicilio
può essere un´alternativa valida alla classica ricerca? Anna,
Parma.
In rete è possibile reperire migliaia di proposte di lavoro che prospettano un´occupazione da svolgere a casa, tuttavia bisognerà innanzitutto chiedersi quanto le stesse siano affidabili e descrivano situazioni veritiere e proficue.
Al di li là di mestieri improvvisati e improbabili o degli ormai noti sistemi piramidali che si nutrono dell´ingresso di nuovi "membri", esistono lavori seri e continuativi svolti a domicilio i quali richiederanno, però, tempo e passione, nonché una fitta rete di relazioni.
In primo luogo, sarà necessario sfatare il mito del lavoro privo di obblighi e di impegni programmati. Le regole nei confronti del cliente, la serietà rispetto alle scadenze e la tenacia nel tenere testa alla concorrenza saranno requisiti indispensabili.
Il considerare una nicchia di mercato che abbia a che fare con una nostra passione, un hobby, un interesse culturale potrebbe rappresentare un ottimo punto di partenza, soprattutto considerando il fatto che i contatti, online e offline, in tale settore saranno probabilmente numerosi.
Non dovremo farci scoraggiare dalla presenza di altri competitori sul mercato, bensì concentrarci sui vantaggi che potremmo offrire a chi si rivolga a noi per comprare in termini di qualità dei prodotti o dei servizi e di tempestività nelle consegne.
Tra i vantaggi maggiori del lavorare da casa non si può evitare di menzionare la flessibilità garantita dal non dover sottostare a orari prestabiliti. Ciò sfocerà facilmente nel poter disporre di tempo prezioso da gestire in modo salutare e privo di stress.
Inoltre, il lavorare in un ambiente privo di "distrazioni sociali" potrebbe avere, per molti, risvolti positivi in termini di aumento della produttività.
Infine, anche i costi di avviamento e di gestione del lavoro potranno essere fortemente ridotti rispetto ad un´attività in proprio che richieda un contesto fisico opportunamente allestito.
In rete è possibile reperire migliaia di proposte di lavoro che prospettano un´occupazione da svolgere a casa, tuttavia bisognerà innanzitutto chiedersi quanto le stesse siano affidabili e descrivano situazioni veritiere e proficue.
Al di li là di mestieri improvvisati e improbabili o degli ormai noti sistemi piramidali che si nutrono dell´ingresso di nuovi "membri", esistono lavori seri e continuativi svolti a domicilio i quali richiederanno, però, tempo e passione, nonché una fitta rete di relazioni.
In primo luogo, sarà necessario sfatare il mito del lavoro privo di obblighi e di impegni programmati. Le regole nei confronti del cliente, la serietà rispetto alle scadenze e la tenacia nel tenere testa alla concorrenza saranno requisiti indispensabili.
Il considerare una nicchia di mercato che abbia a che fare con una nostra passione, un hobby, un interesse culturale potrebbe rappresentare un ottimo punto di partenza, soprattutto considerando il fatto che i contatti, online e offline, in tale settore saranno probabilmente numerosi.
Non dovremo farci scoraggiare dalla presenza di altri competitori sul mercato, bensì concentrarci sui vantaggi che potremmo offrire a chi si rivolga a noi per comprare in termini di qualità dei prodotti o dei servizi e di tempestività nelle consegne.
Tra i vantaggi maggiori del lavorare da casa non si può evitare di menzionare la flessibilità garantita dal non dover sottostare a orari prestabiliti. Ciò sfocerà facilmente nel poter disporre di tempo prezioso da gestire in modo salutare e privo di stress.
Inoltre, il lavorare in un ambiente privo di "distrazioni sociali" potrebbe avere, per molti, risvolti positivi in termini di aumento della produttività.
Infine, anche i costi di avviamento e di gestione del lavoro potranno essere fortemente ridotti rispetto ad un´attività in proprio che richieda un contesto fisico opportunamente allestito.
L´esercitarsi
nello spiegare chi siamo in pochi minuti è un ottimo esercizio per
affrontare in maniera più motivata ed efficace un colloquio di
lavoro.
Un buon punto di partenza sarà il costruire una scenografia azzeccata in grado, cioè, di esprimere correttamente il nostro punto di vista sul bagaglio personale e professionale che andremo a "proporre" (chi siamo e cosa realmente sappiamo fare).
Il modo in cui abbiamo vissuto un´esperienza lavorativa o in cui abbiamo saputo affrontare e risolvere un problema saranno percepiti in maniera diversa in base all´intonazione che useremo nel racconto, all´entusiasmo che trasparirà dal nostro "non verbale", alle parole che sceglieremo per descrivere quanto vissuto.
Sarà importante l´avere il più possibile chiaro il punto di vista del nostro interlocutore e, dunque, l´utilizzare a proposito riferimenti tecnici e culturali che gli siano confacenti o familiari. Il tipo di linguaggio avrà un peso in termini di empatia e/o di facilità di comunicazione. I vocaboli o le espressioni impiegate per farci conoscere potranno essere, quindi, sensibilmente diverse se destinate ad un colloquio con un cacciatore di teste, con l´amministratore delegato di una piccola società o di una grande azienda o a un´auto presentazione su Linkedin. Il calibrare ciò che andrà detto, di volta in volta, ci renderà maggiormente credibili e motivati agli occhi di chi sia deputato alla scelta del candidato ideale.
Inoltre, andrà tenuto presente il fatto che una narrazione efficace dovrà portare allo scoperto non solamente le nostre idee e le nostre competenze, ma anche le passioni e le ambizioni, andando a colpire le sfere razionale ed emotiva di chi ci ascolti, al contempo.
Se poi verrà richiesto di entrare maggiormente nel dettaglio, andrà ricordato che un racconto corredato di vittorie, ma anche di insuccessi (sui quali si siano fatte le debite riflessioni e da cui si siano tratti insegnamenti preziosi) ci renderà, di fronte al selezionatore, autentici, consapevoli e coerenti.
Un buon punto di partenza sarà il costruire una scenografia azzeccata in grado, cioè, di esprimere correttamente il nostro punto di vista sul bagaglio personale e professionale che andremo a "proporre" (chi siamo e cosa realmente sappiamo fare).
Il modo in cui abbiamo vissuto un´esperienza lavorativa o in cui abbiamo saputo affrontare e risolvere un problema saranno percepiti in maniera diversa in base all´intonazione che useremo nel racconto, all´entusiasmo che trasparirà dal nostro "non verbale", alle parole che sceglieremo per descrivere quanto vissuto.
Sarà importante l´avere il più possibile chiaro il punto di vista del nostro interlocutore e, dunque, l´utilizzare a proposito riferimenti tecnici e culturali che gli siano confacenti o familiari. Il tipo di linguaggio avrà un peso in termini di empatia e/o di facilità di comunicazione. I vocaboli o le espressioni impiegate per farci conoscere potranno essere, quindi, sensibilmente diverse se destinate ad un colloquio con un cacciatore di teste, con l´amministratore delegato di una piccola società o di una grande azienda o a un´auto presentazione su Linkedin. Il calibrare ciò che andrà detto, di volta in volta, ci renderà maggiormente credibili e motivati agli occhi di chi sia deputato alla scelta del candidato ideale.
Inoltre, andrà tenuto presente il fatto che una narrazione efficace dovrà portare allo scoperto non solamente le nostre idee e le nostre competenze, ma anche le passioni e le ambizioni, andando a colpire le sfere razionale ed emotiva di chi ci ascolti, al contempo.
Se poi verrà richiesto di entrare maggiormente nel dettaglio, andrà ricordato che un racconto corredato di vittorie, ma anche di insuccessi (sui quali si siano fatte le debite riflessioni e da cui si siano tratti insegnamenti preziosi) ci renderà, di fronte al selezionatore, autentici, consapevoli e coerenti.
Quale
strada seguire per diventare promoter nel settore turistico? Serena,
Milano
Un prerequisito fondamentale sarà quello di possedere almeno un diploma di scuola superiore, (meglio se di un istituto tecnico per il turismo) che abbia posto le basi per affrontare la professione in questione.
Tuttavia, esistono corsi di specializzazione che consentiranno, anche a chi abbia frequentato scuole non attinenti al settore, di ottenere i prerequisiti necessari per operare al suo interno.
Il curriculum vitae, correttamente redatto, andrà inviato ai principali tour operator di zona. Sarà importante il verificare che il proprio portfolio risponda alle esigenze delle aziende di riferimento, ad esempio, accertandosi che sia completo, in formato europeo e che ponga in evidenza le esperienze nell´ambito turistico, anche di breve durata.
Un elemento a favore dei candidati sarà la conoscenza e la padronanza almeno della lingua inglese e il possesso dei rudimenti di eventuali seconde lingue.
Qualora l´autocandidatura non conduca, nel breve periodo, ad un feedback positivo, sarà necessario parallelamente procedere con la ricerca di annunci mirati, ai quali si dovrà rispondere cogliendo i bisogni essenziali delle aziende richiedenti (mediante una lettera di presentazione costruita ad hoc).
I colloqui conoscitivi e le possibili "prove pratiche" alle quali si sarà successivamente sottoposti saranno parte integrante dell´iter di selezione. In questo settore, infatti, oltre alle ovvie competenze tecniche, saranno indispensabili doti relazionali spiccate e una grande capacità organizzativa e di programmazione. Tali competenze trasversali potranno essere testate tramite colloqui di gruppo e sessioni caratterizzate da simulazioni atte a riprodurre circostanze lavorative il più possibile vicine alla realtà.
Una volta superate le tappe della selezione sarà probabile l´essere coinvolti in percorsi formativi aziendali finalizzati a perfezionare le conoscenze e a consentire una migliore integrazione nello specifico ambiente professionale.
Un prerequisito fondamentale sarà quello di possedere almeno un diploma di scuola superiore, (meglio se di un istituto tecnico per il turismo) che abbia posto le basi per affrontare la professione in questione.
Tuttavia, esistono corsi di specializzazione che consentiranno, anche a chi abbia frequentato scuole non attinenti al settore, di ottenere i prerequisiti necessari per operare al suo interno.
Il curriculum vitae, correttamente redatto, andrà inviato ai principali tour operator di zona. Sarà importante il verificare che il proprio portfolio risponda alle esigenze delle aziende di riferimento, ad esempio, accertandosi che sia completo, in formato europeo e che ponga in evidenza le esperienze nell´ambito turistico, anche di breve durata.
Un elemento a favore dei candidati sarà la conoscenza e la padronanza almeno della lingua inglese e il possesso dei rudimenti di eventuali seconde lingue.
Qualora l´autocandidatura non conduca, nel breve periodo, ad un feedback positivo, sarà necessario parallelamente procedere con la ricerca di annunci mirati, ai quali si dovrà rispondere cogliendo i bisogni essenziali delle aziende richiedenti (mediante una lettera di presentazione costruita ad hoc).
I colloqui conoscitivi e le possibili "prove pratiche" alle quali si sarà successivamente sottoposti saranno parte integrante dell´iter di selezione. In questo settore, infatti, oltre alle ovvie competenze tecniche, saranno indispensabili doti relazionali spiccate e una grande capacità organizzativa e di programmazione. Tali competenze trasversali potranno essere testate tramite colloqui di gruppo e sessioni caratterizzate da simulazioni atte a riprodurre circostanze lavorative il più possibile vicine alla realtà.
Una volta superate le tappe della selezione sarà probabile l´essere coinvolti in percorsi formativi aziendali finalizzati a perfezionare le conoscenze e a consentire una migliore integrazione nello specifico ambiente professionale.
Vorrei
proporre telefonicamente il mio profilo ad alcune aziende di zona,
alle quali sono fortemente interessata. Come fare? Paola, Modena.
Il rivolgersi ad un´azienda attraverso una telefonata può essere finalizzato a scopi diversi: il rispondere ad un´inserzione, l´ottenere informazioni relative alla modalità di consegna del proprio curriculum vitae, l´autocandidarsi o il voler ricevere indicazioni su eventuali posizioni aperte.
Sarà indispensabile, prima di comporre in numero di telefono, l´accertarsi del possesso di alcuni dati chiave quali, ad esempio, il nome dell´ufficio e/o della persona con la quale si desideri parlare.
Naturalmente, dal momento che potrebbero essere poste al candidato specifiche domande, dovremo preparare una breve auto presentazione che sintetizzi efficacemente le competenze tecniche e le qualità trasversali possedute, nonché i punti di contatto tra il proprio profilo professionale e le caratteristiche del ruolo vacante.
Il primo approccio, probabilmente, lo si avrà con i cosiddetti "filtri", persone quali segretari o centralinisti con cui ci si dovrà rapportare fornendo motivazioni chiare che, possibilmente, non diano adito a domande.
Il contatto telefonico con il referente di interesse, invece, dovrà essere assolutamente focalizzato sugli obiettivi strategici di chi cerchi lavoro: il presentarsi efficacemente e l´ottenere informazioni più dettagliate sull´azienda e sulla posizione aperta.
Le notizie precedentemente ricercate potranno supportarci nel formulare domande pertinenti o nel controbattere, nel corso del colloquio.
Il ritmo della telefonata dovrà essere brillante e dovremo saper controllare la velocità dell´eloquio, mai eccessiva. Le parole andranno ben scandite e il tono di voce andrà ridotto e mantenuto garbato (ci si potrà aiutare abbassando leggermente il mento verso in busto).
Nel caso di un confronto positivo dovremo farci illustrare con precisione le procedure da seguire per una candidatura "ufficiale" e le modalità di ottenimento di un "vero" colloquio di selezione.
Il rivolgersi ad un´azienda attraverso una telefonata può essere finalizzato a scopi diversi: il rispondere ad un´inserzione, l´ottenere informazioni relative alla modalità di consegna del proprio curriculum vitae, l´autocandidarsi o il voler ricevere indicazioni su eventuali posizioni aperte.
Sarà indispensabile, prima di comporre in numero di telefono, l´accertarsi del possesso di alcuni dati chiave quali, ad esempio, il nome dell´ufficio e/o della persona con la quale si desideri parlare.
Naturalmente, dal momento che potrebbero essere poste al candidato specifiche domande, dovremo preparare una breve auto presentazione che sintetizzi efficacemente le competenze tecniche e le qualità trasversali possedute, nonché i punti di contatto tra il proprio profilo professionale e le caratteristiche del ruolo vacante.
Il primo approccio, probabilmente, lo si avrà con i cosiddetti "filtri", persone quali segretari o centralinisti con cui ci si dovrà rapportare fornendo motivazioni chiare che, possibilmente, non diano adito a domande.
Il contatto telefonico con il referente di interesse, invece, dovrà essere assolutamente focalizzato sugli obiettivi strategici di chi cerchi lavoro: il presentarsi efficacemente e l´ottenere informazioni più dettagliate sull´azienda e sulla posizione aperta.
Le notizie precedentemente ricercate potranno supportarci nel formulare domande pertinenti o nel controbattere, nel corso del colloquio.
Il ritmo della telefonata dovrà essere brillante e dovremo saper controllare la velocità dell´eloquio, mai eccessiva. Le parole andranno ben scandite e il tono di voce andrà ridotto e mantenuto garbato (ci si potrà aiutare abbassando leggermente il mento verso in busto).
Nel caso di un confronto positivo dovremo farci illustrare con precisione le procedure da seguire per una candidatura "ufficiale" e le modalità di ottenimento di un "vero" colloquio di selezione.
Se,
da un lato, il comunicare mediante internet è diventato maggiormente
semplice e immediato, dall´altro, la differenziazione di contenuti
trasmessi e la loro enorme quantità determinano l´importanza di
applicare regole precise.
Lo stile comunicativo che caratterizza il web è, in generale, veloce ed intuitivo e necessita di un linguaggio fluido e coerente per risultare efficace. Di conseguenza, le immagini ne costituiscono un elemento fondamentale, al fine di catturare l´attenzione del visitatore il quale, immerso in una miriade di informazioni, diventa via via più selettivo.
Da parte di chi navighi su internet, infatti, vi è l´esigenza di comprendere rapidamente di cosa tratti la pagina su cui sia capitato, discriminando in pochi istanti la qualità dei dati in essa contenuti.
Le immagini sono uno strumento potentissimo per supportare un messaggio che si desideri trasmettere e per rendere unica e facilmente identificabile la fonte della comunicazione.
Chiunque, ad esempio, svolga un´attività in proprio potrà servirsi del web per ottenere visibilità in maniera semplice ed economica. Un sito potrà essere paragonato ad una vetrina ben allestita dalla quale poter scegliere un prodotto o attingere ad un´idea.
Dal momento che l´utente sarà, in un simile contesto, sempre più attivo e partecipe, l´attenzione al dettaglio diverrà fondamentale.
Un ragionamento analogo si potrà applicare alle candidature "virtuali". Per trovare lavoro utilizzando il cosiddetto video curriculum diventerà indispensabile "arricchirlo" di elementi di natura emotiva, in grado di trasmettere un´immagine autentica e originale.
Un video non eccessivamente lungo (tre minuti sono l´ideale), suddiviso in sezioni precise (obiettivi, descrizione degli studi e delle esperienze di lavoro, chiusura rappresentativa della propria "unicità" e motivazione) e, soprattutto, dinamico (ad esempio con un´inquadratura che si modifichi, allargandosi quando si parli di esperienze professionali e ristringendosi nel momento in cui si tocchino emozioni e personalità) risulterà più coinvolgente ed efficace.
Lo stile comunicativo che caratterizza il web è, in generale, veloce ed intuitivo e necessita di un linguaggio fluido e coerente per risultare efficace. Di conseguenza, le immagini ne costituiscono un elemento fondamentale, al fine di catturare l´attenzione del visitatore il quale, immerso in una miriade di informazioni, diventa via via più selettivo.
Da parte di chi navighi su internet, infatti, vi è l´esigenza di comprendere rapidamente di cosa tratti la pagina su cui sia capitato, discriminando in pochi istanti la qualità dei dati in essa contenuti.
Le immagini sono uno strumento potentissimo per supportare un messaggio che si desideri trasmettere e per rendere unica e facilmente identificabile la fonte della comunicazione.
Chiunque, ad esempio, svolga un´attività in proprio potrà servirsi del web per ottenere visibilità in maniera semplice ed economica. Un sito potrà essere paragonato ad una vetrina ben allestita dalla quale poter scegliere un prodotto o attingere ad un´idea.
Dal momento che l´utente sarà, in un simile contesto, sempre più attivo e partecipe, l´attenzione al dettaglio diverrà fondamentale.
Un ragionamento analogo si potrà applicare alle candidature "virtuali". Per trovare lavoro utilizzando il cosiddetto video curriculum diventerà indispensabile "arricchirlo" di elementi di natura emotiva, in grado di trasmettere un´immagine autentica e originale.
Un video non eccessivamente lungo (tre minuti sono l´ideale), suddiviso in sezioni precise (obiettivi, descrizione degli studi e delle esperienze di lavoro, chiusura rappresentativa della propria "unicità" e motivazione) e, soprattutto, dinamico (ad esempio con un´inquadratura che si modifichi, allargandosi quando si parli di esperienze professionali e ristringendosi nel momento in cui si tocchino emozioni e personalità) risulterà più coinvolgente ed efficace.
Sono
laureata in tecnica pubblicitaria e vorrei comprendere quali siano le
competenze richieste ad un media planner. Cristina, Varese.
Indipendentemente dal titolo di studio, una simile posizione richiederà un minimo di esperienza professionale. Sarà apprezzato l´aver acquisito competenze pratiche mediante percorsi formativi in azienda o stage durante i quali si siano realizzati progetti inerenti il proprio ambito di specializzazione.
Il media planner è il tecnico pubblicitario il cui ruolo fondamentale consisterà nella progettazione di una "strategia di comunicazione" studiata per un´azienda che desideri veicolare i propri messaggi promozionali in modo efficace e mirato, utilizzando al meglio il proprio budget.
Saranno, dunque, di competenza di tale professionista le analisi inerenti le caratteristiche dei differenti mezzi pubblicitari (anche in termini di incisività sul piano comunicativo), nonché del mercato di riferimento al quale si decida di rivolgersi, soprattutto in funzione del prodotto/servizio e del messaggio da trasmettere.
Gli spazi pubblicitari destinati ai diversi mezzi di comunicazione (carta stampata, radio, cinema, web, ecc.) saranno, infatti, pianificati sulla base delle suddette variabili, valutando, al contempo, gli investimenti necessari e le strategie di marketing adottate dalla concorrenza.
Il documento denominato comunemente media plan, conseguente alle valutazioni e alle ricerche effettuate, dovrà riportare, oltre alle variabili economiche, le tempistiche inerenti la campagna pubblicitaria e i motivi della scelta di specifici mezzi di comunicazione.
A progetto approvato, il media planner si occuperà di verificare la rispondenza tra i risultati dell´attività promozionale e le ipotesi iniziali.
Oltre alla "dimestichezza" con le tecnologie informatiche e la lingua inglese, risulteranno indispensabili per ricoprire una tale posizione conoscenze relative al sistema pubblicitario, alle dinamiche di mercato, alla statistica, al web marketing e alla psicologia dei consumi.
Indipendentemente dal titolo di studio, una simile posizione richiederà un minimo di esperienza professionale. Sarà apprezzato l´aver acquisito competenze pratiche mediante percorsi formativi in azienda o stage durante i quali si siano realizzati progetti inerenti il proprio ambito di specializzazione.
Il media planner è il tecnico pubblicitario il cui ruolo fondamentale consisterà nella progettazione di una "strategia di comunicazione" studiata per un´azienda che desideri veicolare i propri messaggi promozionali in modo efficace e mirato, utilizzando al meglio il proprio budget.
Saranno, dunque, di competenza di tale professionista le analisi inerenti le caratteristiche dei differenti mezzi pubblicitari (anche in termini di incisività sul piano comunicativo), nonché del mercato di riferimento al quale si decida di rivolgersi, soprattutto in funzione del prodotto/servizio e del messaggio da trasmettere.
Gli spazi pubblicitari destinati ai diversi mezzi di comunicazione (carta stampata, radio, cinema, web, ecc.) saranno, infatti, pianificati sulla base delle suddette variabili, valutando, al contempo, gli investimenti necessari e le strategie di marketing adottate dalla concorrenza.
Il documento denominato comunemente media plan, conseguente alle valutazioni e alle ricerche effettuate, dovrà riportare, oltre alle variabili economiche, le tempistiche inerenti la campagna pubblicitaria e i motivi della scelta di specifici mezzi di comunicazione.
A progetto approvato, il media planner si occuperà di verificare la rispondenza tra i risultati dell´attività promozionale e le ipotesi iniziali.
Oltre alla "dimestichezza" con le tecnologie informatiche e la lingua inglese, risulteranno indispensabili per ricoprire una tale posizione conoscenze relative al sistema pubblicitario, alle dinamiche di mercato, alla statistica, al web marketing e alla psicologia dei consumi.
Quali
sono le caratteristiche necessarie per il ruolo di strategic planner
in azienda? Antonio, Padova.
Al fine di aumentare la notorietà e il successo di un’azienda non sono sufficienti una buona dose di intuito e un forte spirito di iniziativa. Al contrario, chi pianifichi le azioni di comunicazione di una particolare marca dovrà possedere conoscenze tecniche e un vero e proprio metodo progettuale per garantire la visibilità necessaria sul mercato.
Lo strategic planner si può definire un consulente in pianificazione strategica. Si tratta di una figura professionale “relativamente recente” (nasce negli anni sessanta in Gran Bretagna) inserita nel settore della pubblicità e della comunicazione.
Basi formative essenziali per diventare strategic planner sono, ad esempio, un Master in Marketing e Comunicazione d’impresa, un Master in Copywriting o in Strategic Brand Management.
Il suo ruolo è prevalentemente quello di ideare soluzioni creative, creando spunti che possano sostenere il lavoro di chi sia deputato alla promozione dell’immagine di un marchio/servizio/prodotto e che siano in grado di adattarsi in modo flessibile a eventuali problemi ed imprevisti. In tal modo, il suo operato potrà facilitare il raggiungimento degli obiettivi di marketing relativi allo specifico brand.
Un altro modo per definire tale figura professionale è “progettista della pubblicità”: lo strategic planner dovrà, dunque, conoscere perfettamente non solo i mercati, ma anche le modalità di comportamento dei differenti tipi di consumatori e i loro particolari bisogni, senza trascurare le mode del momento e le variazioni che esse subiscono in funzione di contesti eterogenei o delle tipologie di target.
Lo strategic planner dovrà essere costantemente “informato sui fatti”, facendo riferimento a svariate fonti quali dati di attualità e di cronaca, dati sociologici e demografici e dati provenienti dal contesto più generico della comunicazione commerciale.
Al fine di aumentare la notorietà e il successo di un’azienda non sono sufficienti una buona dose di intuito e un forte spirito di iniziativa. Al contrario, chi pianifichi le azioni di comunicazione di una particolare marca dovrà possedere conoscenze tecniche e un vero e proprio metodo progettuale per garantire la visibilità necessaria sul mercato.
Lo strategic planner si può definire un consulente in pianificazione strategica. Si tratta di una figura professionale “relativamente recente” (nasce negli anni sessanta in Gran Bretagna) inserita nel settore della pubblicità e della comunicazione.
Basi formative essenziali per diventare strategic planner sono, ad esempio, un Master in Marketing e Comunicazione d’impresa, un Master in Copywriting o in Strategic Brand Management.
Il suo ruolo è prevalentemente quello di ideare soluzioni creative, creando spunti che possano sostenere il lavoro di chi sia deputato alla promozione dell’immagine di un marchio/servizio/prodotto e che siano in grado di adattarsi in modo flessibile a eventuali problemi ed imprevisti. In tal modo, il suo operato potrà facilitare il raggiungimento degli obiettivi di marketing relativi allo specifico brand.
Un altro modo per definire tale figura professionale è “progettista della pubblicità”: lo strategic planner dovrà, dunque, conoscere perfettamente non solo i mercati, ma anche le modalità di comportamento dei differenti tipi di consumatori e i loro particolari bisogni, senza trascurare le mode del momento e le variazioni che esse subiscono in funzione di contesti eterogenei o delle tipologie di target.
Lo strategic planner dovrà essere costantemente “informato sui fatti”, facendo riferimento a svariate fonti quali dati di attualità e di cronaca, dati sociologici e demografici e dati provenienti dal contesto più generico della comunicazione commerciale.
Dovrò
sostenere un intervista per conto dell´azienda nella quale lavoro e
vorrei prepararmi al meglio. Esistono alcuni "trucchi del
mestiere"?
La preparazione "su di sé" sarà essenziale, soprattutto mettendo in conto domande inerenti le modalità mediante le quali si sia fatta carriera in azienda o i valori in cui sia necessario rispecchiarsi per ricoprire un determinato ruolo.
Una strategia efficace si rivelerà il provare ad anticipare le domande che potrebbero essere poste, annotandole e allenandosi a rispondere al fine di acquisire via via maggiore sicurezza. In tal modo, anche i quesiti meno prevedibili saranno gestiti con flessibilità, attraverso un processo di adattamento al proprio interlocutore.
L´essere concisi, generalmente, paga. Dovremo, quindi, imparare a distinguere cosa valga davvero la pena dire e cosa, al contrario, possa essere omesso. Se l´intervista non prevede una diretta saranno i giornalisti a "controllare" la situazione, dovendo, spesso, far fronte a scadenze strette. Di conseguenza, sarà utile l´esercitarsi a mantenere le proprie risposte al di sotto dei trenta secondi, anche grazie a un cronometro che, in fase di preparazione, aiuterà ad abituarsi a fornire risposte brevi.
Inoltre, ci si dovrebbe informare per tempo sul tipo di pubblico che assisterà all´intervista. Così facendo, potremo modulare il tipo di linguaggio (più o meno tecnico) e porre l´accento su sfumature differenti in base all´argomento trattato.
L´ascolto attento faciliterà il raggiungimento di un obiettivo chiave: il rispondere realmente alla domanda che ci verrà posta. Si dovrebbe, infatti, riuscire ad essere così abili e preparati da non eludere l´interrogativo del giornalista inserendo, al contempo, nella risposta le questioni che ci stiano maggiormente a cuore.
L´arrivare all´incontro il più possibile rilassati aiuterà a risultare più efficaci. Se il nostro modo di parlare risulterà naturale e sapremo modulare l´intonazione della voce e la velocità dell´eloquio l´attenzione del giornalista e del pubblico saranno più facilmente catturate.
La preparazione "su di sé" sarà essenziale, soprattutto mettendo in conto domande inerenti le modalità mediante le quali si sia fatta carriera in azienda o i valori in cui sia necessario rispecchiarsi per ricoprire un determinato ruolo.
Una strategia efficace si rivelerà il provare ad anticipare le domande che potrebbero essere poste, annotandole e allenandosi a rispondere al fine di acquisire via via maggiore sicurezza. In tal modo, anche i quesiti meno prevedibili saranno gestiti con flessibilità, attraverso un processo di adattamento al proprio interlocutore.
L´essere concisi, generalmente, paga. Dovremo, quindi, imparare a distinguere cosa valga davvero la pena dire e cosa, al contrario, possa essere omesso. Se l´intervista non prevede una diretta saranno i giornalisti a "controllare" la situazione, dovendo, spesso, far fronte a scadenze strette. Di conseguenza, sarà utile l´esercitarsi a mantenere le proprie risposte al di sotto dei trenta secondi, anche grazie a un cronometro che, in fase di preparazione, aiuterà ad abituarsi a fornire risposte brevi.
Inoltre, ci si dovrebbe informare per tempo sul tipo di pubblico che assisterà all´intervista. Così facendo, potremo modulare il tipo di linguaggio (più o meno tecnico) e porre l´accento su sfumature differenti in base all´argomento trattato.
L´ascolto attento faciliterà il raggiungimento di un obiettivo chiave: il rispondere realmente alla domanda che ci verrà posta. Si dovrebbe, infatti, riuscire ad essere così abili e preparati da non eludere l´interrogativo del giornalista inserendo, al contempo, nella risposta le questioni che ci stiano maggiormente a cuore.
L´arrivare all´incontro il più possibile rilassati aiuterà a risultare più efficaci. Se il nostro modo di parlare risulterà naturale e sapremo modulare l´intonazione della voce e la velocità dell´eloquio l´attenzione del giornalista e del pubblico saranno più facilmente catturate.
Come
diventare Personal Trainer? Paolo, Lucca.
Si
tratta di una figura legata al mondo del fitness che propone ai
clienti sedute individuali o all´interno di un suo studio o in una
palestra o all´esterno, in spazi quali i parchi pubblici. E´, dunque,
a tutti gli effetti un libero professionista, con una partita iva e
con la necessaria capacità di generare un proprio reddito, basandosi
esclusivamente sulle doti personali, soprattutto in termini di
promozione e gestione del proprio lavoro. In simili fattori risiede
la differenza tra istruttore e personal trainer: quest´ultimo dovrà
infondere nel proprio interlocutore la motivazione a seguirlo
individualmente, nonostante l´impegno economico e il tempo da
dedicare.
L´abilità nel proporre un pacchetto di sedute dipenderà, in primo luogo, da quanto siano spiccate le proprie doti comunicative, l´assertività nel confronti del cliente e la capacità di conquistare la sua fiducia, valorizzando il servizio offerto e dandogli prova delle capacità possedute.
Importantissimo sarà, proprio in relazione alle competenze tecniche, il formarsi in maniera il più possibile completa, al fine di poter assecondare le esigenze di un´utenza variegata, da chi desideri dedicarsi esclusivamente alla tonificazione, a coloro che presentino problematiche di tipo posturale.
I corsi da frequentare, oltre a essere riconosciuti dal Coni, dovranno essere scelti in base alla validità del loro programma. Sarà fondamentale che non si limitino ad una formazione teorica frontale, ma che permettano di condividere strumenti fondamentali per un libero professionista: ad esempio tecniche di management e strategie per operare sui social network o per gestire un proprio blog.
Un ulteriore elemento prezioso per un business di successo in questo settore consisterà nel saper gestire la propria agenda lavorativa. Coloro che, ad esempio, riusciranno a minimizzare gli spostamenti da una palestra all´altra, operando, per lo più, all´interno dello stesso centro fitness, otterranno due effetti immediati e positivi, maggior profitto e una netta riduzione dello stress.
L´abilità nel proporre un pacchetto di sedute dipenderà, in primo luogo, da quanto siano spiccate le proprie doti comunicative, l´assertività nel confronti del cliente e la capacità di conquistare la sua fiducia, valorizzando il servizio offerto e dandogli prova delle capacità possedute.
Importantissimo sarà, proprio in relazione alle competenze tecniche, il formarsi in maniera il più possibile completa, al fine di poter assecondare le esigenze di un´utenza variegata, da chi desideri dedicarsi esclusivamente alla tonificazione, a coloro che presentino problematiche di tipo posturale.
I corsi da frequentare, oltre a essere riconosciuti dal Coni, dovranno essere scelti in base alla validità del loro programma. Sarà fondamentale che non si limitino ad una formazione teorica frontale, ma che permettano di condividere strumenti fondamentali per un libero professionista: ad esempio tecniche di management e strategie per operare sui social network o per gestire un proprio blog.
Un ulteriore elemento prezioso per un business di successo in questo settore consisterà nel saper gestire la propria agenda lavorativa. Coloro che, ad esempio, riusciranno a minimizzare gli spostamenti da una palestra all´altra, operando, per lo più, all´interno dello stesso centro fitness, otterranno due effetti immediati e positivi, maggior profitto e una netta riduzione dello stress.
Il comunicare adeguatamente un messaggio, un’idea, un’emozione
non riguarda esclusivamente il saper trasmettere correttamente il
“contenuto” delle nostre opinioni e richieste, ma coinvolge una
serie di sfumature e dettagli che hanno a che fare principalmente con
la relazione che desideriamo instaurare con l’altro.
Non ci si sta riferendo alle sole interazioni “faccia a faccia”, ma anche alla comunicazione scritta, relativamente alla quale, forse, in assenza dei preziosi supporti rappresentati dalle componenti paraverbali (tono, timbro di voce, velocità del parlato) e non verbali (gestualità, postura, mimica facciale) del messaggio, sarà ancora meno semplice il controllare aspetti inerenti la sintesi.
Questa caratteristica andrà di pari passo con il rispetto di chi scriva nei confronti del proprio destinatario: al controllo della posta elettronica (da parte di un professore o di un responsabile della selezione in azienda) non potrà essere dedicato un tempo spropositato e, dunque, la possibilità di leggere comunicati esaustivi ma, al contempo, essenziali e spogliati dei particolari ridondanti, sarà senza dubbio apprezzata.
Se l’obiettivo sarà quello di interessare il lettore, evitandogli noia e distrazione, dovremo saper tenere a freno la tendenza al “parlar troppo di noi” e bandire premesse eccessivamente lunghe, ampollose e inconcludenti (al massimo, di venti parole).
Anche “lo stile di scrittura” avrà un peso essenziale! Del resto, pochi concetti basilari potranno risultare accattivanti se sapremo renderli distintivi, se saremo in grado di esprimere, grazie ad essi, la nostra “unicità” o le nostre proposte.
I termini e le espressioni che sceglieremo dovranno essere valutati con cura: ad esempio, nella stesura di una mail “lettera di presentazione” sarà vietato il cadere in luoghi comuni (…amo lavorare a contatto con la gente), mentre risulterà premiante puntare non solo sulle esperienze lavorative e/o universitarie, ma anche sulle proprie caratteristiche personali.
Non ci si sta riferendo alle sole interazioni “faccia a faccia”, ma anche alla comunicazione scritta, relativamente alla quale, forse, in assenza dei preziosi supporti rappresentati dalle componenti paraverbali (tono, timbro di voce, velocità del parlato) e non verbali (gestualità, postura, mimica facciale) del messaggio, sarà ancora meno semplice il controllare aspetti inerenti la sintesi.
Questa caratteristica andrà di pari passo con il rispetto di chi scriva nei confronti del proprio destinatario: al controllo della posta elettronica (da parte di un professore o di un responsabile della selezione in azienda) non potrà essere dedicato un tempo spropositato e, dunque, la possibilità di leggere comunicati esaustivi ma, al contempo, essenziali e spogliati dei particolari ridondanti, sarà senza dubbio apprezzata.
Se l’obiettivo sarà quello di interessare il lettore, evitandogli noia e distrazione, dovremo saper tenere a freno la tendenza al “parlar troppo di noi” e bandire premesse eccessivamente lunghe, ampollose e inconcludenti (al massimo, di venti parole).
Anche “lo stile di scrittura” avrà un peso essenziale! Del resto, pochi concetti basilari potranno risultare accattivanti se sapremo renderli distintivi, se saremo in grado di esprimere, grazie ad essi, la nostra “unicità” o le nostre proposte.
I termini e le espressioni che sceglieremo dovranno essere valutati con cura: ad esempio, nella stesura di una mail “lettera di presentazione” sarà vietato il cadere in luoghi comuni (…amo lavorare a contatto con la gente), mentre risulterà premiante puntare non solo sulle esperienze lavorative e/o universitarie, ma anche sulle proprie caratteristiche personali.
Come
valorizzare un´unica esperienza di stage di fronte a selezionatori
sempre più pretenziosi rispetto ai pregressi professionali di un
candidato? Antonietta, Milano.
Un´esperienza di stage, anche se isolata, dovrà essere proposta nel corso di un colloquio di lavoro alla stregua di una vera e propria esperienza professionale, dal momento che essa avrà certamente contribuito in modo concreto all´aumento delle proprie competenze.
Dovremo, quindi, focalizzare in modo molto netto e preciso il nostro ruolo e le mansioni svolte al fine di essere in grado di descriverle al selezionatore, valorizzandone gli aspetti di crescita nell´ambito di un contesto organizzativo.
Un´analisi dettagliata dell´azienda che ci ha ospitato dovrà rappresentare il nostro punto di partenza (tipo di impresa, prodotti o servizi offerti, dimensioni, organigramma).
Il secondo elemento chiave e di interesse in ambito di selezione sarà, indubbiamente, il progetto affrontato in termini di obiettivi da raggiungere e di attività svolte. Dovremo essere in grado di esprimere un nostro giudizio in merito e di individuare gli aspetti che potrebbero rappresentare punti di contatto strategici con l´azienda presso la quale ci candidiamo.
Anche i rapporti creati con i colleghi e con le funzioni organizzative connesse a quella di appartenenza andranno studiati, dimostrando a chi ci valuterà quali conoscenze tali relazioni ci abbiano permesso di incrementare o quali competenze trasversali abbiano potenziato (capacità di mediazione e di ascolto, spirito di gruppo, tolleranza allo stress).
Il selezionatore ci chiederà probabilmente quali ambiti ci abbiano maggiormente interessato o quali siano le abilità che ci siamo resi conto di possedere grazie alla nostra prima esperienza in azienda o, infine, quali gap siamo consapevoli di dover colmare per accedere alla posizione ambita. Sono tutti quesiti che dovremo risolvere precedentemente al momento del colloquio, dal momento che le risposte fornite saranno indicatrici del nostro grado di motivazione, delle nostre potenzialità e della propensione al ruolo desiderato.
Un´esperienza di stage, anche se isolata, dovrà essere proposta nel corso di un colloquio di lavoro alla stregua di una vera e propria esperienza professionale, dal momento che essa avrà certamente contribuito in modo concreto all´aumento delle proprie competenze.
Dovremo, quindi, focalizzare in modo molto netto e preciso il nostro ruolo e le mansioni svolte al fine di essere in grado di descriverle al selezionatore, valorizzandone gli aspetti di crescita nell´ambito di un contesto organizzativo.
Un´analisi dettagliata dell´azienda che ci ha ospitato dovrà rappresentare il nostro punto di partenza (tipo di impresa, prodotti o servizi offerti, dimensioni, organigramma).
Il secondo elemento chiave e di interesse in ambito di selezione sarà, indubbiamente, il progetto affrontato in termini di obiettivi da raggiungere e di attività svolte. Dovremo essere in grado di esprimere un nostro giudizio in merito e di individuare gli aspetti che potrebbero rappresentare punti di contatto strategici con l´azienda presso la quale ci candidiamo.
Anche i rapporti creati con i colleghi e con le funzioni organizzative connesse a quella di appartenenza andranno studiati, dimostrando a chi ci valuterà quali conoscenze tali relazioni ci abbiano permesso di incrementare o quali competenze trasversali abbiano potenziato (capacità di mediazione e di ascolto, spirito di gruppo, tolleranza allo stress).
Il selezionatore ci chiederà probabilmente quali ambiti ci abbiano maggiormente interessato o quali siano le abilità che ci siamo resi conto di possedere grazie alla nostra prima esperienza in azienda o, infine, quali gap siamo consapevoli di dover colmare per accedere alla posizione ambita. Sono tutti quesiti che dovremo risolvere precedentemente al momento del colloquio, dal momento che le risposte fornite saranno indicatrici del nostro grado di motivazione, delle nostre potenzialità e della propensione al ruolo desiderato.
Come
"costruire" un buon gruppo di lavoro? Paola, Pisa.
Nel contesto di un ufficio o all´interno di un qualsiasi ambiente di lavoro le persone coinvolte si percepiranno, spesso, vicendevolmente interdipendenti tra loro in relazione ad alcuni elementi particolari. Sarà naturale il distribuirsi ruoli e mansioni e il generare progressivamente relazioni caratterizzate da stima, talvolta competizione, sovente influenza reciproca. Gli obiettivi di una squadra dovrebbero essere comuni e lo sviluppo di un senso di appartenenza è ciò che di più auspicabile si possa "produrre" tra colleghi che lavorino fianco a fianco. Essendo ogni membro del gruppo il protagonista di una storia personale, oltre che professionale, dotato di abilità tecniche, di attitudini specifiche e di competenze relazionali diverse da quelle altrui, la ricchezza dell´insieme consisterà principalmente proprio nella opportunità di ricevere da ciascuno un apporto unico ed originale. Naturalmente, il successo del gruppo dipenderà soprattutto dalla reciprocità e dalla produttività degli scambi comunicativi sia relativamente ai contenuti (ciò che si dovrà fare), sia riguardo alle metodologie organizzative da adottare. Sono tre, essenzialmente, le doti che, possedute dalle persone, consentiranno ai processi comunicativi di evolvere positivamente. In primo luogo, sarà importante l´imparare ad accettare i propri limiti e quelli degli altri membri della squadra, individuando nella possibilità di compensare le lacune individuali mediante l´apporto dei colleghi, una risorsa inestimabile. Un ulteriore vantaggio deriverà dalla capacità di mediazione propria dei membri del team: alcune persone saranno spontaneamente più "portate" a redimere eventuali conflitti o a risolvere le possibili incomprensioni, concentrando le energie collettive sugli scopi da raggiungere. Infine, l´ottica del confronto quale risorsa e la conseguente "generosità delle conoscenze" possedute faranno la differenze in termini di utilizzo positivo del tempo a disposizione, di volume di attività svolte, di qualità dei risultati ottenuti.
Nel contesto di un ufficio o all´interno di un qualsiasi ambiente di lavoro le persone coinvolte si percepiranno, spesso, vicendevolmente interdipendenti tra loro in relazione ad alcuni elementi particolari. Sarà naturale il distribuirsi ruoli e mansioni e il generare progressivamente relazioni caratterizzate da stima, talvolta competizione, sovente influenza reciproca. Gli obiettivi di una squadra dovrebbero essere comuni e lo sviluppo di un senso di appartenenza è ciò che di più auspicabile si possa "produrre" tra colleghi che lavorino fianco a fianco. Essendo ogni membro del gruppo il protagonista di una storia personale, oltre che professionale, dotato di abilità tecniche, di attitudini specifiche e di competenze relazionali diverse da quelle altrui, la ricchezza dell´insieme consisterà principalmente proprio nella opportunità di ricevere da ciascuno un apporto unico ed originale. Naturalmente, il successo del gruppo dipenderà soprattutto dalla reciprocità e dalla produttività degli scambi comunicativi sia relativamente ai contenuti (ciò che si dovrà fare), sia riguardo alle metodologie organizzative da adottare. Sono tre, essenzialmente, le doti che, possedute dalle persone, consentiranno ai processi comunicativi di evolvere positivamente. In primo luogo, sarà importante l´imparare ad accettare i propri limiti e quelli degli altri membri della squadra, individuando nella possibilità di compensare le lacune individuali mediante l´apporto dei colleghi, una risorsa inestimabile. Un ulteriore vantaggio deriverà dalla capacità di mediazione propria dei membri del team: alcune persone saranno spontaneamente più "portate" a redimere eventuali conflitti o a risolvere le possibili incomprensioni, concentrando le energie collettive sugli scopi da raggiungere. Infine, l´ottica del confronto quale risorsa e la conseguente "generosità delle conoscenze" possedute faranno la differenze in termini di utilizzo positivo del tempo a disposizione, di volume di attività svolte, di qualità dei risultati ottenuti.
Quando
comunichiamo con un gruppo di persone, la fase progettuale del nostro
discorso assume un rilevo notevole: dovremo infatti catturare e
mantenere viva l’attenzione di un uditorio che potrebbe essere
eterogeneo e composto di individui non ugualmente motivati
all’ascolto.
Le fasi di conduzione della comunicazione e gli aspetti relazionali coinvolti nel processo andranno, quindi, curati nei minimi dettagli. Innanzitutto, sarà importante il “partire con il piede giusto”, ovvero dare l’avvio al nostro messaggio con un’esaustiva autopresentazione e con una spiegazione accattivante del motivo per il quale ci si rivolga alla platea. Alcune frasi “ad effetto” che convoglino l’attenzione degli ascoltatori su di noi e che li invitino a partecipare al tema trattato saranno, in questo caso, strategie efficaci.
La fase starter dovrà essere seguita dal momento in cui verrà esplicitato il fulcro del messaggio da trasmettere, facendo leva sul legame tra l’argomento trattato e le esigenze, le aspettative, i desideri, le problematiche dell’uditorio. Ciascuno dovrà avere la possibilità di identificarsi con le tematiche affrontate, per poter essere motivato all’ascolto e alla partecipazione attiva.
L’utilizzo di esempi chiari e di facile comprensione sarà un ulteriore punto di forza dell’oratore, in quanto l’eccessivo impiego di tecnicismi e un linguaggio lontano dalla quotidianità delle persone presenti potrebbero allontanarle psicologicamente dai contenuti dell’esposizione.
Anche qualora l’iniziativa proposta sia realmente valida ed interessante, al fine di non rischiare un calo di coinvolgimento del nostro pubblico, dovremo trattare con estrema cautela la fase conclusiva: il tradurre i concetti espressi in comportamenti applicabili e positivi. Le proposte avanzate dovranno risultare logiche e realizzabili e si dovrà dar prova della fattibilità di quanto sostenuto in precedenza.
Un uditorio interessato si crea, dunque, attraverso un’analisi profonda dei suoi bisogni e attraverso l’individuazione di “sistemi” e strategie che consentano di soddisfarli in maniera idonea e professionale.
Le fasi di conduzione della comunicazione e gli aspetti relazionali coinvolti nel processo andranno, quindi, curati nei minimi dettagli. Innanzitutto, sarà importante il “partire con il piede giusto”, ovvero dare l’avvio al nostro messaggio con un’esaustiva autopresentazione e con una spiegazione accattivante del motivo per il quale ci si rivolga alla platea. Alcune frasi “ad effetto” che convoglino l’attenzione degli ascoltatori su di noi e che li invitino a partecipare al tema trattato saranno, in questo caso, strategie efficaci.
La fase starter dovrà essere seguita dal momento in cui verrà esplicitato il fulcro del messaggio da trasmettere, facendo leva sul legame tra l’argomento trattato e le esigenze, le aspettative, i desideri, le problematiche dell’uditorio. Ciascuno dovrà avere la possibilità di identificarsi con le tematiche affrontate, per poter essere motivato all’ascolto e alla partecipazione attiva.
L’utilizzo di esempi chiari e di facile comprensione sarà un ulteriore punto di forza dell’oratore, in quanto l’eccessivo impiego di tecnicismi e un linguaggio lontano dalla quotidianità delle persone presenti potrebbero allontanarle psicologicamente dai contenuti dell’esposizione.
Anche qualora l’iniziativa proposta sia realmente valida ed interessante, al fine di non rischiare un calo di coinvolgimento del nostro pubblico, dovremo trattare con estrema cautela la fase conclusiva: il tradurre i concetti espressi in comportamenti applicabili e positivi. Le proposte avanzate dovranno risultare logiche e realizzabili e si dovrà dar prova della fattibilità di quanto sostenuto in precedenza.
Un uditorio interessato si crea, dunque, attraverso un’analisi profonda dei suoi bisogni e attraverso l’individuazione di “sistemi” e strategie che consentano di soddisfarli in maniera idonea e professionale.
Sono
senza lavoro. Come trovarsi uno spazio in casa per dedicarsi alla
ricerca? Anna, Brescia.
Uno degli ambienti con il maggior numero di fonti di distrazione è la nostra casa. Telefono, televisore, frigorifero, figli, citofono sono alcuni elementi che ci spingono ad interazioni continue. Nulla di male…ma, qualora si sia alla ricerca di un lavoro, la concentrazione relativa alle attività di self marketing dovrà essere massima, soprattutto in vista di una selezione durante la quale sarà indispensabile il dimostrare capacità e conoscenze possedute. Che fare allora? Innanzitutto, sarà importante il circoscrivere uno spazio della casa (attrezzato con scrivania, pc e telefono) dedicato unicamente alle proprie attività di ricerca, così come risulterà altrettanto produttiva la definizione settimanale degli orari corrispondenti alle svariate attività (appuntamenti, visite agli uffici, ricerca online, autocandidature e costruzione del proprio network di contatti). Il porsi delle scadenze ed il rispetto delle stesse, supporteranno la motivazione ed il mantenimento di obiettivi realistici ed entusiasmanti, ma non avrà senso il lavorare sino allo sfinimento, quando, al contrario, risulterà maggiormente costruttivo lo stabilire una sorta di "monte ore" giornaliero, privo di distrazioni ed "intoppi". Il mondo del lavoro è caratterizzato da una classe dirigenziale che tende a lavorare per un numero di ore eccessivo nel corso della settimana, a scapito di una performance che, talvolta, risulta comunque compromessa da abitudini errate che non consentono l´ottimizzazione del tempo professionale. Anche per il "cercatore di lavoro", dunque, il concedersi una pausa, di tanto in tanto, potrà esercitare un effetto positivo sull´umore e sull´efficienza. Ad esempio, a fine mattinata, dopo pranzo, potrebbe essere efficace l´allontanarsi fisicamente da telefono e computer, magari l´uscire all´aperto per concentrarsi "a mente fredda" sulle attività svolte e sui possibili errori commessi, in modo da poter garantire al resto della giornata un ritmo nuovamente piacevole e produttivo.
Uno degli ambienti con il maggior numero di fonti di distrazione è la nostra casa. Telefono, televisore, frigorifero, figli, citofono sono alcuni elementi che ci spingono ad interazioni continue. Nulla di male…ma, qualora si sia alla ricerca di un lavoro, la concentrazione relativa alle attività di self marketing dovrà essere massima, soprattutto in vista di una selezione durante la quale sarà indispensabile il dimostrare capacità e conoscenze possedute. Che fare allora? Innanzitutto, sarà importante il circoscrivere uno spazio della casa (attrezzato con scrivania, pc e telefono) dedicato unicamente alle proprie attività di ricerca, così come risulterà altrettanto produttiva la definizione settimanale degli orari corrispondenti alle svariate attività (appuntamenti, visite agli uffici, ricerca online, autocandidature e costruzione del proprio network di contatti). Il porsi delle scadenze ed il rispetto delle stesse, supporteranno la motivazione ed il mantenimento di obiettivi realistici ed entusiasmanti, ma non avrà senso il lavorare sino allo sfinimento, quando, al contrario, risulterà maggiormente costruttivo lo stabilire una sorta di "monte ore" giornaliero, privo di distrazioni ed "intoppi". Il mondo del lavoro è caratterizzato da una classe dirigenziale che tende a lavorare per un numero di ore eccessivo nel corso della settimana, a scapito di una performance che, talvolta, risulta comunque compromessa da abitudini errate che non consentono l´ottimizzazione del tempo professionale. Anche per il "cercatore di lavoro", dunque, il concedersi una pausa, di tanto in tanto, potrà esercitare un effetto positivo sull´umore e sull´efficienza. Ad esempio, a fine mattinata, dopo pranzo, potrebbe essere efficace l´allontanarsi fisicamente da telefono e computer, magari l´uscire all´aperto per concentrarsi "a mente fredda" sulle attività svolte e sui possibili errori commessi, in modo da poter garantire al resto della giornata un ritmo nuovamente piacevole e produttivo.
Mi
è capitato di sostenere un colloquio di lavoro durante il quale ho
"subito" domande "fuori luogo" rispetto alla
posizione ricercata. Cosa significa? Antonio, Livorno.
“Cosa ha mangiato ieri sera?” oppure “qual è il suo cantante preferito? Mi accenna il brano più famoso”? Se, durante un colloquio di lavoro vi dovessero porre domande di questo tipo, con ogni probabilità vi stanno sottoponendo ad una “Stress interview” (colloquio sotto stress), una tecnica di selezione nella quale ai candidati verranno rivolte domande bizzarre o provocatorie al fine di testare la loro capacità di reazione di fronte ad un evento imprevisto e talvolta ansiogeno. Tale procedura avrà lo scopo di ricreare, entro il setting del colloquio di selezione, situazioni frequenti nel contesto lavorativo: un cliente “difficile”, le tensioni con un collega, domande inattese e disorientanti. Anche il porre quesiti a “raffica” potrà informare il selezionatore nella valutazione del "come" il candidato gestisca il sovraccarico di lavoro o delle sue modalità tipiche nell´affrontare la contemporaneità di più progetti. Esistono tipologie differenti di “Stress interview”: un primo caso potrebbe essere rappresentato dalla presenza concomitante di più intervistatori i quali, contemporaneamente, pongano quesiti spiazzanti al candidato sia sul piano tecnico (una sorta di "esame a sorpresa"), sia sul piano personale - relazionale. In altre occasioni potrebbe essere applicata la strategia del "disinteresse/ostilità" da parte del selezionatore: l´idea di partenza sarà il testare le risposte emotive del nuovo potenziale collaboratore, verificando la sua abilità nella gestione della pressione verbale e non verbale (ad esempio evitando il contatto visivo, interrompendolo, sospirando in relazione alle sue risposte). La de-personalizzazione dei processi suddetti sarà, indubbiamente, un fattore importante per il successo del candidato: l´approccio del selezionatore dovrà essere vissuto quale interpretazione di un ruolo di fronte al quale saranno indispensabili e apprezzate professionalità e autocontrollo.
“Cosa ha mangiato ieri sera?” oppure “qual è il suo cantante preferito? Mi accenna il brano più famoso”? Se, durante un colloquio di lavoro vi dovessero porre domande di questo tipo, con ogni probabilità vi stanno sottoponendo ad una “Stress interview” (colloquio sotto stress), una tecnica di selezione nella quale ai candidati verranno rivolte domande bizzarre o provocatorie al fine di testare la loro capacità di reazione di fronte ad un evento imprevisto e talvolta ansiogeno. Tale procedura avrà lo scopo di ricreare, entro il setting del colloquio di selezione, situazioni frequenti nel contesto lavorativo: un cliente “difficile”, le tensioni con un collega, domande inattese e disorientanti. Anche il porre quesiti a “raffica” potrà informare il selezionatore nella valutazione del "come" il candidato gestisca il sovraccarico di lavoro o delle sue modalità tipiche nell´affrontare la contemporaneità di più progetti. Esistono tipologie differenti di “Stress interview”: un primo caso potrebbe essere rappresentato dalla presenza concomitante di più intervistatori i quali, contemporaneamente, pongano quesiti spiazzanti al candidato sia sul piano tecnico (una sorta di "esame a sorpresa"), sia sul piano personale - relazionale. In altre occasioni potrebbe essere applicata la strategia del "disinteresse/ostilità" da parte del selezionatore: l´idea di partenza sarà il testare le risposte emotive del nuovo potenziale collaboratore, verificando la sua abilità nella gestione della pressione verbale e non verbale (ad esempio evitando il contatto visivo, interrompendolo, sospirando in relazione alle sue risposte). La de-personalizzazione dei processi suddetti sarà, indubbiamente, un fattore importante per il successo del candidato: l´approccio del selezionatore dovrà essere vissuto quale interpretazione di un ruolo di fronte al quale saranno indispensabili e apprezzate professionalità e autocontrollo.
Non
ho una solida esperienza come formatore ma mi è stato proposto un
progetto interessante nel quale ricorrere a metodologie di
apprendimento esperienziali. Come progettare adeguatamente un simile
intervento formativo? Angelo, Milano.
Esistono alcuni step fondamentali da seguire per la realizzazione di simulazioni di tipo esperienziale che spaziano dall’organizzazione di situazioni e comportamenti “tipici” da trasferire nel contesto formativo, alla valorizzazione dei vissuti osservati nei partecipanti, sino alla generalizzazione delle azioni emerse e alla loro applicazione a situazioni reali, lavorative o relazionali, in genere.
La simulazione potrebbe essere creata anche in maniera mirata rispetto al contesto sul quale si “operi”, in quanto un programma costruito ad hoc avrà maggiori probabilità di enfatizzare gli aspetti problematici e le caratteristiche essenziali di quello specifico ambiente. L’abilità nel riuscire a generalizzare la relazione tra fenomeni osservati in un ambito creato “su misura” starà soprattutto nella competenza del formatore il quale dovrà far leva sulle teorie alla base dei comportamenti espressi dai partecipanti,” riconducendole” ai sentimenti e alle emozioni emerse.
Quando si richiedano ai formatori interventi rapidi della durata di poche ore o di un giorno al massimo, l’approccio esperienziale, se ben gestito, potrà sorprendere per la sua straordinaria efficacia basata su di un passaggio piuttosto rapido per il partecipante, da un’esperienza vissuta, alla sua elaborazione e alla immediata applicazione alla realtà quotidiana.
Sarà indispensabile, però, che in fase di progettazione la situazione “costruita” risulti assolutamente credibile e concreta.
I protagonisti della simulazione potrebbero, infine, adottare comportamenti difensivi qualora non venisse colta l’utilità del percorso proposto. Per tale ragione saranno indispensabili un solido “patto d’aula” e un’ottimale attività di coordinamento da parte del formatore il cui ruolo passerà dal trasferire conoscenze al facilitarne l’interiorizzazione.
Esistono alcuni step fondamentali da seguire per la realizzazione di simulazioni di tipo esperienziale che spaziano dall’organizzazione di situazioni e comportamenti “tipici” da trasferire nel contesto formativo, alla valorizzazione dei vissuti osservati nei partecipanti, sino alla generalizzazione delle azioni emerse e alla loro applicazione a situazioni reali, lavorative o relazionali, in genere.
La simulazione potrebbe essere creata anche in maniera mirata rispetto al contesto sul quale si “operi”, in quanto un programma costruito ad hoc avrà maggiori probabilità di enfatizzare gli aspetti problematici e le caratteristiche essenziali di quello specifico ambiente. L’abilità nel riuscire a generalizzare la relazione tra fenomeni osservati in un ambito creato “su misura” starà soprattutto nella competenza del formatore il quale dovrà far leva sulle teorie alla base dei comportamenti espressi dai partecipanti,” riconducendole” ai sentimenti e alle emozioni emerse.
Quando si richiedano ai formatori interventi rapidi della durata di poche ore o di un giorno al massimo, l’approccio esperienziale, se ben gestito, potrà sorprendere per la sua straordinaria efficacia basata su di un passaggio piuttosto rapido per il partecipante, da un’esperienza vissuta, alla sua elaborazione e alla immediata applicazione alla realtà quotidiana.
Sarà indispensabile, però, che in fase di progettazione la situazione “costruita” risulti assolutamente credibile e concreta.
I protagonisti della simulazione potrebbero, infine, adottare comportamenti difensivi qualora non venisse colta l’utilità del percorso proposto. Per tale ragione saranno indispensabili un solido “patto d’aula” e un’ottimale attività di coordinamento da parte del formatore il cui ruolo passerà dal trasferire conoscenze al facilitarne l’interiorizzazione.
Ho
un lavoro sicuro e me ne hanno proposto uno entusiasmante. Che fare?
Paolo, Milano.
Spesso ciò che maggiormente spaventa quando si prospetti un cambiamento della propria situazione professionale ha a che fare con la necessità di costruire "rapporti": con un ambiente sconosciuto, con un diverso gruppo di colleghi e con mansioni e compiti che, anche se già sperimentati, assumeranno connotati differenti in base alle caratteristiche dell´azienda. Il prendere "possesso" di un nuovo ruolo non coinciderà con l´ingresso in ufficio, richiederà tempi più o meno lunghi, problematiche da affrontare e comporterà necessariamente analisi realistiche della situazione esistente, delle relazioni da gestire e il progressivo adattamento a particolari regole "implicite", se non addirittura ad una “ritualità aziendale”. Il gruppo di persone che ci circonderanno rappresenterà una collettività la quale, a seconda delle circostanze, potrà rivelarsi più o meno favorevole allo sviluppo di un autentico senso di appartenenza.
Sarà, quindi, importante, l´avere chiari i propri punti di forza e le eventuali lacune da colmare e, allo stesso tempo, prendere atto delle proprie capacità di adattamento, senza voler forzare tempi o, ancor peggio, persone.
Non tutti sono "predisposti" ad accettare nuove opportunità, anche laddove l´oggettività condurrebbe a presupporre una condizione migliorativa: per certi lavoratori la sicurezza di un "posto" o la ripetitività di alcune mansioni rappresentano un´ancora salda contro lo stress.
La propensione al nuovo, al contrario, se da un lato muoverà verso opportunità professionali allettanti, dall´altro, implicherà un progressivo reinventarsi, stimolante e faticoso al contempo.
Quando la domanda sarà cambio o non cambio? l´elencare sinceramente i valori professionali primari potrebbe essere un buon punto di partenza: il non voler rinunciare all´espressione delle proprie attitudini, il bisogno di far parte di una squadra o semplicemente il desiderio di migliorare la qualità della propria vita, dunque, aiuteranno a rispondere.
Spesso ciò che maggiormente spaventa quando si prospetti un cambiamento della propria situazione professionale ha a che fare con la necessità di costruire "rapporti": con un ambiente sconosciuto, con un diverso gruppo di colleghi e con mansioni e compiti che, anche se già sperimentati, assumeranno connotati differenti in base alle caratteristiche dell´azienda. Il prendere "possesso" di un nuovo ruolo non coinciderà con l´ingresso in ufficio, richiederà tempi più o meno lunghi, problematiche da affrontare e comporterà necessariamente analisi realistiche della situazione esistente, delle relazioni da gestire e il progressivo adattamento a particolari regole "implicite", se non addirittura ad una “ritualità aziendale”. Il gruppo di persone che ci circonderanno rappresenterà una collettività la quale, a seconda delle circostanze, potrà rivelarsi più o meno favorevole allo sviluppo di un autentico senso di appartenenza.
Sarà, quindi, importante, l´avere chiari i propri punti di forza e le eventuali lacune da colmare e, allo stesso tempo, prendere atto delle proprie capacità di adattamento, senza voler forzare tempi o, ancor peggio, persone.
Non tutti sono "predisposti" ad accettare nuove opportunità, anche laddove l´oggettività condurrebbe a presupporre una condizione migliorativa: per certi lavoratori la sicurezza di un "posto" o la ripetitività di alcune mansioni rappresentano un´ancora salda contro lo stress.
La propensione al nuovo, al contrario, se da un lato muoverà verso opportunità professionali allettanti, dall´altro, implicherà un progressivo reinventarsi, stimolante e faticoso al contempo.
Quando la domanda sarà cambio o non cambio? l´elencare sinceramente i valori professionali primari potrebbe essere un buon punto di partenza: il non voler rinunciare all´espressione delle proprie attitudini, il bisogno di far parte di una squadra o semplicemente il desiderio di migliorare la qualità della propria vita, dunque, aiuteranno a rispondere.
Le
scelte effettuate in ambito lavorativo e soprattutto l´ordine
assegnato ai compiti da svolgere avranno a che fare in parte con il
nostro modo di essere e con le predisposizioni individuali, in parte
con il tipo di contesto professionale e con le scadenze imposte dal
ruolo e in funzione degli obiettivi da raggiungere.
Andranno, dunque, valutati di volta in volta elementi della situazione sia soggettivi che oggettivi (ad esempio, un´occupazione considerata piacevole non potrà sempre avere la precedenza su altre meno entusiasmanti, ma essenziali in un contesto specifico).
Un criterio di scelta piuttosto comune riguarda l´attribuzione di un certo livello di difficoltà alle attività che si debbano svolgere: la condizione più frequente sarà quella in cui si deciderà di affrontare primariamente ciò che risulti più facile, rimandando ad un momento successivo le questioni che implichino maggiori sforzi o l´apprendimento di procedure sconosciute.
In alcune circostanze un simile modo di procedere risulterà vincente, soprattutto quando si sia alle "prime armi" nel ricoprire un certo ruolo professionale e si opti per una rosa circoscritta di mansioni, ben padroneggiate, rispetto alle quali si sia ritenuti responsabili. Ciò potrà garantire, infatti, un numero considerevole di successi (nell´ambito di una "condizione protetta"), generando intorno a sé riconoscimenti e una prima impressione positiva.
Le scelte effettuate in base alla difficoltà di un compito potrebbero, al contrario, risultare controproducenti, se non addirittura catastrofiche quando effettuate esclusivamente in relazione alle propensioni personali, senza tenere conto dell´obiettivo da raggiungere. Situazioni tipiche saranno quelle in cui le persone scelgano in modo "automatico" la strada più difficile e, dunque, incappino in situazioni non alla propria portata, solamente a causa di una personalità "sfidante" (per soddisfare il bisogno di "dimostrare qualcosa") o perché non in grado di sostenere l´ansia di compiti gravosi che presumono li attendano nel futuro.
Andranno, dunque, valutati di volta in volta elementi della situazione sia soggettivi che oggettivi (ad esempio, un´occupazione considerata piacevole non potrà sempre avere la precedenza su altre meno entusiasmanti, ma essenziali in un contesto specifico).
Un criterio di scelta piuttosto comune riguarda l´attribuzione di un certo livello di difficoltà alle attività che si debbano svolgere: la condizione più frequente sarà quella in cui si deciderà di affrontare primariamente ciò che risulti più facile, rimandando ad un momento successivo le questioni che implichino maggiori sforzi o l´apprendimento di procedure sconosciute.
In alcune circostanze un simile modo di procedere risulterà vincente, soprattutto quando si sia alle "prime armi" nel ricoprire un certo ruolo professionale e si opti per una rosa circoscritta di mansioni, ben padroneggiate, rispetto alle quali si sia ritenuti responsabili. Ciò potrà garantire, infatti, un numero considerevole di successi (nell´ambito di una "condizione protetta"), generando intorno a sé riconoscimenti e una prima impressione positiva.
Le scelte effettuate in base alla difficoltà di un compito potrebbero, al contrario, risultare controproducenti, se non addirittura catastrofiche quando effettuate esclusivamente in relazione alle propensioni personali, senza tenere conto dell´obiettivo da raggiungere. Situazioni tipiche saranno quelle in cui le persone scelgano in modo "automatico" la strada più difficile e, dunque, incappino in situazioni non alla propria portata, solamente a causa di una personalità "sfidante" (per soddisfare il bisogno di "dimostrare qualcosa") o perché non in grado di sostenere l´ansia di compiti gravosi che presumono li attendano nel futuro.
L´arte
del vendere non ha mai fatto parte di me, ma ora mi trovo a dover
affrontare questa nuova sfida per un´opportunità lavorativa che non
voglio perdere. Come riuscire al meglio? Cristiana, Milano.
La dialettica è indubbiamente una delle armi principali del venditore: il dialogo con il potenziale cliente avrà necessariamente un´impronta di tipo persuasivo, ma al di là di questo, dovrà essere costantemente adeguato alle esigenze dello specifico interlocutore.
Il venditore che reciti un copione, con la medesima intonazione e la stessa espressione facciale in ogni occasione non avrà molte chance, considerando soprattutto fattori quali la concorrenza, il tempo, l´attenzione alle spese superflue da parte del cliente.
Dunque, i desideri di quest´ultimo e le sue possibilità andranno posti in prima linea nell´approccio e nell´organizzazione delle tappe della trattativa.
Per comprendere tali necessità, una buona conoscenza degli esiti di ricerche di mercato mirate potrebbe rappresentare un utile bagaglio per il neo venditore.
Un´altra regola chiave consisterà nell´accantonare la tendenza ad essere insistenti (l´ansia derivante da una scarsa esperienza di vendita potrebbe far tendere ad un simile comportamento, pur di raggiungere i risultati attesi di chi ci abbia affidato l´incarico): in molti casi un risultato mediocre sarà attribuibile al fatto che il potenziale acquirente, sentendosi pressato, potrebbe rispondere mostrando un atteggiamento poco cordiale e frettoloso. Anche le possibili obiezioni andranno gestiste in maniera non polemica, con autocontrollo e trasparenza.
L´allenamento al parlare in pubblico tutte le volte che se ne abbia occasione sarà una ulteriore "palestra" per imparare a controllare una gestualità "nervosa" o espressioni che possano far trapelare il nostro disagio o, ancora, per "ridimensionare" l´utilizzo incontrollato di "non parole", ovvero termini che fungano da "intercalare", in grado di distogliere l´attenzione dell´uditorio, rendendo il proprio messaggio meno efficace.
La dialettica è indubbiamente una delle armi principali del venditore: il dialogo con il potenziale cliente avrà necessariamente un´impronta di tipo persuasivo, ma al di là di questo, dovrà essere costantemente adeguato alle esigenze dello specifico interlocutore.
Il venditore che reciti un copione, con la medesima intonazione e la stessa espressione facciale in ogni occasione non avrà molte chance, considerando soprattutto fattori quali la concorrenza, il tempo, l´attenzione alle spese superflue da parte del cliente.
Dunque, i desideri di quest´ultimo e le sue possibilità andranno posti in prima linea nell´approccio e nell´organizzazione delle tappe della trattativa.
Per comprendere tali necessità, una buona conoscenza degli esiti di ricerche di mercato mirate potrebbe rappresentare un utile bagaglio per il neo venditore.
Un´altra regola chiave consisterà nell´accantonare la tendenza ad essere insistenti (l´ansia derivante da una scarsa esperienza di vendita potrebbe far tendere ad un simile comportamento, pur di raggiungere i risultati attesi di chi ci abbia affidato l´incarico): in molti casi un risultato mediocre sarà attribuibile al fatto che il potenziale acquirente, sentendosi pressato, potrebbe rispondere mostrando un atteggiamento poco cordiale e frettoloso. Anche le possibili obiezioni andranno gestiste in maniera non polemica, con autocontrollo e trasparenza.
L´allenamento al parlare in pubblico tutte le volte che se ne abbia occasione sarà una ulteriore "palestra" per imparare a controllare una gestualità "nervosa" o espressioni che possano far trapelare il nostro disagio o, ancora, per "ridimensionare" l´utilizzo incontrollato di "non parole", ovvero termini che fungano da "intercalare", in grado di distogliere l´attenzione dell´uditorio, rendendo il proprio messaggio meno efficace.
Mi
sono laureato recentemente e sto valutando se allegare al curriculum
una lettera di presentazione. Cosa mi consiglia? Marco, Genova.
Le indagini recentemente condotte nell´ambito di società specializzate nella selezione del personale paiono dimostrare che coloro che alleghino al proprio curriculum vitae una lettera di presentazione personalizzata sulla base delle esigenze del destinatario abbiano maggiori possibilità di essere convocati per un primo colloquio conoscitivo rispetto a chi non utilizzi tale strumento.
La sua principale funzione è quella di "incuriosire" l´azienda, invogliandola ad approfondire la conoscenza di un particolare candidato.
Condizioni fondamentali per raggiungere l´obiettivo saranno la personalizzazione e la specificità dei contenuti, al di là di quella che può essere considerata la struttura standard della lettera (dati del candidato in altro a sinistra, dati dell´azienda in altro a destra, luogo e data, oggetto, testo e firma in originale).
Qualora si tratti della presentazione di una persona neolaureata/neodiplomata, il punto focale sul quale concentrarsi sarà la coerenza tra il proprio percorso formativo e la posizione ricercata, attraverso la descrizione del proprio piano di studi, delle eventuali specializzazioni attinenti con il ruolo al quale si aspiri, del contenuto della tesi di laurea o di eventuali tirocini/brevi collaborazioni che diano credito di una esperienza pratica (anche se temporalmente limitata) nel settore.
Dal momento che non sarà possibile, in tale circostanza, far leva su un consistente bagaglio professionale, assumeranno un notevole valore le competenze trasversali (caratteristiche personali) e le conoscenze sviluppate, ad esempio, in ambito linguistico (esami sostenuti, viaggi di studio ed esperienze all´estero) ed informatico.
Infine, nel caso di un candidato giovane, il selezionatore analizzerà con attenzione soprattutto i propositi e le motivazioni che lo inducano a proporsi in qualità di collaboratore, con l´intento di cogliere una coerenza tra i valori e gli obiettivi della persona e quelli aziendali.
Le indagini recentemente condotte nell´ambito di società specializzate nella selezione del personale paiono dimostrare che coloro che alleghino al proprio curriculum vitae una lettera di presentazione personalizzata sulla base delle esigenze del destinatario abbiano maggiori possibilità di essere convocati per un primo colloquio conoscitivo rispetto a chi non utilizzi tale strumento.
La sua principale funzione è quella di "incuriosire" l´azienda, invogliandola ad approfondire la conoscenza di un particolare candidato.
Condizioni fondamentali per raggiungere l´obiettivo saranno la personalizzazione e la specificità dei contenuti, al di là di quella che può essere considerata la struttura standard della lettera (dati del candidato in altro a sinistra, dati dell´azienda in altro a destra, luogo e data, oggetto, testo e firma in originale).
Qualora si tratti della presentazione di una persona neolaureata/neodiplomata, il punto focale sul quale concentrarsi sarà la coerenza tra il proprio percorso formativo e la posizione ricercata, attraverso la descrizione del proprio piano di studi, delle eventuali specializzazioni attinenti con il ruolo al quale si aspiri, del contenuto della tesi di laurea o di eventuali tirocini/brevi collaborazioni che diano credito di una esperienza pratica (anche se temporalmente limitata) nel settore.
Dal momento che non sarà possibile, in tale circostanza, far leva su un consistente bagaglio professionale, assumeranno un notevole valore le competenze trasversali (caratteristiche personali) e le conoscenze sviluppate, ad esempio, in ambito linguistico (esami sostenuti, viaggi di studio ed esperienze all´estero) ed informatico.
Infine, nel caso di un candidato giovane, il selezionatore analizzerà con attenzione soprattutto i propositi e le motivazioni che lo inducano a proporsi in qualità di collaboratore, con l´intento di cogliere una coerenza tra i valori e gli obiettivi della persona e quelli aziendali.
Dobbiamo
presentare un progetto realizzato dal nostro team e vogliamo
organizzare una efficace presentazione di gruppo. Come procedere?
Antonio, Ferrara.
Il presentare determinati risultati quali prodotto di un lavoro di gruppo sarà, da un lato, un´esperienza entusiasmante in quanto coronamento di un processo che ha condotto agli obiettivi prefissati, dall´altro un esercizio non facile da gestire poiché i contributi di ciascun membro del team andranno valorizzati in egual misura ed esposti in maniera "equilibrata", ma convincente nell´ambito della presentazione.
La descrizione dei dettagli di un progetto comporterà il possesso di una specifica expertise tecnica, ma andrà curato al contempo l´aspetto comunicativo e il coinvolgimento dell´uditorio.
Gli oratori, dunque, andranno selezionati sia in base alle competenze possedute, sia in base alle proprie capacità espositive.
Le persone più abili sul piano della comunicazione saranno, ad esempio, le più adatte a sostenere i momenti di apertura e chiusura della presentazione, "fasi" in cui la persuasività avrà il maggior peso.
L´organizzazione di una "prova generale" risulterà indispensabile al fine di acquisire piena consapevolezza di ciò che verrà esposto e delle tempistiche parziali e complessive (ciò al fine di eliminare i passaggi inutili e i dettagli superflui).
Generalmente, il primo oratore avrà il compito di presentare i colleghi e di introdurre l´argomento trattato, mentre la persona alla quale verrà affidata la "chiusura" dovrà possedere ottimali doti di sintesi e saper ripercorrere brevemente quanto esposto da tutti i membri del gruppo.
Ogni oratore dovrebbe prepararsi a rispondere ad eventuali quesiti inerenti la propria area di intervento, in modo da ridurre il rischio di imprecisioni o di contributi ripetitivi.
Risulterà efficace anche la presenza di un coordinatore in grado di gestire i vari "passaggi di testimone" e, per quanto concerne gli eventuali supporti visuali, essi dovrebbero, per una resa migliore, essere affidati a una persona diversa da chi esponga, ottenendo ovviamente una buona sincronizzazione.
Il presentare determinati risultati quali prodotto di un lavoro di gruppo sarà, da un lato, un´esperienza entusiasmante in quanto coronamento di un processo che ha condotto agli obiettivi prefissati, dall´altro un esercizio non facile da gestire poiché i contributi di ciascun membro del team andranno valorizzati in egual misura ed esposti in maniera "equilibrata", ma convincente nell´ambito della presentazione.
La descrizione dei dettagli di un progetto comporterà il possesso di una specifica expertise tecnica, ma andrà curato al contempo l´aspetto comunicativo e il coinvolgimento dell´uditorio.
Gli oratori, dunque, andranno selezionati sia in base alle competenze possedute, sia in base alle proprie capacità espositive.
Le persone più abili sul piano della comunicazione saranno, ad esempio, le più adatte a sostenere i momenti di apertura e chiusura della presentazione, "fasi" in cui la persuasività avrà il maggior peso.
L´organizzazione di una "prova generale" risulterà indispensabile al fine di acquisire piena consapevolezza di ciò che verrà esposto e delle tempistiche parziali e complessive (ciò al fine di eliminare i passaggi inutili e i dettagli superflui).
Generalmente, il primo oratore avrà il compito di presentare i colleghi e di introdurre l´argomento trattato, mentre la persona alla quale verrà affidata la "chiusura" dovrà possedere ottimali doti di sintesi e saper ripercorrere brevemente quanto esposto da tutti i membri del gruppo.
Ogni oratore dovrebbe prepararsi a rispondere ad eventuali quesiti inerenti la propria area di intervento, in modo da ridurre il rischio di imprecisioni o di contributi ripetitivi.
Risulterà efficace anche la presenza di un coordinatore in grado di gestire i vari "passaggi di testimone" e, per quanto concerne gli eventuali supporti visuali, essi dovrebbero, per una resa migliore, essere affidati a una persona diversa da chi esponga, ottenendo ovviamente una buona sincronizzazione.
Annunci
di lavoro: impariamo a distinguerli
Il processo di selezione di uno o più candidati prevede alcune tappe imprescindibili i cui protagonisti saranno, da un lato, l´azienda avente la necessità di inserire in organico una nuova risorsa, dall´altro, il selezionatore al quale verrà assegnato il compito di individuare il candidato ideale ai fini di un positivo riscontro rispetto alla posizione aperta.
Le tappe "classiche" di tale processo, qualora esso coinvolga un´agenzia di selezione, sono ben note: l´azienda espliciterà la sua richiesta, l´agenzia pubblicherà le offerte di lavoro in relazione ad una precisa job description (insieme di compiti professionali i quali implicheranno l´impiego di particolari strumenti di lavoro e consentiranno il raggiungimento di obiettivi mirati) e, conseguentemente, si presenteranno ai colloqui i candidati dotati di caratteristiche in linea con le esigenze e con il ruolo specifici.
Tuttavia, il "meccanismo" di reclutamento risulta, per svariate ragioni, oggi più che mai, maggiormente complesso rispetto a quanto ci si possa prefigurare. Lo si potrà attivare, quindi, sia in risposta al "bisogno di assumere" di un preciso committente, sia in maniera indipendente da una simile esigenza contingente.
Per le società di ricerca e selezione del personale e per le organizzazioni in generale, infatti, l´alimentare continuamente il proprio archivio di candidature non potrà che risultare vantaggioso, soprattutto quando l´inserimento di nuovi curricula si traduca nella "conoscenza" di profili di potenziale interesse.
L´imprevedibilità rispetto ai futuri volumi di lavoro di un´impresa (quindi la capacità limitata di anticipare i fabbisogni di personale sul piano quantitativo e su quello della tipologia di professionalità) e l´attuale concorrenza tra agenzie specializzate condurrà, sovente, ad optare per un´esplorazione proattiva del mercato del lavoro, in grado di anticipare le possibili richieste, individuando un bacino di candidati, contattabili in modo semplice e disponibili ad "entrare in gioco" in tempi brevi. In tale ottica, l´adoperarsi per il "bene" dell´organizzazione, individuando per tempo nominativi le cui caratteristiche risultino particolarmente interessanti e centrate, non potrà essere considerata un’azione irresponsabile e priva di motivazioni fondate.
Se il possedere un cospicuo numero di iscritti costituirà un vantaggio per l´agenzia, anche il "versante" del candidato ne trarrà giovamento: l´inclusione in più data base aumenterà statisticamente la possibilità di essere segnalati alle aziende e di essere più rapidamente introdotti/reinseriti nel mercato del lavoro.
La riduzione dei tempi di selezione nel momento in cui si presenti concretamente la necessità di dare inizio al processo di assunzione e la necessità di precorrere la "domanda" del cliente saranno, dunque, le principali motivazioni del reclutamento permanente, nonché del ricorso ai cosiddetti "annunci civetta" (facilmente riconoscibili in quanto, spesso, generici nella descrizione dell’azienda cliente, dell’ambiente professionale e della zona di riferimento).
Il modo stesso di denominare tale categoria di inserzioni fomenta da sempre l’alone di contestazione e di disappunto da parte dei candidati; tuttavia, alla luce delle precedenti considerazioni, sarà d’obbligo un’oculata riflessione rispetto all’atteggiamento (diffuso) del “non rispondervi”. Il primo passo consisterà nell’essere in grado di distinguere nettamente tra l’annuncio “truffa” (offerta ambigua, talvolta addirittura caratterizzata dalla richiesta di un investimento in denaro o dall’invito all’acquisto di materiale), l’annuncio “pubblicitario” (tramite un testo incentrato sulla qualità dei propri servizi e sulla capacità di assumere personale, l’azienda trasmette un’immagine di “benessere” e una potenziale visibilità in rete ad un costo contenuto rispetto a quello tipico di un’alternativa campagna promozionale) e, invece, l’inserzione indirizzata alla raccolta di curricula da proporre attivamente alle aziende (l’offerta non esiste al momento, ma lo scopo ultimo della sua pubblicazione sarà quello di sottoporre ai clienti attuali e futuri candidature valide, mirate e immediatamente spendibili). Non andrà, infine, sottovalutata la complessità del processo comunicativo nei confronti dei potenziali candidati (anch’essi clienti da acquisire, alla stregua delle aziende): la ripetitività dell’annuncio potrebbe essere considerata quale strategia di supporto al prodotto che si intenderà promuovere e successivamente vendere (candidature nei confronti delle quali risulti prioritario l’intraprendere azioni di reclutamento): il visitatore di un sito web sarà sì “guidato ad andare dove si decida di farlo andare”, ma la destinazione allettante, pur non coincidendo talvolta con quella immaginata, potrebbe comunque direzionarlo, più rapidamente del previsto, al cospetto di un lavoro nuovo, di un lavoro vero.
Annuncio “truffa” (offerta ambigua, richiesta di un investimento in denaro o dall’invito all’acquisto di materiale)
Annuncio “pubblicitario” (testo incentrato sulla qualità dei propri servizi e capacità di assumere personale. L’azienda trasmette un’immagine di “benessere” e una potenziale visibilità in rete ad un costo contenuto)
Annuncio “indirizzato alla raccolta di curricula” (l’offerta non esiste al momento, ma lo scopo ultimo della sua pubblicazione sarà quello di sottoporre ai clienti attuali e futuri candidature valide, mirate e immediatamente spendibili)
Il processo di selezione di uno o più candidati prevede alcune tappe imprescindibili i cui protagonisti saranno, da un lato, l´azienda avente la necessità di inserire in organico una nuova risorsa, dall´altro, il selezionatore al quale verrà assegnato il compito di individuare il candidato ideale ai fini di un positivo riscontro rispetto alla posizione aperta.
Le tappe "classiche" di tale processo, qualora esso coinvolga un´agenzia di selezione, sono ben note: l´azienda espliciterà la sua richiesta, l´agenzia pubblicherà le offerte di lavoro in relazione ad una precisa job description (insieme di compiti professionali i quali implicheranno l´impiego di particolari strumenti di lavoro e consentiranno il raggiungimento di obiettivi mirati) e, conseguentemente, si presenteranno ai colloqui i candidati dotati di caratteristiche in linea con le esigenze e con il ruolo specifici.
Tuttavia, il "meccanismo" di reclutamento risulta, per svariate ragioni, oggi più che mai, maggiormente complesso rispetto a quanto ci si possa prefigurare. Lo si potrà attivare, quindi, sia in risposta al "bisogno di assumere" di un preciso committente, sia in maniera indipendente da una simile esigenza contingente.
Per le società di ricerca e selezione del personale e per le organizzazioni in generale, infatti, l´alimentare continuamente il proprio archivio di candidature non potrà che risultare vantaggioso, soprattutto quando l´inserimento di nuovi curricula si traduca nella "conoscenza" di profili di potenziale interesse.
L´imprevedibilità rispetto ai futuri volumi di lavoro di un´impresa (quindi la capacità limitata di anticipare i fabbisogni di personale sul piano quantitativo e su quello della tipologia di professionalità) e l´attuale concorrenza tra agenzie specializzate condurrà, sovente, ad optare per un´esplorazione proattiva del mercato del lavoro, in grado di anticipare le possibili richieste, individuando un bacino di candidati, contattabili in modo semplice e disponibili ad "entrare in gioco" in tempi brevi. In tale ottica, l´adoperarsi per il "bene" dell´organizzazione, individuando per tempo nominativi le cui caratteristiche risultino particolarmente interessanti e centrate, non potrà essere considerata un’azione irresponsabile e priva di motivazioni fondate.
Se il possedere un cospicuo numero di iscritti costituirà un vantaggio per l´agenzia, anche il "versante" del candidato ne trarrà giovamento: l´inclusione in più data base aumenterà statisticamente la possibilità di essere segnalati alle aziende e di essere più rapidamente introdotti/reinseriti nel mercato del lavoro.
La riduzione dei tempi di selezione nel momento in cui si presenti concretamente la necessità di dare inizio al processo di assunzione e la necessità di precorrere la "domanda" del cliente saranno, dunque, le principali motivazioni del reclutamento permanente, nonché del ricorso ai cosiddetti "annunci civetta" (facilmente riconoscibili in quanto, spesso, generici nella descrizione dell’azienda cliente, dell’ambiente professionale e della zona di riferimento).
Il modo stesso di denominare tale categoria di inserzioni fomenta da sempre l’alone di contestazione e di disappunto da parte dei candidati; tuttavia, alla luce delle precedenti considerazioni, sarà d’obbligo un’oculata riflessione rispetto all’atteggiamento (diffuso) del “non rispondervi”. Il primo passo consisterà nell’essere in grado di distinguere nettamente tra l’annuncio “truffa” (offerta ambigua, talvolta addirittura caratterizzata dalla richiesta di un investimento in denaro o dall’invito all’acquisto di materiale), l’annuncio “pubblicitario” (tramite un testo incentrato sulla qualità dei propri servizi e sulla capacità di assumere personale, l’azienda trasmette un’immagine di “benessere” e una potenziale visibilità in rete ad un costo contenuto rispetto a quello tipico di un’alternativa campagna promozionale) e, invece, l’inserzione indirizzata alla raccolta di curricula da proporre attivamente alle aziende (l’offerta non esiste al momento, ma lo scopo ultimo della sua pubblicazione sarà quello di sottoporre ai clienti attuali e futuri candidature valide, mirate e immediatamente spendibili). Non andrà, infine, sottovalutata la complessità del processo comunicativo nei confronti dei potenziali candidati (anch’essi clienti da acquisire, alla stregua delle aziende): la ripetitività dell’annuncio potrebbe essere considerata quale strategia di supporto al prodotto che si intenderà promuovere e successivamente vendere (candidature nei confronti delle quali risulti prioritario l’intraprendere azioni di reclutamento): il visitatore di un sito web sarà sì “guidato ad andare dove si decida di farlo andare”, ma la destinazione allettante, pur non coincidendo talvolta con quella immaginata, potrebbe comunque direzionarlo, più rapidamente del previsto, al cospetto di un lavoro nuovo, di un lavoro vero.
Annuncio “truffa” (offerta ambigua, richiesta di un investimento in denaro o dall’invito all’acquisto di materiale)
Annuncio “pubblicitario” (testo incentrato sulla qualità dei propri servizi e capacità di assumere personale. L’azienda trasmette un’immagine di “benessere” e una potenziale visibilità in rete ad un costo contenuto)
Annuncio “indirizzato alla raccolta di curricula” (l’offerta non esiste al momento, ma lo scopo ultimo della sua pubblicazione sarà quello di sottoporre ai clienti attuali e futuri candidature valide, mirate e immediatamente spendibili)
Mi
sono appena laureata in psicologia e sono interessata all’ambito
della gestione del personale/formazione aziendale. Quali sono i ruoli
e le competenze chiave? Anna, Ferrara.
Per chi si occupi di formazione in azienda l’obiettivo da raggiungere consisterà nel miglioramento del livello di professionalità dei lavoratori, rinnovandone e sviluppandone le competenze.
L’esperto in questione, quindi, dovrà saper analizzare le esigenze di formazione dell’intera organizzazione e quelle dei singoli dipendenti, progettando attività comuni e specifiche per ruolo e competenza.
Tra le responsabilità che competeranno all’esperto in formazione aziendale sarà da considerare anche il reperimento del “corpo docente”, ovvero dei tecnici che dovranno intervenire per colmare specifici gap di conoscenza. In molti casi, inoltre, sarà necessario l’eseguire ricerche mirate al fine di reperire i fondi necessari per il finanziamento delle attività formative in programma.
In alcuni contesti, la figura dell’esperto coinciderà con quella del formatore o del progettista (soprattutto nel caso in cui operi per conto di società di consulenza esterne); in altre circostanze, invece, tale professionista fungerà principalmente da tramite tra direzione/responsabile della formazione e i gruppi di lavoro coinvolti nei progetti di aggiornamento, svolgendo per lo più attività di gestione, monitoraggio e verifica dei risultati raggiunti.
Un ruolo diverso, ma caratterizzato da alcuni elementi comuni rispetto al precedente, è quello dell’esperto in valutazione del lavoro, il cui compito fondamentale consisterà nella definizione di obiettivi e risultati da raggiungere in base alle necessità aziendali. Tra le mansioni prevalenti vi saranno l’analisi delle posizioni e delle competenze dei dipendenti e la conseguente modifica delle stesse, avente per scopo un miglioramento della produttività e del clima aziendale, la definizione dei percorsi di carriera e delle politiche retributive, la predisposizione di specifici sistemi di valutazione del lavoro e l’eventuale messa a punto di interventi formativi mirati.
Per chi si occupi di formazione in azienda l’obiettivo da raggiungere consisterà nel miglioramento del livello di professionalità dei lavoratori, rinnovandone e sviluppandone le competenze.
L’esperto in questione, quindi, dovrà saper analizzare le esigenze di formazione dell’intera organizzazione e quelle dei singoli dipendenti, progettando attività comuni e specifiche per ruolo e competenza.
Tra le responsabilità che competeranno all’esperto in formazione aziendale sarà da considerare anche il reperimento del “corpo docente”, ovvero dei tecnici che dovranno intervenire per colmare specifici gap di conoscenza. In molti casi, inoltre, sarà necessario l’eseguire ricerche mirate al fine di reperire i fondi necessari per il finanziamento delle attività formative in programma.
In alcuni contesti, la figura dell’esperto coinciderà con quella del formatore o del progettista (soprattutto nel caso in cui operi per conto di società di consulenza esterne); in altre circostanze, invece, tale professionista fungerà principalmente da tramite tra direzione/responsabile della formazione e i gruppi di lavoro coinvolti nei progetti di aggiornamento, svolgendo per lo più attività di gestione, monitoraggio e verifica dei risultati raggiunti.
Un ruolo diverso, ma caratterizzato da alcuni elementi comuni rispetto al precedente, è quello dell’esperto in valutazione del lavoro, il cui compito fondamentale consisterà nella definizione di obiettivi e risultati da raggiungere in base alle necessità aziendali. Tra le mansioni prevalenti vi saranno l’analisi delle posizioni e delle competenze dei dipendenti e la conseguente modifica delle stesse, avente per scopo un miglioramento della produttività e del clima aziendale, la definizione dei percorsi di carriera e delle politiche retributive, la predisposizione di specifici sistemi di valutazione del lavoro e l’eventuale messa a punto di interventi formativi mirati.
Mi
è stata proposta una collaborazione presso un ente della mia città
in qualità di coordinatore di progetti di formazione rivolti ad
adulti. Vorrei comprendere a fondo quali possano essere mansioni e
requisiti necessari. Alberto, Monza.
Il coordinatore è una figura fondamentale nella progettazione e gestione di programmi formativi i quali dovranno risultare mirati rispetto a specifiche categorie di destinatari e caratterizzati da metodologie in linea con gli obiettivi da raggiungere. I progetti realizzati non dovranno, quindi, risultare generici, bensì costituiti da moduli formativi creati a “misura di allievo”. Ecco perché il coordinatore dovrà mantenere contatti costanti con i docenti del corso in oggetto, sia raccogliendo le loro indicazioni, sia suggerendo, ad esempio, soluzioni comunicative che potrebbero rivelarsi efficaci in relazione ad una particolare utenza (disoccupati, neolaureati, persone che necessitino di interventi di orientamento, tecnici da riqualificare, ecc.), sia, infine, facilitando azioni di raccordo tra gli insegnanti stessi.
Tra gli elementi principali che contribuiranno al successo di un intervento didattico vi saranno, infatti, il mantenimento di un elevato livello di motivazione nei partecipanti e la possibilità per gli stessi di partecipare attivamente al progetto.
Un buon coordinatore saprà monitorare il percorso in tutte le sue fasi, dalla costituzione del gruppo alla valutazione finale dell’apprendimento, anche attraverso la scelta degli ambiti disciplinari da verificare. Tutto ciò dovrà procedere di pari passo con una serie di considerazioni di ordine economico e relazionale riguardanti il rispetto del budget previsto e la gestione dei rapporti con i committenti di un determinato piano di formazione.
Requisiti preziosi per una simile figura professionale saranno la capacità di instaurare relazioni empatiche con i corsisti e con i docenti, un’esperienza precedente nell’ambito della formazione (ad esempio, in qualità di tutor o di progettista) e una preparazione specifica relativamente ai processi di apprendimento.
Il coordinatore è una figura fondamentale nella progettazione e gestione di programmi formativi i quali dovranno risultare mirati rispetto a specifiche categorie di destinatari e caratterizzati da metodologie in linea con gli obiettivi da raggiungere. I progetti realizzati non dovranno, quindi, risultare generici, bensì costituiti da moduli formativi creati a “misura di allievo”. Ecco perché il coordinatore dovrà mantenere contatti costanti con i docenti del corso in oggetto, sia raccogliendo le loro indicazioni, sia suggerendo, ad esempio, soluzioni comunicative che potrebbero rivelarsi efficaci in relazione ad una particolare utenza (disoccupati, neolaureati, persone che necessitino di interventi di orientamento, tecnici da riqualificare, ecc.), sia, infine, facilitando azioni di raccordo tra gli insegnanti stessi.
Tra gli elementi principali che contribuiranno al successo di un intervento didattico vi saranno, infatti, il mantenimento di un elevato livello di motivazione nei partecipanti e la possibilità per gli stessi di partecipare attivamente al progetto.
Un buon coordinatore saprà monitorare il percorso in tutte le sue fasi, dalla costituzione del gruppo alla valutazione finale dell’apprendimento, anche attraverso la scelta degli ambiti disciplinari da verificare. Tutto ciò dovrà procedere di pari passo con una serie di considerazioni di ordine economico e relazionale riguardanti il rispetto del budget previsto e la gestione dei rapporti con i committenti di un determinato piano di formazione.
Requisiti preziosi per una simile figura professionale saranno la capacità di instaurare relazioni empatiche con i corsisti e con i docenti, un’esperienza precedente nell’ambito della formazione (ad esempio, in qualità di tutor o di progettista) e una preparazione specifica relativamente ai processi di apprendimento.
Self
marketing e candidature mirate. Cosa significano davvero questi
termini? Paola, Milano.
La gestione della propria vita professionale e di un eventuale cambiamento di lavoro presupporrà un insieme di passi fondamentali che dovranno essere effettuati con molta strategia.
Innanzitutto sarà importante l’elaborazione di un progetto che, da un lato, risponda alle nostre competenze ed attitudini (verosimilmente la scelta di un’attività in linea con i nostri interessi e la nostra preparazione ci consentirà di svolgerla al meglio). Il progetto non dovrà, in ogni caso, risultare svincolato da quelle che siano le reali esigenze del mercato del lavoro al quale ci rivolgeremo e dovrà poter essere suscettibile di cambiamenti qualora gli scenari professionali, i bisogni delle aziende e i nostri stessi obiettivi si modifichino nel tempo. Dovremo, conseguentemente, tenere sotto costante controllo il nostro livello di aggiornamento rispetto al bagaglio di competenze richiesto entro un determinato ambito professionale e tale monitoraggio dovrà implicare eventuali rinforzi in termini di formazione qualora si creino gap conoscitivi o subentri l’esigenza di una preparazione certificata.
Il contatto costante con le offerte delle aziende avrà, inoltre, un peso fondamentale: dovremo consultare le inserzioni pubblicate, contattare le società di consulenza, sfruttare i nostri contatti in rete e partecipare agli eventi legati al settore di nostro interesse (fiere, meeting, ecc.).
L’incrocio tra i propri punti di forza e lo specifico contesto economico e sociale al quale ci si proponga sarà indispensabile in quanto a luoghi e a dimensioni aziendali differenti corrisponderanno necessità altrettanto eterogenee.
Infine, il recupero delle informazioni inerenti l’organizzazione alla quale inviare la propria candidatura sarà imprescindibile: durante un colloquio di lavoro dovremo “abbattere la distanza tra noi e il selezionatore”, evitando discussioni anonime e mostrandoci quali persone capaci di programmarsi, informarsi prima di parlare e già un po’ “di casa” in azienda.
La gestione della propria vita professionale e di un eventuale cambiamento di lavoro presupporrà un insieme di passi fondamentali che dovranno essere effettuati con molta strategia.
Innanzitutto sarà importante l’elaborazione di un progetto che, da un lato, risponda alle nostre competenze ed attitudini (verosimilmente la scelta di un’attività in linea con i nostri interessi e la nostra preparazione ci consentirà di svolgerla al meglio). Il progetto non dovrà, in ogni caso, risultare svincolato da quelle che siano le reali esigenze del mercato del lavoro al quale ci rivolgeremo e dovrà poter essere suscettibile di cambiamenti qualora gli scenari professionali, i bisogni delle aziende e i nostri stessi obiettivi si modifichino nel tempo. Dovremo, conseguentemente, tenere sotto costante controllo il nostro livello di aggiornamento rispetto al bagaglio di competenze richiesto entro un determinato ambito professionale e tale monitoraggio dovrà implicare eventuali rinforzi in termini di formazione qualora si creino gap conoscitivi o subentri l’esigenza di una preparazione certificata.
Il contatto costante con le offerte delle aziende avrà, inoltre, un peso fondamentale: dovremo consultare le inserzioni pubblicate, contattare le società di consulenza, sfruttare i nostri contatti in rete e partecipare agli eventi legati al settore di nostro interesse (fiere, meeting, ecc.).
L’incrocio tra i propri punti di forza e lo specifico contesto economico e sociale al quale ci si proponga sarà indispensabile in quanto a luoghi e a dimensioni aziendali differenti corrisponderanno necessità altrettanto eterogenee.
Infine, il recupero delle informazioni inerenti l’organizzazione alla quale inviare la propria candidatura sarà imprescindibile: durante un colloquio di lavoro dovremo “abbattere la distanza tra noi e il selezionatore”, evitando discussioni anonime e mostrandoci quali persone capaci di programmarsi, informarsi prima di parlare e già un po’ “di casa” in azienda.
Esiste
una categoria di lavoratori i quali, viaggiando spesso per lavoro,
necessitano di "basi" al di fuori della loro sede di
provenienza, da utilizzare quali punto di appoggio, al fine di poter
svolgere alcune attività e risultare reperibili. Si tratta, sovente,
di liberi professionisti che si mettono al servizio delle aziende,
lavorando dall´esterno e cercando, anche mediante esperienze di
coworking, nuovi stimoli ed idee.
Una valida alternativa agli hotel, dotati di sale riunioni e di postazioni internet, può essere rappresentata dai cosiddetti centri uffici, completamente arredati e predisposti per accogliere uomini e donne d´affari, offrendo comodità, strumenti consoni, servizi flessibili e personalizzati.
Tali location, debitamente allestite potranno essere impiegate per accogliere i clienti locali e per organizzare meeting e conferenze.
Dal momento che l´offerta di simili strutture non è ancora così sviluppata, l´aprire un centro uffici potrebbe rivelarsi una valida scelta imprenditoriale, con buone prospettive di guadagno. Si potrà ipotizzare anche di seguire la strada del Franchising, contattando aziende specializzate, soprattutto nel caso si tratti di una esperienza imprenditoriale inedita o non si disponga di un budget consistente.
Un´altra strada potrebbe essere quella delle agevolazioni pubbliche o dei contributi a fondo perduto, da sfruttare per dare l´avvio all´attività.
Individuato un locale che si presti alle funzioni descritte, sarà necessario allestirlo con lo scopo di affittare la "base ufficio" a chi ne abbia necessità. Risulteranno, naturalmente, elementi importantissimi gli arredi e la dotazione di strumenti imprescindibili quali pc e postazioni internet, tavolo per riunioni, microfoni, telefoni e schermi per la proiezione.
A tali componenti considerate "basilari" potranno aggiungersene altre, quali la disponibilità di una segreteria efficiente, la possibilità di disporre di valido personale amministrativo o, ad esempio, un servizio di traduzione internazionale per chi lo richieda.
Una valida alternativa agli hotel, dotati di sale riunioni e di postazioni internet, può essere rappresentata dai cosiddetti centri uffici, completamente arredati e predisposti per accogliere uomini e donne d´affari, offrendo comodità, strumenti consoni, servizi flessibili e personalizzati.
Tali location, debitamente allestite potranno essere impiegate per accogliere i clienti locali e per organizzare meeting e conferenze.
Dal momento che l´offerta di simili strutture non è ancora così sviluppata, l´aprire un centro uffici potrebbe rivelarsi una valida scelta imprenditoriale, con buone prospettive di guadagno. Si potrà ipotizzare anche di seguire la strada del Franchising, contattando aziende specializzate, soprattutto nel caso si tratti di una esperienza imprenditoriale inedita o non si disponga di un budget consistente.
Un´altra strada potrebbe essere quella delle agevolazioni pubbliche o dei contributi a fondo perduto, da sfruttare per dare l´avvio all´attività.
Individuato un locale che si presti alle funzioni descritte, sarà necessario allestirlo con lo scopo di affittare la "base ufficio" a chi ne abbia necessità. Risulteranno, naturalmente, elementi importantissimi gli arredi e la dotazione di strumenti imprescindibili quali pc e postazioni internet, tavolo per riunioni, microfoni, telefoni e schermi per la proiezione.
A tali componenti considerate "basilari" potranno aggiungersene altre, quali la disponibilità di una segreteria efficiente, la possibilità di disporre di valido personale amministrativo o, ad esempio, un servizio di traduzione internazionale per chi lo richieda.
Per
moltissimi professionisti e in svariate situazioni lavorative il
saper contrattare e negoziare sono, oggi, competenze imprescindibili
al fine di risolvere disaccordi o di raggiungere un obiettivo comune.
Il miglior compromesso tra le parti non è sempre facile da ottenere in quanto implica la necessità di assumersi la responsabilità di una decisione e la capacità di rispondere in modo coerente e non aggressivo alla controparte. Spesso, il saper negoziare diventa un´autentica necessità nel mondo del business e delle relazioni lavorative in genere, dal momento che lo scontro favorisce un´inutile dispersione di energie e che le scelte coercitive, sovente, non conducono ai risultati sperati (l´interlocutore, sentendosi minacciato, comincia a sua volta ad infierire).
Accade, talvolta, che siamo proprio noi stessi il primo vero ostacolo alla contrattazione, soprattutto quando si sia abituati a competere e a prevalere sull´altro. Il conflitto o la fuga derivano da una nostra (a volte erronea) visione della controparte che ci porta a reagire in modo immediato, facendo prevalere l´emotività, senza valutare i bisogni latenti e gli interessi che si celino dietro la posizione di chi ci stia di fronte.
Andranno, al contrario, considerati i "problemi" del proprio interlocutore in termini di "mezzi" necessari per risolvere i propri problemi e dovranno essere rispettate le differenze tra le parti in gioco, ricercando soluzioni articolate che le soddisfino nella loro totalità.
Un abile negoziatore, inoltre, saprà considerare l´esistenza di percezioni soggettive in grado di alterare la realtà e, partendo da un tale presupposto, saprà mantenersi il più neutrale possibile nel gestire la trattativa, limitando le insidie derivanti da pregiudizi infondati.
L´arrivare al tavolo avendo già elaborato proposte sui possibili temi di discussione, lo stabilire priorità e il mostrarsi flessibili nel gestire i propri spazi negoziali e i propri punti di vista saranno, infine, ulteriori elementi favorevoli nell´ottenimento di risultati soddisfacenti.
Il miglior compromesso tra le parti non è sempre facile da ottenere in quanto implica la necessità di assumersi la responsabilità di una decisione e la capacità di rispondere in modo coerente e non aggressivo alla controparte. Spesso, il saper negoziare diventa un´autentica necessità nel mondo del business e delle relazioni lavorative in genere, dal momento che lo scontro favorisce un´inutile dispersione di energie e che le scelte coercitive, sovente, non conducono ai risultati sperati (l´interlocutore, sentendosi minacciato, comincia a sua volta ad infierire).
Accade, talvolta, che siamo proprio noi stessi il primo vero ostacolo alla contrattazione, soprattutto quando si sia abituati a competere e a prevalere sull´altro. Il conflitto o la fuga derivano da una nostra (a volte erronea) visione della controparte che ci porta a reagire in modo immediato, facendo prevalere l´emotività, senza valutare i bisogni latenti e gli interessi che si celino dietro la posizione di chi ci stia di fronte.
Andranno, al contrario, considerati i "problemi" del proprio interlocutore in termini di "mezzi" necessari per risolvere i propri problemi e dovranno essere rispettate le differenze tra le parti in gioco, ricercando soluzioni articolate che le soddisfino nella loro totalità.
Un abile negoziatore, inoltre, saprà considerare l´esistenza di percezioni soggettive in grado di alterare la realtà e, partendo da un tale presupposto, saprà mantenersi il più neutrale possibile nel gestire la trattativa, limitando le insidie derivanti da pregiudizi infondati.
L´arrivare al tavolo avendo già elaborato proposte sui possibili temi di discussione, lo stabilire priorità e il mostrarsi flessibili nel gestire i propri spazi negoziali e i propri punti di vista saranno, infine, ulteriori elementi favorevoli nell´ottenimento di risultati soddisfacenti.
Anche
all´interno di un gruppo di lavoro ormai consolidato può accadere
che l´inserimento di un nuovo membro, magari caratterizzato da un
livello di aggressività più alto della media, crei situazioni di
disequilibrio, minando le dinamiche comunicative utilizzate con
efficacia sino a quel momento.
Quando la comunicazione presenti un malfunzionamento i risultati complessivi, inevitabilmente, ne risentiranno e diventerà prioritario l´attuare misure strategiche in modo che il "funzionamento" del gruppo torni ad essere positivo.
Un atteggiamento arrogante e prevaricatore non sarà sicuramente facile da gestire e si potrebbe innescare un meccanismo privo di sbocchi verso il compromesso, ovvero il rispondere, a propria volta, con un comportamento aggressivo, dando luogo ad un circolo vizioso di condotte negative e controproducenti.
Anche la passività sarà rischiosa: si potrebbe andare incontro alla privazione di alcuni dei propri fondamentali diritti o all´impossibilità di approdare a soluzioni costruttive.
La strada migliore, invece, consisterà nella messa in atto di comportamenti assertivi, risparmiando energie e promuovendo le proprie opinioni in modo rispettoso, ma energico e convinto.
La persona assertiva, infatti, è pienamente consapevole dei propri stati d´animo ed è in grado di esprimerli senza difficoltà, mirando alla risoluzione dei problemi e mostrandosi empatica nei confronti di chi la circondi. Si tratta di un modo di essere che affonda le sue radici nell´autostima, ma che non potrà attecchire in assenza di fiducia negli altri e nel gruppo. La libertà di esprimersi e il rispetto per i punti di vista differenti saranno, dunque, ingredienti fondamentali.
Le parole diventeranno elementi preziosi e l´attenzione allo stile comunicativo e al linguaggio dell´altro (differenti, ad esempio, per personalità, cultura, background) costituirà una chiave importante per ritrovare una comunicazione efficace. Infine, si dovrà imparare a richiedere frequenti feedback, affinchè il dialogo risulti sempre bidirezionale.
Quando la comunicazione presenti un malfunzionamento i risultati complessivi, inevitabilmente, ne risentiranno e diventerà prioritario l´attuare misure strategiche in modo che il "funzionamento" del gruppo torni ad essere positivo.
Un atteggiamento arrogante e prevaricatore non sarà sicuramente facile da gestire e si potrebbe innescare un meccanismo privo di sbocchi verso il compromesso, ovvero il rispondere, a propria volta, con un comportamento aggressivo, dando luogo ad un circolo vizioso di condotte negative e controproducenti.
Anche la passività sarà rischiosa: si potrebbe andare incontro alla privazione di alcuni dei propri fondamentali diritti o all´impossibilità di approdare a soluzioni costruttive.
La strada migliore, invece, consisterà nella messa in atto di comportamenti assertivi, risparmiando energie e promuovendo le proprie opinioni in modo rispettoso, ma energico e convinto.
La persona assertiva, infatti, è pienamente consapevole dei propri stati d´animo ed è in grado di esprimerli senza difficoltà, mirando alla risoluzione dei problemi e mostrandosi empatica nei confronti di chi la circondi. Si tratta di un modo di essere che affonda le sue radici nell´autostima, ma che non potrà attecchire in assenza di fiducia negli altri e nel gruppo. La libertà di esprimersi e il rispetto per i punti di vista differenti saranno, dunque, ingredienti fondamentali.
Le parole diventeranno elementi preziosi e l´attenzione allo stile comunicativo e al linguaggio dell´altro (differenti, ad esempio, per personalità, cultura, background) costituirà una chiave importante per ritrovare una comunicazione efficace. Infine, si dovrà imparare a richiedere frequenti feedback, affinchè il dialogo risulti sempre bidirezionale.
Dal
momento che per la maggior parte di noi il tempo trascorso al lavoro
è addirittura superiore a quello che passiamo in famiglia, il poter
condividere progetti e successi con amici e, in generale, con persone
che apprezziamo e nei confronti delle quali nutriamo fiducia è
sicuramente un privilegio.
Anche il posto di lavoro, spesso, si trova grazie ad una rete di conoscenze che ci siamo costruiti nel tempo, a ex colleghi o collaboratori che hanno potuto apprezzare il nostro operato e che ci stimano in quanto professionisti. Le persone che costituiscono il nostro "network sociale" sono, oggi più che mai, indispensabili per poter emergere tra migliaia di candidature e proposte.
Tuttavia, l´intraprendere un´attività o il portare avanti un progetto insieme agli amici comporta la necessità di stabilire, sin dall´inizio della collaborazione, confini e regole imprescindibili al fine di non incorrere nella possibilità di svantaggi e delusioni. In primo luogo, andrà mantenuto lo spazio personale reciproco, in modo che lavoro e vita privata possano rimanere ambiti distinti e condivisibili, volendo, in contesti differenziati.
Le abitudini e i modi di essere dell´altro, se tenuti in considerazione durante le frequentazioni extra professionali, a maggior ragione dovranno essere rispettati dietro una scrivania, così come ritmi e tempi che potranno rivelarsi, collaborando, anche molto diversi da quelli ai quali si era abituati, ad esempio,organizzando una vacanza insieme o trascorrendo una serata in compagnia.
Sul lavoro emergeranno esigenze nuove e nuove motivazioni che ci mostreranno i nostri amici di sempre sotto una "nuova luce": dovremo essere pronti a "riscoprirli" e a confrontarci con schiettezza anche su tali caratteristiche inedite, vivendo i cambiamenti (anche nella relazione) con estrema serenità.
Le promozioni o i successi dell´uno, infine, non dovranno suscitare invidia, così come sarà utile il saper accettare le critiche e i consigli, senza dimenticare l´affetto, lo spirito costruttivo e le alleanze di sempre.
Anche il posto di lavoro, spesso, si trova grazie ad una rete di conoscenze che ci siamo costruiti nel tempo, a ex colleghi o collaboratori che hanno potuto apprezzare il nostro operato e che ci stimano in quanto professionisti. Le persone che costituiscono il nostro "network sociale" sono, oggi più che mai, indispensabili per poter emergere tra migliaia di candidature e proposte.
Tuttavia, l´intraprendere un´attività o il portare avanti un progetto insieme agli amici comporta la necessità di stabilire, sin dall´inizio della collaborazione, confini e regole imprescindibili al fine di non incorrere nella possibilità di svantaggi e delusioni. In primo luogo, andrà mantenuto lo spazio personale reciproco, in modo che lavoro e vita privata possano rimanere ambiti distinti e condivisibili, volendo, in contesti differenziati.
Le abitudini e i modi di essere dell´altro, se tenuti in considerazione durante le frequentazioni extra professionali, a maggior ragione dovranno essere rispettati dietro una scrivania, così come ritmi e tempi che potranno rivelarsi, collaborando, anche molto diversi da quelli ai quali si era abituati, ad esempio,organizzando una vacanza insieme o trascorrendo una serata in compagnia.
Sul lavoro emergeranno esigenze nuove e nuove motivazioni che ci mostreranno i nostri amici di sempre sotto una "nuova luce": dovremo essere pronti a "riscoprirli" e a confrontarci con schiettezza anche su tali caratteristiche inedite, vivendo i cambiamenti (anche nella relazione) con estrema serenità.
Le promozioni o i successi dell´uno, infine, non dovranno suscitare invidia, così come sarà utile il saper accettare le critiche e i consigli, senza dimenticare l´affetto, lo spirito costruttivo e le alleanze di sempre.
Mi
sono appena laureata in Lingue e sono alla ricerca del mio primo
lavoro. Su cosa puntare? Anna, Genova.
Un ottimo punto di partenza potrebbe essere quello di trasformare una passione in lavoro tenendo, però, in considerazione il fatto che essa subirà fisiologicamente un processo di trasformazione, richiedendo dosi di disciplina e di aggiornamento costante che nella sua versione "hobby" probabilmente non erano necessarie. L´impatto con la routine, nonostante il mestiere risulti appagante, sarà un aspetto con il quale fare i conti, così come la necessità di imparare a scindere tra lavoro e tempo libero.
Nella scelta di una professione, ma anche semplicemente di un contesto organizzativo, dovranno essere tenuti in considerazione anche elementi connessi alla propria personalità: se è la creatività a contraddistinguerci dovremo cercare di costruire un nostro profilo "multiplo", abbinando competenze diverse e puntando a ruoli trasversali.
Non siamo abituati, ad esempio, a considerare abilità professionali doti quali la pazienza. la prontezza nel risolvere i problemi o la capacità di ascolto, eppure si tratta di caratteristiche sempre più richieste alle quali si presta attenzione anche in fase di colloquio.
Nel proporsi ad un´azienda dovremo concentrarci sui nostri punti di forza, trasformando anche errori e mancanze in elementi dai quali trarre insegnamento e a partire dai quali voler dare il via ad un percorso di crescita e di aggiornamento.
Andrà ricordato, infine, che l´essere indaffarati e l´essere produttivi sono realtà estremamente diverse: in generale, gli studi dimostrano che la gestione del tempo sul lavoro è un elemento chiave legato all´entusiasmo e alla soddisfazione: ciò significa, nella pratica quotidiana, il poter godere, talvolta, di momenti di solitudine, l´avere un rapporto (magari creativo) con i clienti o il poter gestire in modo flessibile le proprie giornate, così che la propria curiosità e il desiderio di perfezionarsi siano continuamente sollecitati.
Un ottimo punto di partenza potrebbe essere quello di trasformare una passione in lavoro tenendo, però, in considerazione il fatto che essa subirà fisiologicamente un processo di trasformazione, richiedendo dosi di disciplina e di aggiornamento costante che nella sua versione "hobby" probabilmente non erano necessarie. L´impatto con la routine, nonostante il mestiere risulti appagante, sarà un aspetto con il quale fare i conti, così come la necessità di imparare a scindere tra lavoro e tempo libero.
Nella scelta di una professione, ma anche semplicemente di un contesto organizzativo, dovranno essere tenuti in considerazione anche elementi connessi alla propria personalità: se è la creatività a contraddistinguerci dovremo cercare di costruire un nostro profilo "multiplo", abbinando competenze diverse e puntando a ruoli trasversali.
Non siamo abituati, ad esempio, a considerare abilità professionali doti quali la pazienza. la prontezza nel risolvere i problemi o la capacità di ascolto, eppure si tratta di caratteristiche sempre più richieste alle quali si presta attenzione anche in fase di colloquio.
Nel proporsi ad un´azienda dovremo concentrarci sui nostri punti di forza, trasformando anche errori e mancanze in elementi dai quali trarre insegnamento e a partire dai quali voler dare il via ad un percorso di crescita e di aggiornamento.
Andrà ricordato, infine, che l´essere indaffarati e l´essere produttivi sono realtà estremamente diverse: in generale, gli studi dimostrano che la gestione del tempo sul lavoro è un elemento chiave legato all´entusiasmo e alla soddisfazione: ciò significa, nella pratica quotidiana, il poter godere, talvolta, di momenti di solitudine, l´avere un rapporto (magari creativo) con i clienti o il poter gestire in modo flessibile le proprie giornate, così che la propria curiosità e il desiderio di perfezionarsi siano continuamente sollecitati.
Uno
strumento di comunicazione che, se ben sfruttato, può trasformarsi
in una risorsa efficacissima per le aziende è il video marketing.
Si tratta, in sostanza, del mettere in circolazione il proprio brand
attraverso una presenza costante e mirata sul web.
La creazione di un video o di più video aziendali corrisponde, in un certo senso, ad una sorta di brochure animata che, proprio perché dinamica, diventa maggiormente accessibile e comprensibile a tutti. Il prodotto/servizio pubblicizzato avrà modo di essere introdotto in canali comunicativi inediti, come quello dei social network, ottenendo riscontri da popolazioni di clienti fino a quel momento difficilmente "toccate". L´investimento iniziale sarà, dunque, compensato da risultati soddisfacenti, a patto che il video risulti coerente con il messaggio che si desideri trasmettere e sia caratterizzato da contenuti e immagini di alta qualità, progettati sulla base delle reali e specifiche esigenze del proprio pubblico di riferimento.
L´essere concentrati sul target nella costruzione del video sarà, infatti, uno degli ingredienti fondamentali per il successo di una campagna sul web. Sarà, inoltre, necessario il farsi riconoscere con immediatezza, rendendo sempre visibile il proprio brand e ottimizzando ogni video per facilitare la ricerca e non disperdere inutilmente i contenuti.
La credibilità del video sarà un altro elemento imprescindibile: la curiosità dei potenziali clienti sarà soddisfatta, in particolar modo, attraverso l´inserimento di una case history di successo. Anche gli "angoli" più significativi nei quali si svolge l´attività dell´azienda (il proprio ufficio, quello dei collaboratori più stretti, i luoghi chiave della progettazione o della produzione) attireranno l´attenzione degli utenti, creando un impatto "familiare" sull´osservatore e puntando allo sviluppo di un rapporto basato sulla fiducia.
Non andranno creati video aziendali eccessivamente lunghi: 4 o 5 minuti saranno più che sufficienti per "conquistare" la memoria delle persone.
La creazione di un video o di più video aziendali corrisponde, in un certo senso, ad una sorta di brochure animata che, proprio perché dinamica, diventa maggiormente accessibile e comprensibile a tutti. Il prodotto/servizio pubblicizzato avrà modo di essere introdotto in canali comunicativi inediti, come quello dei social network, ottenendo riscontri da popolazioni di clienti fino a quel momento difficilmente "toccate". L´investimento iniziale sarà, dunque, compensato da risultati soddisfacenti, a patto che il video risulti coerente con il messaggio che si desideri trasmettere e sia caratterizzato da contenuti e immagini di alta qualità, progettati sulla base delle reali e specifiche esigenze del proprio pubblico di riferimento.
L´essere concentrati sul target nella costruzione del video sarà, infatti, uno degli ingredienti fondamentali per il successo di una campagna sul web. Sarà, inoltre, necessario il farsi riconoscere con immediatezza, rendendo sempre visibile il proprio brand e ottimizzando ogni video per facilitare la ricerca e non disperdere inutilmente i contenuti.
La credibilità del video sarà un altro elemento imprescindibile: la curiosità dei potenziali clienti sarà soddisfatta, in particolar modo, attraverso l´inserimento di una case history di successo. Anche gli "angoli" più significativi nei quali si svolge l´attività dell´azienda (il proprio ufficio, quello dei collaboratori più stretti, i luoghi chiave della progettazione o della produzione) attireranno l´attenzione degli utenti, creando un impatto "familiare" sull´osservatore e puntando allo sviluppo di un rapporto basato sulla fiducia.
Non andranno creati video aziendali eccessivamente lunghi: 4 o 5 minuti saranno più che sufficienti per "conquistare" la memoria delle persone.
Come
essere assertivi? Simone, Como.
In un contesto lavorativo il saper mettere in pratica comportamenti costruttivi che migliorino o, perlomeno, mantengano positive le relazioni con colleghi e clienti è fondamentale. Al fine di raggiungere simili risultati sarà importante l´aver consapevolezza delle proprie emozioni e di quelle altrui, in modo da non sperimentare né un´eccessiva ritrosia nell´esprimere le proprie opinioni, né rabbia o sconforto di fronte a circostanze non favorevoli.
Anche i sentimenti negativi andranno comunicati, controllando ansia e stress, mediante comportamenti che si basino, sempre, sul rispetto di sè e di chi ci circondi, limitando la passività, ma anche l´aggressività nelle relazioni.
In particolare, ciò che garantirà esiti positivi anche in contesti problematici sarà la capacità di essere assertivi, ovvero di utilizzare modalità di comunicazione che favoriscano relazioni rilassate e incentrate sulla cooperazione, caratterizzate dall´equilibrio tra le parti e dalla possibilità di esprimere il proprio potenziale.
Innanzitutto, bisognerà accantonare i pregiudizi, affrontando il proprio interlocutore "per quello che è", senza giudicarlo a priori. L´affermazione dei propri diritti e punti di vista dovrà prevedere il rispetto di quelli della controparte, evitando di negarli e basando la relazione su dialogo e confronto aperto.
La progettualità dovrà essere sempre implicita nel rapporto che andrà via via costruendosi, così come dovranno essere chiare, da subito, le reciproche responsabilità e la presa di coscienza dei propri ruoli.
Si dovrà partire dal presupposto che l´assertività non sia una caratteristica "stabile" in un individuo, bensì che essa vada "allenata" con costanza, esercitandosi nell´essere più sicuri di sé e nel saper dare fiducia agli altri.
Ad esempio, si dovrà prestare attenzione al mantenimento di una simmetria tra la propria comunicazione verbale e il linguaggio del corpo, utilizzando un buon contatto oculare al fine di intensificare lo scambio con l´interlocutore e orientando la propria postura in modo che sia in linea con la sua direzione.
In un contesto lavorativo il saper mettere in pratica comportamenti costruttivi che migliorino o, perlomeno, mantengano positive le relazioni con colleghi e clienti è fondamentale. Al fine di raggiungere simili risultati sarà importante l´aver consapevolezza delle proprie emozioni e di quelle altrui, in modo da non sperimentare né un´eccessiva ritrosia nell´esprimere le proprie opinioni, né rabbia o sconforto di fronte a circostanze non favorevoli.
Anche i sentimenti negativi andranno comunicati, controllando ansia e stress, mediante comportamenti che si basino, sempre, sul rispetto di sè e di chi ci circondi, limitando la passività, ma anche l´aggressività nelle relazioni.
In particolare, ciò che garantirà esiti positivi anche in contesti problematici sarà la capacità di essere assertivi, ovvero di utilizzare modalità di comunicazione che favoriscano relazioni rilassate e incentrate sulla cooperazione, caratterizzate dall´equilibrio tra le parti e dalla possibilità di esprimere il proprio potenziale.
Innanzitutto, bisognerà accantonare i pregiudizi, affrontando il proprio interlocutore "per quello che è", senza giudicarlo a priori. L´affermazione dei propri diritti e punti di vista dovrà prevedere il rispetto di quelli della controparte, evitando di negarli e basando la relazione su dialogo e confronto aperto.
La progettualità dovrà essere sempre implicita nel rapporto che andrà via via costruendosi, così come dovranno essere chiare, da subito, le reciproche responsabilità e la presa di coscienza dei propri ruoli.
Si dovrà partire dal presupposto che l´assertività non sia una caratteristica "stabile" in un individuo, bensì che essa vada "allenata" con costanza, esercitandosi nell´essere più sicuri di sé e nel saper dare fiducia agli altri.
Ad esempio, si dovrà prestare attenzione al mantenimento di una simmetria tra la propria comunicazione verbale e il linguaggio del corpo, utilizzando un buon contatto oculare al fine di intensificare lo scambio con l´interlocutore e orientando la propria postura in modo che sia in linea con la sua direzione.
Da
sei mesi ho un´attività con il mio compagno. Come comportarsi per
evitare che la coppia sia di ostacolo al lavoro? Mara, Padova.
Non sono rare le coppie che decidono di "unirsi" anche nel mondo del lavoro, dando vita ad attività che consentono di mettersi in gioco, utilizzando risorse le quali, in un contesto privato, magari, non emergerebbero in maniera così nitida. Sarà importante, in tali situazioni, il saper preservare la propria individualità e gli spazi personali, senza cedere alla minaccia rappresentata dai giochi di potere e dalla competizione.
Per il bene della relazione, inoltre, sarà fondamentale il non portarsi il "lavoro a casa" dopo una giornata di impegni e di incombenze o, perlomeno, il fare in modo che non diventi la normalità.
I vantaggi di una attività "di coppia" risiedono soprattutto nella fiducia riposta nel proprio "compagno/a di viaggio", negli obiettivi comuni, nella conoscenza che si ha dell´altra persona e nella possibilità di apprezzarla anche in un ruolo inedito rispetto alla vita affettiva. Ciò sarà possibile se, da subito, verranno definiti dei confini relativamente al rapporto professionale e alle aspettative e responsabilità che esso comporta per sua natura.
Ovviamente, ci saranno regole ferree da rispettare basate, in primo luogo, sul rispetto reciproco (ad esempio, l´ascoltare senza interrompere e/o anticipare le risposte; il non celare informazioni, l´essere sinceri a tutti i costi, senza sconti), sulla definizione dei ruoli e dei compiti (chi sarà il capo di chi) e sullo scambio di idee e consigli, evitando di voler far prevalere a tutti i costi il proprio ego e dando spazio alle possibilità creative a cui l´unione di due personalità potrà dar vita.
Gli impegni andranno regolarmente calendarizzati (lavorando insieme, talvolta, si tenderà a "dilatare" i tempi, con il rischio di non rispettare le scadenze previste) e affrontati in base alle responsabilità di ognuno e i successi del partner andranno debitamente celebrati, in modo complice ed empatico, rafforzando, in tal modo, la fiducia reciproca.
Non sono rare le coppie che decidono di "unirsi" anche nel mondo del lavoro, dando vita ad attività che consentono di mettersi in gioco, utilizzando risorse le quali, in un contesto privato, magari, non emergerebbero in maniera così nitida. Sarà importante, in tali situazioni, il saper preservare la propria individualità e gli spazi personali, senza cedere alla minaccia rappresentata dai giochi di potere e dalla competizione.
Per il bene della relazione, inoltre, sarà fondamentale il non portarsi il "lavoro a casa" dopo una giornata di impegni e di incombenze o, perlomeno, il fare in modo che non diventi la normalità.
I vantaggi di una attività "di coppia" risiedono soprattutto nella fiducia riposta nel proprio "compagno/a di viaggio", negli obiettivi comuni, nella conoscenza che si ha dell´altra persona e nella possibilità di apprezzarla anche in un ruolo inedito rispetto alla vita affettiva. Ciò sarà possibile se, da subito, verranno definiti dei confini relativamente al rapporto professionale e alle aspettative e responsabilità che esso comporta per sua natura.
Ovviamente, ci saranno regole ferree da rispettare basate, in primo luogo, sul rispetto reciproco (ad esempio, l´ascoltare senza interrompere e/o anticipare le risposte; il non celare informazioni, l´essere sinceri a tutti i costi, senza sconti), sulla definizione dei ruoli e dei compiti (chi sarà il capo di chi) e sullo scambio di idee e consigli, evitando di voler far prevalere a tutti i costi il proprio ego e dando spazio alle possibilità creative a cui l´unione di due personalità potrà dar vita.
Gli impegni andranno regolarmente calendarizzati (lavorando insieme, talvolta, si tenderà a "dilatare" i tempi, con il rischio di non rispettare le scadenze previste) e affrontati in base alle responsabilità di ognuno e i successi del partner andranno debitamente celebrati, in modo complice ed empatico, rafforzando, in tal modo, la fiducia reciproca.
Ottengo
buoni risultati nelle vendite, ma il mio approccio iniziale al
cliente non è comunque facile, Che fare? Iva, Bologna.
L’abilità nello stabilire e nel mantenere un rapporto con il cliente rappresenta il primo e fondamentale punto di partenza per coloro che si approcciano al “mestiere” del venditore. Qualunque sia il tipo di prodotto o servizio che ci si appresti a promuovere (compresa la nostra professionalità qualora si stia cercando un lavoro e ci si rivolga ad un’azienda di interesse), la nostra convinzione e il nostro approccio all’interlocutore faranno la differenza in relazione al successo della trattativa in corso.
I codici di chi ci ascolterà andranno rispettati e all’invadenza/aggressività andrà comunque preferita l’empatia e il contatto diretto, senza intermediari (nel caso di una lettera di presentazione, sarà opportuno, ad esempio, indirizzarla al responsabile del personale, premunendosi di indicare il suo nome e cognome, al fine di non farle assumere un carattere generico ed impersonale).
Al di là delle tecniche commerciali utilizzate in svariati settori (il donare un piccolo omaggio al cliente potenziale, il complimentarsi in maniera sincera con la persona che si ha di fronte relativamente ad un suo successo o ad una scelta da noi condivisa, l’utilizzo dell’ascolto attivo caratterizzato dall’attenzione all’altro e dal rispetto dei suoi tempi, la condivisione di interessi che ci accomunino al nostro interlocutore), l’elemento maggiormente significativo nella costruzione del rapporto riguarderà spesso la nostra capacità di mostrarci naturali, di impostare un dialogo privo di forzature, creando un feeling e uno scambio alla pari o, comunque, in linea con i ruoli specifici dei protagonisti in gioco (candidato-selezionatore, venditore – cliente).
Nell’ambito di un confronto caratterizzato da sincerità e concretezza, il mostrarsi in sintonia con l’altro e simili a lui in relazione a particolari anche minimi, ma dotati di valore, costituirà una strategia di marketing eticamente corretta e, soprattutto, decisamente proficua.
L’abilità nello stabilire e nel mantenere un rapporto con il cliente rappresenta il primo e fondamentale punto di partenza per coloro che si approcciano al “mestiere” del venditore. Qualunque sia il tipo di prodotto o servizio che ci si appresti a promuovere (compresa la nostra professionalità qualora si stia cercando un lavoro e ci si rivolga ad un’azienda di interesse), la nostra convinzione e il nostro approccio all’interlocutore faranno la differenza in relazione al successo della trattativa in corso.
I codici di chi ci ascolterà andranno rispettati e all’invadenza/aggressività andrà comunque preferita l’empatia e il contatto diretto, senza intermediari (nel caso di una lettera di presentazione, sarà opportuno, ad esempio, indirizzarla al responsabile del personale, premunendosi di indicare il suo nome e cognome, al fine di non farle assumere un carattere generico ed impersonale).
Al di là delle tecniche commerciali utilizzate in svariati settori (il donare un piccolo omaggio al cliente potenziale, il complimentarsi in maniera sincera con la persona che si ha di fronte relativamente ad un suo successo o ad una scelta da noi condivisa, l’utilizzo dell’ascolto attivo caratterizzato dall’attenzione all’altro e dal rispetto dei suoi tempi, la condivisione di interessi che ci accomunino al nostro interlocutore), l’elemento maggiormente significativo nella costruzione del rapporto riguarderà spesso la nostra capacità di mostrarci naturali, di impostare un dialogo privo di forzature, creando un feeling e uno scambio alla pari o, comunque, in linea con i ruoli specifici dei protagonisti in gioco (candidato-selezionatore, venditore – cliente).
Nell’ambito di un confronto caratterizzato da sincerità e concretezza, il mostrarsi in sintonia con l’altro e simili a lui in relazione a particolari anche minimi, ma dotati di valore, costituirà una strategia di marketing eticamente corretta e, soprattutto, decisamente proficua.
Come
accade per il mondo del lavoro, in generale, anche il terzo settore
subisce continue trasformazioni offrendo spazi inediti a nuove
professionalità. Non a caso, migliaia di professionisti for profit,
soprattutto nella fascia d´età che va dai 35 ai 55 anni,
ripropongono il loro impegno in qualità di manager o impiegati nel
settore sociale.
Le prospettive occupazionali, in effetti, risultano svariate e si percepisce la necessità di figure che giochino ruoli strategici, al fine di rendere efficienti sistemi di relazioni e progetti complessi.
Le organizzazioni no profit e le cooperative sociali presentano caratteristiche peculiari che rendono particolarmente adatte all´inserimento persone che mostrino passione, competenze e ottime doti organizzative, capaci di far emergere possibilità retributive e di crescita personale. Sarà fondamentale, inoltre, il possesso di una buona dose di auto - imprenditorialità, ovvero la capacità di concretizzare un progetto a partire da un reale bisogno sociale e dalle competenze possedute per intervenire a riguardo.
La ricerca di lavoro rivolta al terzo settore dovrà partire da un curriculum mirato e in linea con l´esigenza del destinatario specifico. Dovranno essere illustrati il proprio percorso formativo e professionale, evidenziando anche esperienze di volontariato (ad esempio, per la selezione dei propri collaboratori, le ONG "si fidano di più" di chi ha già fatto esperienze di lavoro volontario o retribuito sul campo, nei Paesi in via di sviluppo) e la propria rete di contatti.
Per chi desideri approfondire le conoscenze inerenti il settore o ottenere una specializzazione in riferimento a un target di utenti specifico, sarà fondamentale la scelta di percorsi formativi e di Enti che presentino un forte radicamento nel sociale e che sviluppino partnership con soggetti no profit.
La conoscenza dell´Inglese sarà d´obbligo, anche qualora si lavori in Italia in progetti locali, per aggiornarsi, scambiare buone pratiche, lavorare in progetti europei e di cooperazione.
Le prospettive occupazionali, in effetti, risultano svariate e si percepisce la necessità di figure che giochino ruoli strategici, al fine di rendere efficienti sistemi di relazioni e progetti complessi.
Le organizzazioni no profit e le cooperative sociali presentano caratteristiche peculiari che rendono particolarmente adatte all´inserimento persone che mostrino passione, competenze e ottime doti organizzative, capaci di far emergere possibilità retributive e di crescita personale. Sarà fondamentale, inoltre, il possesso di una buona dose di auto - imprenditorialità, ovvero la capacità di concretizzare un progetto a partire da un reale bisogno sociale e dalle competenze possedute per intervenire a riguardo.
La ricerca di lavoro rivolta al terzo settore dovrà partire da un curriculum mirato e in linea con l´esigenza del destinatario specifico. Dovranno essere illustrati il proprio percorso formativo e professionale, evidenziando anche esperienze di volontariato (ad esempio, per la selezione dei propri collaboratori, le ONG "si fidano di più" di chi ha già fatto esperienze di lavoro volontario o retribuito sul campo, nei Paesi in via di sviluppo) e la propria rete di contatti.
Per chi desideri approfondire le conoscenze inerenti il settore o ottenere una specializzazione in riferimento a un target di utenti specifico, sarà fondamentale la scelta di percorsi formativi e di Enti che presentino un forte radicamento nel sociale e che sviluppino partnership con soggetti no profit.
La conoscenza dell´Inglese sarà d´obbligo, anche qualora si lavori in Italia in progetti locali, per aggiornarsi, scambiare buone pratiche, lavorare in progetti europei e di cooperazione.
Quando
la priorità è quella di gestire nel più breve tempo possibile
l´inserimento di un nuovo dipendente/collega in azienda può accadere
che i membri di un´organizzazione debbano "tamponare" una
serie di situazioni di "straordinaria amministrazione". Un
elemento del team che ancora non sia in grado di cogliere con
prontezza un´emergenza o di coordinarsi con gli altri componenti
della squadra potrà, in effetti, condurre ad un rallentamento nelle
procedure di routine.
Sarà fondamentale, dunque, individuare le persone alle quali affidare il neo-assunto, scegliendole tra chi per ruolo ricoperto o per pura predisposizione all´affiancamento, si rivelerà il migliore nel formarlo e nel fargli conoscere regole del nuovo ambiente di lavoro.
Un adeguato piano di inserimento potrà rivelarsi uno strumento utilissimo per evitare eccessivi rallentamenti o incomprensioni o, peggio ancora, la sensazione provata dal collaboratore alle prime armi dell´essere "parcheggiato" e volutamente evitato da colleghi troppo indaffarati. Ciò avrebbe un inevitabile effetto negativo sulla sua motivazione e sull´autostima, riducendo la spinta ad apprendere.
L´organizzazione dell´inserimento in termini di durata, costi e risultati avrà quale effetto immediato la mancata dispersione delle energie impiegate nel periodo iniziale, aumentando l´efficacia del training e la soddisfazione delle persone coinvolte.
Anche le previsioni rispetto ai tempi necessari al fine di rendere autonomo il collega potranno essere maggiormente precise, consentendo di pianificare il momento in cui gli si potrà far assumere piene responsabilità rispetto alla mansione da svolgere.
Per chi cominci, d´altra parte, sarà fondamentale il porsi in modo proattivo, mostrando curiosità, ponendo domande appropriate, senza eccedere in iniziative non esplicitamente apprezzate.
Un atteggiamento sorridente contribuirà alla costruzione di una prima impressione positiva intorno a sé. Cogliamo l´attimo! La pausa caffè, ad esempio, potrà rivelarsi un ottimo momento per iniziare uno scambio informale e dare agli altri l´opportunità di conoscerci.
Sarà fondamentale, dunque, individuare le persone alle quali affidare il neo-assunto, scegliendole tra chi per ruolo ricoperto o per pura predisposizione all´affiancamento, si rivelerà il migliore nel formarlo e nel fargli conoscere regole del nuovo ambiente di lavoro.
Un adeguato piano di inserimento potrà rivelarsi uno strumento utilissimo per evitare eccessivi rallentamenti o incomprensioni o, peggio ancora, la sensazione provata dal collaboratore alle prime armi dell´essere "parcheggiato" e volutamente evitato da colleghi troppo indaffarati. Ciò avrebbe un inevitabile effetto negativo sulla sua motivazione e sull´autostima, riducendo la spinta ad apprendere.
L´organizzazione dell´inserimento in termini di durata, costi e risultati avrà quale effetto immediato la mancata dispersione delle energie impiegate nel periodo iniziale, aumentando l´efficacia del training e la soddisfazione delle persone coinvolte.
Anche le previsioni rispetto ai tempi necessari al fine di rendere autonomo il collega potranno essere maggiormente precise, consentendo di pianificare il momento in cui gli si potrà far assumere piene responsabilità rispetto alla mansione da svolgere.
Per chi cominci, d´altra parte, sarà fondamentale il porsi in modo proattivo, mostrando curiosità, ponendo domande appropriate, senza eccedere in iniziative non esplicitamente apprezzate.
Un atteggiamento sorridente contribuirà alla costruzione di una prima impressione positiva intorno a sé. Cogliamo l´attimo! La pausa caffè, ad esempio, potrà rivelarsi un ottimo momento per iniziare uno scambio informale e dare agli altri l´opportunità di conoscerci.
Quali
sono gli elementi del linguaggio non verbale ai quali prestare
maggiore attenzione? Ivo, Livorno.
Secondo gli esperti di comunicazione l’importanza del linguaggio non verbale (quella parte della comunicazione che comprende tutti gli aspetti di uno scambio comunicativo che non riguardano il livello puramente semantico del messaggio, ossia il significato letterale delle parole che compongono il messaggio stesso, ma che riguardano il linguaggio del corpo, ossia la comunicazione non parlata tra persone) è notevolissima: si ritiene, infatti, che oltre il cinquanta per cento della comunicazione ne sia determinato e che la comprensione ottimale di un messaggio ne risenta indiscutibilmente.
Quando il rapporto tra contenuti verbali ed espressività corporea risulti armonioso si otterrà il miglior risultato in termini di efficacia comunicativa.
Gli aspetti fondamentali di una simile forma di scambio, controllabile in misura minore rispetto alla “parola” e, per tale ragione, maggiormente rappresentativa dei nostri stati emotivi sono la mimica facciale, la gestualità, la prossemica e la postura.
L’espressione del volto e il sorriso supporteranno il nostro “parlato”, conferendogli una forza e un’incisività che i soli contenuti comunicativi, per quanto interessanti, non riuscirebbero a produrre anche nei confronti dell’interlocutore più attento. La facilitazione di una prima impressione positiva si otterrà, quindi, rendendo immediatamente percepibile la rilevanza di una notizia trasmessa, grazie ad un’espressione del volto e dello sguardo che ne sottolineino le caratteristiche vantaggiose.
I gesti che accompagneranno le parole, poi, oltre al produrre l’effetto di un abbassamento della tensione emotiva tipica di situazioni valutative o di “esposizione” ad un pubblico, grazie ad un incanalamento mirato dell’energia generata dal contesto, contribuiranno alla riduzione delle distanze psicologiche e sociali tra le persone coinvolte nel processo comunicativo.
In termini di distanza spaziale, la “non invasione” del campo altrui risulterà altrettanto essenziale: sarà utile il saper valutare la vicinanza/lontananza che i nostri interlocutori porranno rispetto a noi, al fine di cogliere il loro stato emotivo e l’atteggiamento nei confronti della relazione. Infine, una postura eretta, ma non rigida (braccia morbide lungo i fianchi o posizioni leggermente oblique, da seduti) comunicherà spontaneità e disinvoltura.
Secondo gli esperti di comunicazione l’importanza del linguaggio non verbale (quella parte della comunicazione che comprende tutti gli aspetti di uno scambio comunicativo che non riguardano il livello puramente semantico del messaggio, ossia il significato letterale delle parole che compongono il messaggio stesso, ma che riguardano il linguaggio del corpo, ossia la comunicazione non parlata tra persone) è notevolissima: si ritiene, infatti, che oltre il cinquanta per cento della comunicazione ne sia determinato e che la comprensione ottimale di un messaggio ne risenta indiscutibilmente.
Quando il rapporto tra contenuti verbali ed espressività corporea risulti armonioso si otterrà il miglior risultato in termini di efficacia comunicativa.
Gli aspetti fondamentali di una simile forma di scambio, controllabile in misura minore rispetto alla “parola” e, per tale ragione, maggiormente rappresentativa dei nostri stati emotivi sono la mimica facciale, la gestualità, la prossemica e la postura.
L’espressione del volto e il sorriso supporteranno il nostro “parlato”, conferendogli una forza e un’incisività che i soli contenuti comunicativi, per quanto interessanti, non riuscirebbero a produrre anche nei confronti dell’interlocutore più attento. La facilitazione di una prima impressione positiva si otterrà, quindi, rendendo immediatamente percepibile la rilevanza di una notizia trasmessa, grazie ad un’espressione del volto e dello sguardo che ne sottolineino le caratteristiche vantaggiose.
I gesti che accompagneranno le parole, poi, oltre al produrre l’effetto di un abbassamento della tensione emotiva tipica di situazioni valutative o di “esposizione” ad un pubblico, grazie ad un incanalamento mirato dell’energia generata dal contesto, contribuiranno alla riduzione delle distanze psicologiche e sociali tra le persone coinvolte nel processo comunicativo.
In termini di distanza spaziale, la “non invasione” del campo altrui risulterà altrettanto essenziale: sarà utile il saper valutare la vicinanza/lontananza che i nostri interlocutori porranno rispetto a noi, al fine di cogliere il loro stato emotivo e l’atteggiamento nei confronti della relazione. Infine, una postura eretta, ma non rigida (braccia morbide lungo i fianchi o posizioni leggermente oblique, da seduti) comunicherà spontaneità e disinvoltura.
Sono
stato assunto da un mese, come evitare passi falsi? Livio, Varese.
L´ingresso in una nuova azienda comporterà, oltre ad un necessario affiancamento finalizzato all´acquisizione di competenze tecniche specifiche legate al contesto professionale, al prodotto di riferimento e alle metodologie utilizzate, un processo di adattamento progressivo da parte del neo assunto, il quale si troverà a dover "prendere possesso" di un ruolo organizzativo e di una serie di relazioni da gestire efficacemente.
Il senso di appartenenza ad una comunità costituita da colleghi e superiori si svilupperà in modo direttamente proporzionale alla costruzione di rapporti basati sull´analisi della situazione esistente, sulla formulazione di obiettivi realistici e sull´individuazione delle problematiche da affrontare.
Dovrà essere ben chiara, già in fase di colloquio di selezione, la mansione che si sarà chiamati a svolgere, al fine di evitare rischiosi fraintendimenti in termini di responsabilità, soprattutto se si sia chiamati a gestire risorse umane ed economiche e si venga catapultati in un contesto relazionale complesso, dotato di un suo delicato e specifico equilibrio.
Una percezione non positiva, da parte dei propri interlocutori in una fase di inserimento, potrebbe costringere il nuovo collaboratore ad una faticosa "risalita", allo scopo di conquistare fiducia e riconoscimento dei propri meriti. Si dovrebbe, quindi, intendere il momento di approccio con la nuova realtà aziendale quale terreno fertile per la raccolta di informazioni preziose non riguardanti solamente la propria funzione, ma connesse alla cultura e alle "regole implicite" dell´ambiente professionale nella sua totalità.
La capacità di negoziazione sarà premiante quando essa consenta al neo assunto di confrontarsi progressivamente sulle proprie potenzialità nei termini di possibili compensazioni ad eventuali "aree di miglioramento" organizzative, senza che ciò sia interpretato quale presunzione o incapacità di adattamento al ruolo assegnato.
L´ingresso in una nuova azienda comporterà, oltre ad un necessario affiancamento finalizzato all´acquisizione di competenze tecniche specifiche legate al contesto professionale, al prodotto di riferimento e alle metodologie utilizzate, un processo di adattamento progressivo da parte del neo assunto, il quale si troverà a dover "prendere possesso" di un ruolo organizzativo e di una serie di relazioni da gestire efficacemente.
Il senso di appartenenza ad una comunità costituita da colleghi e superiori si svilupperà in modo direttamente proporzionale alla costruzione di rapporti basati sull´analisi della situazione esistente, sulla formulazione di obiettivi realistici e sull´individuazione delle problematiche da affrontare.
Dovrà essere ben chiara, già in fase di colloquio di selezione, la mansione che si sarà chiamati a svolgere, al fine di evitare rischiosi fraintendimenti in termini di responsabilità, soprattutto se si sia chiamati a gestire risorse umane ed economiche e si venga catapultati in un contesto relazionale complesso, dotato di un suo delicato e specifico equilibrio.
Una percezione non positiva, da parte dei propri interlocutori in una fase di inserimento, potrebbe costringere il nuovo collaboratore ad una faticosa "risalita", allo scopo di conquistare fiducia e riconoscimento dei propri meriti. Si dovrebbe, quindi, intendere il momento di approccio con la nuova realtà aziendale quale terreno fertile per la raccolta di informazioni preziose non riguardanti solamente la propria funzione, ma connesse alla cultura e alle "regole implicite" dell´ambiente professionale nella sua totalità.
La capacità di negoziazione sarà premiante quando essa consenta al neo assunto di confrontarsi progressivamente sulle proprie potenzialità nei termini di possibili compensazioni ad eventuali "aree di miglioramento" organizzative, senza che ciò sia interpretato quale presunzione o incapacità di adattamento al ruolo assegnato.
Lavoro
da poco tempo all´interno di un ufficio nel quale le relazioni sono
estremamente faticose. Come migliorare la situazione? Anna, Vicenza.
L´essere presenti quotidianamente nello stesso ambiente di lavoro, la necessità di interagire e di scambiarsi informazioni condividendo il medesimo spazio rappresenta, per molti, una "sfida" quotidiana nella quale entrano in gioco pazienza, empatia, capacità di ascolto ed elevata tolleranza.
Persone diverse, con indole e caratteristiche che possano anche scontrarsi (precisione, disordine, riservatezza, esuberanza) andranno incontro a situazioni difficili da gestire (dalla telefonata a voce alta, sino all´invasione della propria scrivania o alle attese interminabili per l´utilizzo di strumenti comuni), se non a veri e propri vuoti relazionali in grado di compromettere la stessa produttività lavorativa.
Sarà, dunque, fondamentale l´assumere, per quanto possibile, un atteggiamento collaborativo, puntando sul raggiungimento di obiettivi collettivi e condivisi e privilegiando i momenti di confronto ad un atteggiamento eccessivamente individualista, senza per questo mancare nella difesa della propria soggettività, della propria riservatezza e delle proprie idee.
Un passo importante sarà, inoltre, costituito dal prendere coscienza del fatto che non si possa necessariamente "piacere" a tutti: anche se una convivenza serena dovrebbe essere la meta da porsi in ufficio, potenziando quelle abilità sociali che ci consentano di raggiungerla, altrettanto sano risulterà l´accettare atteggiamenti distaccati e freddi da parte di alcuni colleghi, concentrando le proprie energie sugli scambi maggiormente significativi e sui contenuti dei progetti da realizzare.
Esiste, poi, una ritualità che, soprattutto in qualità di "ultimi arrivati", sarebbe consigliabile assecondare (ad esempio, il caffè insieme durante la pausa di metà mattina), dal momento che la sua funzione sarà principalmente aggregativa e rappresenterà una forma di cordiale accoglienza da parte del gruppo consolidato di colleghi nei confronti del nuovo collaboratore.
L´essere presenti quotidianamente nello stesso ambiente di lavoro, la necessità di interagire e di scambiarsi informazioni condividendo il medesimo spazio rappresenta, per molti, una "sfida" quotidiana nella quale entrano in gioco pazienza, empatia, capacità di ascolto ed elevata tolleranza.
Persone diverse, con indole e caratteristiche che possano anche scontrarsi (precisione, disordine, riservatezza, esuberanza) andranno incontro a situazioni difficili da gestire (dalla telefonata a voce alta, sino all´invasione della propria scrivania o alle attese interminabili per l´utilizzo di strumenti comuni), se non a veri e propri vuoti relazionali in grado di compromettere la stessa produttività lavorativa.
Sarà, dunque, fondamentale l´assumere, per quanto possibile, un atteggiamento collaborativo, puntando sul raggiungimento di obiettivi collettivi e condivisi e privilegiando i momenti di confronto ad un atteggiamento eccessivamente individualista, senza per questo mancare nella difesa della propria soggettività, della propria riservatezza e delle proprie idee.
Un passo importante sarà, inoltre, costituito dal prendere coscienza del fatto che non si possa necessariamente "piacere" a tutti: anche se una convivenza serena dovrebbe essere la meta da porsi in ufficio, potenziando quelle abilità sociali che ci consentano di raggiungerla, altrettanto sano risulterà l´accettare atteggiamenti distaccati e freddi da parte di alcuni colleghi, concentrando le proprie energie sugli scambi maggiormente significativi e sui contenuti dei progetti da realizzare.
Esiste, poi, una ritualità che, soprattutto in qualità di "ultimi arrivati", sarebbe consigliabile assecondare (ad esempio, il caffè insieme durante la pausa di metà mattina), dal momento che la sua funzione sarà principalmente aggregativa e rappresenterà una forma di cordiale accoglienza da parte del gruppo consolidato di colleghi nei confronti del nuovo collaboratore.
Nella
ricerca di un lavoro la gestione del proprio tempo diventa un
elemento fondamentale, capace di favorire un buon livello di
motivazione facendo fronte con maggiore energia alle frequenti
situazioni frustranti nelle quali si incorra.
Il progettare la disposizione delle attività da svolgere nell´arco di una giornata consentirà un controllo costante dei risultati raggiunti e garantirà una gestione ottimale della propria agenda: si dovranno stabilire durata e scadenza relative a ciascun impegno preventivato (telefonate, visite ad uffici ed agenzie per il lavoro, consultazione di siti internet), si dovrà stabilire un numero di ore approssimativamente dedicate alla ricerca giorno per giorno, si dovranno calcolare momenti di "pausa" tra un impegno e l´altro, in grado di compensare eventuali ritardi nelle attività precedentemente svolte.
L´abitudine all´utilizzo del telefono cellulare si trasformerà in un punto di forza qualora tale strumento venga adoperato ai fini di un´ottimizzazione delle attività nel tempo. Ciò si tradurrà, ad esempio, nell´attivazione della segreteria telefonica nei momenti nei quali sapremo di non poter essere contattati, nell´aver cura di spegnerlo nel corso di riunioni, colloqui di lavoro o in altre occasioni che comportino la necessità di non essere interrotti, nella comunicazione precisa del nostro recapito principale, ad esempio all´interno del curriculum o nell´ambito della nostra rete di contatti (potremo scegliere di fornirlo a tutti e di renderci reperibili indistintamente oppure di trasmetterlo in modo mirato, qualora la nostra attuale posizione lavorativa richieda una certa riservatezza).
Il rimandare, in genere, comporta un aggravamento di situazioni già di per sé complesse, tuttavia sarà importante l´ascoltarsi e il comprendere il "tempo corretto" da dedicare alle singole tappe del nostro percorso (le attività che consideriamo maggiormente sgradevoli o, comunque, impegnative dovrebbero essere svolte quando la forma fisica e mentale risulti migliore) relegando a spazi secondari le cosiddette "urgenze".
Il progettare la disposizione delle attività da svolgere nell´arco di una giornata consentirà un controllo costante dei risultati raggiunti e garantirà una gestione ottimale della propria agenda: si dovranno stabilire durata e scadenza relative a ciascun impegno preventivato (telefonate, visite ad uffici ed agenzie per il lavoro, consultazione di siti internet), si dovrà stabilire un numero di ore approssimativamente dedicate alla ricerca giorno per giorno, si dovranno calcolare momenti di "pausa" tra un impegno e l´altro, in grado di compensare eventuali ritardi nelle attività precedentemente svolte.
L´abitudine all´utilizzo del telefono cellulare si trasformerà in un punto di forza qualora tale strumento venga adoperato ai fini di un´ottimizzazione delle attività nel tempo. Ciò si tradurrà, ad esempio, nell´attivazione della segreteria telefonica nei momenti nei quali sapremo di non poter essere contattati, nell´aver cura di spegnerlo nel corso di riunioni, colloqui di lavoro o in altre occasioni che comportino la necessità di non essere interrotti, nella comunicazione precisa del nostro recapito principale, ad esempio all´interno del curriculum o nell´ambito della nostra rete di contatti (potremo scegliere di fornirlo a tutti e di renderci reperibili indistintamente oppure di trasmetterlo in modo mirato, qualora la nostra attuale posizione lavorativa richieda una certa riservatezza).
Il rimandare, in genere, comporta un aggravamento di situazioni già di per sé complesse, tuttavia sarà importante l´ascoltarsi e il comprendere il "tempo corretto" da dedicare alle singole tappe del nostro percorso (le attività che consideriamo maggiormente sgradevoli o, comunque, impegnative dovrebbero essere svolte quando la forma fisica e mentale risulti migliore) relegando a spazi secondari le cosiddette "urgenze".
Vorrei
comprendere meglio il ruolo dell´account all´interno di un´agenzia
pubblicitaria. Simone, Milano.
All´interno di un´agenzia pubblicitaria la figura dell´account si occuperà principalmente della gestione delle relazioni con i committenti (ad esempio, stabilendo tempistiche e modalità di incontro tra i responsabili dell´agenzia e i vertici dell´azienda cliente), coordinando al contempo le attività dei differenti reparti (pianificazione e acquisto di spazi pubblicitari, reparto creativo).
Sarà compito dell´account la programmazione del lavoro necessario per portare a termine un lavoro avviato, gestendo meeting settimanali ai quali parteciperà il personale dell´agenzia coinvolto nel progetto.
L´impresa committente, inoltre, necessiterà di report periodici in modo da essere costantemente aggiornata sulle scelte effettuate e sulle scadenze previste.
A tali incarichi si aggiungeranno il controllo inerente il reparto produzione e le dovute verifiche relative all´acquisto di nuovi spazi pubblicitari.
L´account dovrà, inoltre, procacciare nuovi clienti e motivare quelli esistenti ad un investimento sempre maggiore nella comunicazione, promuovendo progetti efficaci atti a garantire il raggiungimento degli obiettivi delle singole aziende.
Per ricoprire un tale ruolo, in agenzia, sarà indispensabile il possedere una spiccata abilità comunicativa, accanto a doti organizzative, di negoziazione e all´empatia. Quest´ultima caratteristica consentirà all´account di porsi in relazione con i propri interlocutori in modo attivo, sapendo ascoltare e prevedere le loro esigenze e gestendo eventuali problematiche mediante capacità dialettiche e di problem solving.
Naturalmente risulteranno imprescindibili la conoscenza delle nozioni economiche ed amministrative di base e, in particolare, della lingua inglese.
Per quanto concerne la formazione necessaria sarà considerata preferenziale una laurea in Economia e Commercio o in Scienze delle Comunicazioni, anche se la formazione specifica sarà garantita soprattutto da corsi mirati e dall´esperienza sul campo.
All´interno di un´agenzia pubblicitaria la figura dell´account si occuperà principalmente della gestione delle relazioni con i committenti (ad esempio, stabilendo tempistiche e modalità di incontro tra i responsabili dell´agenzia e i vertici dell´azienda cliente), coordinando al contempo le attività dei differenti reparti (pianificazione e acquisto di spazi pubblicitari, reparto creativo).
Sarà compito dell´account la programmazione del lavoro necessario per portare a termine un lavoro avviato, gestendo meeting settimanali ai quali parteciperà il personale dell´agenzia coinvolto nel progetto.
L´impresa committente, inoltre, necessiterà di report periodici in modo da essere costantemente aggiornata sulle scelte effettuate e sulle scadenze previste.
A tali incarichi si aggiungeranno il controllo inerente il reparto produzione e le dovute verifiche relative all´acquisto di nuovi spazi pubblicitari.
L´account dovrà, inoltre, procacciare nuovi clienti e motivare quelli esistenti ad un investimento sempre maggiore nella comunicazione, promuovendo progetti efficaci atti a garantire il raggiungimento degli obiettivi delle singole aziende.
Per ricoprire un tale ruolo, in agenzia, sarà indispensabile il possedere una spiccata abilità comunicativa, accanto a doti organizzative, di negoziazione e all´empatia. Quest´ultima caratteristica consentirà all´account di porsi in relazione con i propri interlocutori in modo attivo, sapendo ascoltare e prevedere le loro esigenze e gestendo eventuali problematiche mediante capacità dialettiche e di problem solving.
Naturalmente risulteranno imprescindibili la conoscenza delle nozioni economiche ed amministrative di base e, in particolare, della lingua inglese.
Per quanto concerne la formazione necessaria sarà considerata preferenziale una laurea in Economia e Commercio o in Scienze delle Comunicazioni, anche se la formazione specifica sarà garantita soprattutto da corsi mirati e dall´esperienza sul campo.
Al
di là degli elementi prettamente economici e finanziari, quali sono
gli aspetti essenziali, in termini di fabbisogno di risorse umane,
che devo considerare per la realizzazione di un’efficace piano
degli investimenti riferito ad una nuova attività?Ivo, Milano.
In un progetto di impresa, oltre alle risorse tecniche ed economiche, dovranno essere considerati i processi organizzativi dell’attività che si intenda avviare, nonché il numero, i ruoli e le responsabilità delle persone che vi saranno coinvolte.
In primo luogo, quindi, si dovranno prendere precise decisioni concernenti il modello organizzativo da “adottare”, al quale saranno inevitabilmente “associati” sia gli obiettivi, che le specifiche metodologie grazie alle quali ottenere i risultati previsti.
Quando l’impresa decollerà si eviteranno, in tal modo, le possibili criticità derivanti da eventuali ritardi o vincoli burocratici in grado di creare un danno iniziale all’immagine dell’azienda. Il business plan dovrà prevedere, inoltre, un’accurata descrizione delle risorse fondamentali per la realizzazione delle missioni considerate cruciali e delle “sfide” che l’impresa si proponga di affrontare.
Le risorse interne e le competenze indispensabili per lo sviluppo del progetto imprenditoriale saranno, quindi, parte integrante di un piano di investimenti chiaro ed efficace.
I curricula dei soci e dei titolari daranno credito del loro ruolo in azienda, così come le caratteristiche dei collaboratori (in termini di età, sesso e qualifiche), in quanto specifiche risorse tecniche “immateriali” saranno opportunamente considerate in funzione delle mansioni da assegnare a ciascuno.
Per funzionare, il business plan dovrà contemplare valutazioni specifiche inerenti il numero delle persone impiegate e la tipologia di rapporto di lavoro, le politiche retributive, le aree di appartenenza dei collaboratori e le competenze ad essi assegnate. Anche i criteri di selezione del personale e i programmi di formazione necessari per lo sviluppo futuro dovranno, infine, essere inclusi e verificati.
In un progetto di impresa, oltre alle risorse tecniche ed economiche, dovranno essere considerati i processi organizzativi dell’attività che si intenda avviare, nonché il numero, i ruoli e le responsabilità delle persone che vi saranno coinvolte.
In primo luogo, quindi, si dovranno prendere precise decisioni concernenti il modello organizzativo da “adottare”, al quale saranno inevitabilmente “associati” sia gli obiettivi, che le specifiche metodologie grazie alle quali ottenere i risultati previsti.
Quando l’impresa decollerà si eviteranno, in tal modo, le possibili criticità derivanti da eventuali ritardi o vincoli burocratici in grado di creare un danno iniziale all’immagine dell’azienda. Il business plan dovrà prevedere, inoltre, un’accurata descrizione delle risorse fondamentali per la realizzazione delle missioni considerate cruciali e delle “sfide” che l’impresa si proponga di affrontare.
Le risorse interne e le competenze indispensabili per lo sviluppo del progetto imprenditoriale saranno, quindi, parte integrante di un piano di investimenti chiaro ed efficace.
I curricula dei soci e dei titolari daranno credito del loro ruolo in azienda, così come le caratteristiche dei collaboratori (in termini di età, sesso e qualifiche), in quanto specifiche risorse tecniche “immateriali” saranno opportunamente considerate in funzione delle mansioni da assegnare a ciascuno.
Per funzionare, il business plan dovrà contemplare valutazioni specifiche inerenti il numero delle persone impiegate e la tipologia di rapporto di lavoro, le politiche retributive, le aree di appartenenza dei collaboratori e le competenze ad essi assegnate. Anche i criteri di selezione del personale e i programmi di formazione necessari per lo sviluppo futuro dovranno, infine, essere inclusi e verificati.
Mi
interesserebbe investire divenendo un imprenditore affiliato di
un´attività in franchising. Quali sono i requisiti generali
necessari per intraprendere un simile percorso? Carlo, Ferrara.
La presenza di una serie di vincoli nei confronti dell´impresa affiliante rappresenta la più significativa caratteristica della collaborazione tra esercenti di un punto vendita in franchising e "casa madre". Ciò si tradurrà, nella pratica lavorativa, in un grado di autonomia ridotto rispetto ad un imprenditore "tradizionale", variabile in funzione delle specifiche condizioni contrattuali.
D´altro canto, esisteranno vantaggi e facilitazioni dei quali i franchisee (affiliati) potranno godere nella gestione dell´attività e nella fase di avvio (il rischio d´impresa sarà ridotto e l´ingresso nel mercato maggiormente veloce grazie alla "garanzia" del marchio e alle conoscenze pregresse in ambito commerciale).
Le pratiche amministrative saranno alleviate dalla collaborazione con il franchisor, così come risulteranno guidate le campagne promozionali legate al prodotto/servizio offerto. Verranno fornite preziose indicazioni inerenti, ad esempio, la scelta dei fornitori e verrà garantita, sovente, la formazione del personale.
Il gestore dell´attività (si tratti di un negozio, di un´associazione sportiva, di un supermercato) dovrà coordinare le figure professionali presenti e creare un continuo flusso di comunicazioni con i referenti dell´impresa affiliante (dirigenti commerciali e marketing, responsabili di area, ecc.).
Oltre all´allestimento dello spazio fisico nel quale sarà collocata l´attività commerciale, l´esercente si dovrà occupare della selezione del personale e della gestione degli aspetti finanziari, compresa la definizione dei budget annuali.
Il franchisee avrà la responsabilità di utilizzare al meglio gli strumenti pubblicitari mirati, organizzando le vendite e gestendo eventuali problematiche e reclami dei clienti. Sul piano attitudinale risulteranno imprescindibili la capacità di negoziare, l´intraprendenza e spiccate doti di problem solving.
La presenza di una serie di vincoli nei confronti dell´impresa affiliante rappresenta la più significativa caratteristica della collaborazione tra esercenti di un punto vendita in franchising e "casa madre". Ciò si tradurrà, nella pratica lavorativa, in un grado di autonomia ridotto rispetto ad un imprenditore "tradizionale", variabile in funzione delle specifiche condizioni contrattuali.
D´altro canto, esisteranno vantaggi e facilitazioni dei quali i franchisee (affiliati) potranno godere nella gestione dell´attività e nella fase di avvio (il rischio d´impresa sarà ridotto e l´ingresso nel mercato maggiormente veloce grazie alla "garanzia" del marchio e alle conoscenze pregresse in ambito commerciale).
Le pratiche amministrative saranno alleviate dalla collaborazione con il franchisor, così come risulteranno guidate le campagne promozionali legate al prodotto/servizio offerto. Verranno fornite preziose indicazioni inerenti, ad esempio, la scelta dei fornitori e verrà garantita, sovente, la formazione del personale.
Il gestore dell´attività (si tratti di un negozio, di un´associazione sportiva, di un supermercato) dovrà coordinare le figure professionali presenti e creare un continuo flusso di comunicazioni con i referenti dell´impresa affiliante (dirigenti commerciali e marketing, responsabili di area, ecc.).
Oltre all´allestimento dello spazio fisico nel quale sarà collocata l´attività commerciale, l´esercente si dovrà occupare della selezione del personale e della gestione degli aspetti finanziari, compresa la definizione dei budget annuali.
Il franchisee avrà la responsabilità di utilizzare al meglio gli strumenti pubblicitari mirati, organizzando le vendite e gestendo eventuali problematiche e reclami dei clienti. Sul piano attitudinale risulteranno imprescindibili la capacità di negoziare, l´intraprendenza e spiccate doti di problem solving.
Come
valorizzare nel cv la propria lunga esperienza nella medesima
azienda?
Fabio,
Latina.
Chi
abbia occupato posizioni manageriali e si ritrovi a dover fare i
conti con la perdita del lavoro e con il conseguente difficile
reinserimento sul mercato delle professioni dovrà confezionare un
curriculum più che mai strategico, al fine di convogliare
l´attenzione di possibili aziende "clienti" sulla propria
esperienza e sulle attitudini potenziate nel tempo. La mera
descrizione delle posizioni ricoperte non sarà sufficiente, mentre
dovranno essere dettagliate le responsabilità ottenute in relazioni
a vari incarichi e, soprattutto, gli obiettivi raggiunti. In
particolare, relativamente agli aspetti che si siano coordinati in
azienda, verrà maggiormente apprezzato il relazionare quelli che
esulino dal ruolo specifico e che risultino, invece, innovativi o
connessi con specifiche doti/competenze della persona che lo abbia
ricoperto.
Gli eventuali e probabili cambiamenti vissuti all´interno di un´esperienza monoaziendale dovranno essere menzionati in maniera il meno possibile scontata scegliendo, da un lato, l´elencazione cronologica degli stessi e, dall´altro, soffermandosi sui passaggi maggiormente significativi della propria carriera, tenendo presente la loro coerenza con la posizione in riferimento alla quale si stia inviando la propria candidatura.
Interessante sarà il comprendere, da parte di futuri possibili datori di lavoro, le caratteristiche del management di appartenenza, le politiche dell´impresa menzionata nel cv, le dimensioni e la mission della stessa, in modo da poter equiparare o differenziare tali elementi rispetto alla propria esperienza e da poter, conseguentemente, valutare il valore aggiunto del nuovo potenziale collaboratore. Il far precedere alla sezione "esperienze lavorative" un paragrafo che sintetizzi le competenze acquisite potrebbe facilitare la lettura al selezionatore, il quale, così, si confronterà con una "fotografia" sintetica del candidato, mirata sui suoi punti di forza.
Gli eventuali e probabili cambiamenti vissuti all´interno di un´esperienza monoaziendale dovranno essere menzionati in maniera il meno possibile scontata scegliendo, da un lato, l´elencazione cronologica degli stessi e, dall´altro, soffermandosi sui passaggi maggiormente significativi della propria carriera, tenendo presente la loro coerenza con la posizione in riferimento alla quale si stia inviando la propria candidatura.
Interessante sarà il comprendere, da parte di futuri possibili datori di lavoro, le caratteristiche del management di appartenenza, le politiche dell´impresa menzionata nel cv, le dimensioni e la mission della stessa, in modo da poter equiparare o differenziare tali elementi rispetto alla propria esperienza e da poter, conseguentemente, valutare il valore aggiunto del nuovo potenziale collaboratore. Il far precedere alla sezione "esperienze lavorative" un paragrafo che sintetizzi le competenze acquisite potrebbe facilitare la lettura al selezionatore, il quale, così, si confronterà con una "fotografia" sintetica del candidato, mirata sui suoi punti di forza.
Per
il “cercatore di lavoro” un piano di self marketing risulterà
essenziale al fine di effettuare un passaggio efficace dalla
codificazione di un progetto professionale (comprensivo di
aspirazioni e necessità legate al momento di vita) alla pratica
(raggiungimento di obiettivi realistici, connessi cioè con le
concrete possibilità offerte dal mercato di riferimento).
La programmazione di una sequenza logica di operazioni finalizzate alla ricerca di una nuova occupazione consisterà nel trovare una risposta ad alcuni interrogativi di base: da dove si parte (quali sono le conoscenze, le competenze e le esperienze da mettere in gioco)? Dove si desidera arrivare (a quale ruolo professionale si aspira davvero)? Perché si parte (quali sono le motivazioni che ci orientano verso un’azienda o una posizione)?
Per rispondere al primo quesito sarà necessaria un’analisi introspettiva in grado di mettere in luce i propri punti di forza (gli attributi chiave che possono differenziarci dalla concorrenza) e le proprie aree di miglioramento (i fattori che potrebbero influenzare negativamente la nostra performance), nonché un’indagine approfondita sull’ambiente con il quale confrontarsi. Ciò comporterà la considerazione delle variabili sociali ed economiche implicate nel proprio progetto (ad esempio, la possibilità o meno di trasferirsi qualora si abbiano legami familiari che rendano complessa tale decisione o di effettuare specifici investimenti in termini di riqualificazione professionale).
Il traguardo che si desideri raggiungere coinciderà, poi, con gli obiettivi i quali dovranno risultare misurabili e coerenti tra loro (un miglioramento della propria condizione economica corrisponderà, sovente, ad un aumento del carico di responsabilità da assumere).
Il progetto, infine, dovrà essere sottoposto a verifiche periodiche realizzate per tenere sotto controllo eventuali scostamenti rispetto ai risultati attesi, da compensarsi tramite opportuni “piani di emergenza” (ad esempio, il sostituire un canale di ricerca scarsamente efficace, con una serie di autocandidature mirate).
La programmazione di una sequenza logica di operazioni finalizzate alla ricerca di una nuova occupazione consisterà nel trovare una risposta ad alcuni interrogativi di base: da dove si parte (quali sono le conoscenze, le competenze e le esperienze da mettere in gioco)? Dove si desidera arrivare (a quale ruolo professionale si aspira davvero)? Perché si parte (quali sono le motivazioni che ci orientano verso un’azienda o una posizione)?
Per rispondere al primo quesito sarà necessaria un’analisi introspettiva in grado di mettere in luce i propri punti di forza (gli attributi chiave che possono differenziarci dalla concorrenza) e le proprie aree di miglioramento (i fattori che potrebbero influenzare negativamente la nostra performance), nonché un’indagine approfondita sull’ambiente con il quale confrontarsi. Ciò comporterà la considerazione delle variabili sociali ed economiche implicate nel proprio progetto (ad esempio, la possibilità o meno di trasferirsi qualora si abbiano legami familiari che rendano complessa tale decisione o di effettuare specifici investimenti in termini di riqualificazione professionale).
Il traguardo che si desideri raggiungere coinciderà, poi, con gli obiettivi i quali dovranno risultare misurabili e coerenti tra loro (un miglioramento della propria condizione economica corrisponderà, sovente, ad un aumento del carico di responsabilità da assumere).
Il progetto, infine, dovrà essere sottoposto a verifiche periodiche realizzate per tenere sotto controllo eventuali scostamenti rispetto ai risultati attesi, da compensarsi tramite opportuni “piani di emergenza” (ad esempio, il sostituire un canale di ricerca scarsamente efficace, con una serie di autocandidature mirate).
Sono
senza lavoro da alcuni mesi. Quanto può giovare al mio percorso di
reinserimento nel mondo delle professioni un percorso di coaching?
Livia, Brescia.
La metodologia del coaching prende avvio da un principio fondamentale: ogni cliente sarà considerato una persona ricca di risorse da scoprire e da valorizzare.
I professionisti coinvolti, spesso, non sono psicologi, bensì figure con una forte esperienza manageriale, di consulenza o di formazione, dotate di una preparazione acquisita "sul campo", specifica per lo svolgimento del ruolo in questione.
L´aspetto maggiormente significativo dell´attività di coaching riguarda l´affiancamento del cliente nella scoperta dei suoi obiettivi e delle risorse da mettere in campo per conquistarli: ogni persona sarà spronata ad una continua ricerca delle strategie da seguire e delle attitudini personali da far emergere.
Le domande, le osservazioni e i feedback del professionista avranno come scopo ultimo l´ottenimento di reazioni volte alla proattività e all´assunzione di responsabilità, ad esempio, da parte del lavoratore che desideri riqualificarsi.
La situazione dalla quale si "prenderà il via" sarà, in ogni caso, quella attuale (la perdita del lavoro) e, a partire dal vissuto del cliente, si inizieranno ad elaborare soluzioni e a programmare mete da raggiungere.
Un differente supporto consulenziale e di assistenza qualificato potrà essere ottenuto anche tramite la partecipazione ad un percorso di outplacement, finalizzato alla ri-orientamento nel mondo produttivo e al ricollocamento professionale dei lavoratori in esubero. Gli strumenti forniti ai candidati saranno il consolidamento del proprio quadro di competenze, nonché il possesso di una panoramica realistica delle possibilità occupazionali del proprio contesto di riferimento.
L´affinamento delle capacità comunicative e di self marketing dei lavoratori e la ricerca di potenziali aziende interessate alle professionalità coinvolte rappresenteranno i punti di forza imprescindibili del ciclo di incontri previsti da simili progetti.
La metodologia del coaching prende avvio da un principio fondamentale: ogni cliente sarà considerato una persona ricca di risorse da scoprire e da valorizzare.
I professionisti coinvolti, spesso, non sono psicologi, bensì figure con una forte esperienza manageriale, di consulenza o di formazione, dotate di una preparazione acquisita "sul campo", specifica per lo svolgimento del ruolo in questione.
L´aspetto maggiormente significativo dell´attività di coaching riguarda l´affiancamento del cliente nella scoperta dei suoi obiettivi e delle risorse da mettere in campo per conquistarli: ogni persona sarà spronata ad una continua ricerca delle strategie da seguire e delle attitudini personali da far emergere.
Le domande, le osservazioni e i feedback del professionista avranno come scopo ultimo l´ottenimento di reazioni volte alla proattività e all´assunzione di responsabilità, ad esempio, da parte del lavoratore che desideri riqualificarsi.
La situazione dalla quale si "prenderà il via" sarà, in ogni caso, quella attuale (la perdita del lavoro) e, a partire dal vissuto del cliente, si inizieranno ad elaborare soluzioni e a programmare mete da raggiungere.
Un differente supporto consulenziale e di assistenza qualificato potrà essere ottenuto anche tramite la partecipazione ad un percorso di outplacement, finalizzato alla ri-orientamento nel mondo produttivo e al ricollocamento professionale dei lavoratori in esubero. Gli strumenti forniti ai candidati saranno il consolidamento del proprio quadro di competenze, nonché il possesso di una panoramica realistica delle possibilità occupazionali del proprio contesto di riferimento.
L´affinamento delle capacità comunicative e di self marketing dei lavoratori e la ricerca di potenziali aziende interessate alle professionalità coinvolte rappresenteranno i punti di forza imprescindibili del ciclo di incontri previsti da simili progetti.
Che elementi considerare quando, nell´ambito di
una selezione, si parli di remunerazione? Paola, Ferrara.
Quando, nell´ambito di un colloquio di lavoro, si "tocchi" l´argomento remunerazione, non è difficile che emergano alcune criticità, le quali andranno valutate attentamente a priori da un candidato che miri ad ottenere una specifica posizione. Innanzitutto, si dovrà considerare che, in alcuni casi, una richiesta eccessivamente alta rispetto alle esigenze di ruolo potrebbe rivelarsi controproducente, facendo, di conseguenza, "uscire il candidato dal mercato". Esistono condizioni di scarsa reattività del proprio interlocutore (l´azienda a cui si aspiri) o di un limitato potere contrattuale del proprio profilo che suggeriscono, al contrario, di giocare al ribasso, puntando, in un secondo momento, alla possibilità di ottenere uno "scatto di carriera" più soddisfacente. Non è raro che i candidati con esperienze più "contenute" e in età giovane siano considerati maggiormente appetibili da un selezionatore il quale li ritenga, comunque, idonei a soddisfare le esigenze organizzative e, allo stesso tempo, li reputi meno dispendiosi in termini remunerativi. Sarà importante, dunque, soprattutto per un senior, saper valorizzare al meglio la propria storia professionale, fornendo esempi concreti di come si siano risolte problematiche, affrontati imprevisti, gestite scadenze, in modo che, alla fine dei giochi, sia sempre e comunque l´esperienza ad avere la meglio di fronte a concorrenti più "freschi". In particolare, qualora ci si stia riposizionando dopo la perdita di un lavoro, sarà indicata una certa flessibilità, rispetto al caso in cui, ad esempio, già si occupi una posizione di interesse e si sia contattati da altre aziende che propongano un´assunzione. Si dovrà sempre tenere in considerazione che il proprio potere contrattuale dipenderà fondamentalmente da due elementi imprescindibili: l´interesse per uno specifico ruolo e la forza del proprio profilo sul mercato del lavoro di riferimento.
Quando, nell´ambito di un colloquio di lavoro, si "tocchi" l´argomento remunerazione, non è difficile che emergano alcune criticità, le quali andranno valutate attentamente a priori da un candidato che miri ad ottenere una specifica posizione. Innanzitutto, si dovrà considerare che, in alcuni casi, una richiesta eccessivamente alta rispetto alle esigenze di ruolo potrebbe rivelarsi controproducente, facendo, di conseguenza, "uscire il candidato dal mercato". Esistono condizioni di scarsa reattività del proprio interlocutore (l´azienda a cui si aspiri) o di un limitato potere contrattuale del proprio profilo che suggeriscono, al contrario, di giocare al ribasso, puntando, in un secondo momento, alla possibilità di ottenere uno "scatto di carriera" più soddisfacente. Non è raro che i candidati con esperienze più "contenute" e in età giovane siano considerati maggiormente appetibili da un selezionatore il quale li ritenga, comunque, idonei a soddisfare le esigenze organizzative e, allo stesso tempo, li reputi meno dispendiosi in termini remunerativi. Sarà importante, dunque, soprattutto per un senior, saper valorizzare al meglio la propria storia professionale, fornendo esempi concreti di come si siano risolte problematiche, affrontati imprevisti, gestite scadenze, in modo che, alla fine dei giochi, sia sempre e comunque l´esperienza ad avere la meglio di fronte a concorrenti più "freschi". In particolare, qualora ci si stia riposizionando dopo la perdita di un lavoro, sarà indicata una certa flessibilità, rispetto al caso in cui, ad esempio, già si occupi una posizione di interesse e si sia contattati da altre aziende che propongano un´assunzione. Si dovrà sempre tenere in considerazione che il proprio potere contrattuale dipenderà fondamentalmente da due elementi imprescindibili: l´interesse per uno specifico ruolo e la forza del proprio profilo sul mercato del lavoro di riferimento.
In
alcune circostanze o su specifica richiesta dell´azienda alla ricerca
di un collaboratore, al fine di testare la capacità di un candidato
di fronteggiare con prontezza situazioni di stress lavorativo,
potrebbe essere utilizzata la cosiddetta stress interview,
caratterizzata da atteggiamenti spiazzanti o da un apparente
disinteresse da parte del selezionatore.
L´unica valida ragione per non mettere a proprio agio l´interlocutore sarà quella legata al verificare "sul campo" le strategie di problem solving possedute, nonché le abilità nel gestire gli imprevisti o la disinvoltura di fronte ad una situazione inaspettata e "scomoda".
La funzione aziendale che dovrà "accogliere" il candidato e la seniority dello stesso incideranno sulla tipologia di domande poste, dal momento che ogni sollecitazione avrà una specifica attinenza con le capacità necessarie a compensare un preciso bisogno dell´organizzazione (un tono aggressivo, ad esempio, o una modalità incalzante nel porre alcuni interrogativi potranno testare la modalità di reagire alle sfide, mentre lunghi silenzi costituiranno una "prova" in termini di gestione dell´imbarazzo).
In tali casi, non esistono regole generali applicabili alle risposte le quali dovranno necessariamente risultare in linea sia con il contesto professionale, sia con la propria personalità e con gli aspetti caratteriali che maggiormente ci rappresentino.
La calma, l´autocontrollo e la logica nel ragionamento che precederà la risposta saranno elementi imprescindibili per non compromettere gli esiti del colloquio, partendo dal presupposto che di fronte a noi ci sia un professionista il cui scopo ultimo sarà quello di compiere una scelta vantaggiosa per l´azienda e per le sorti professionali del candidato stesso.
Una reazione eccessivamente difensiva non pagherà e, tantomeno, avrà successo la mancanza di sincerità: andrà sempre ricordato a se stessi, infatti, che la non coerenza con i valori e la cultura di un´impresa non potranno che condurre, a breve termine, ad una difficoltà di inserimento e ad un´inevitabile sensazione di frustrazione.
L´unica valida ragione per non mettere a proprio agio l´interlocutore sarà quella legata al verificare "sul campo" le strategie di problem solving possedute, nonché le abilità nel gestire gli imprevisti o la disinvoltura di fronte ad una situazione inaspettata e "scomoda".
La funzione aziendale che dovrà "accogliere" il candidato e la seniority dello stesso incideranno sulla tipologia di domande poste, dal momento che ogni sollecitazione avrà una specifica attinenza con le capacità necessarie a compensare un preciso bisogno dell´organizzazione (un tono aggressivo, ad esempio, o una modalità incalzante nel porre alcuni interrogativi potranno testare la modalità di reagire alle sfide, mentre lunghi silenzi costituiranno una "prova" in termini di gestione dell´imbarazzo).
In tali casi, non esistono regole generali applicabili alle risposte le quali dovranno necessariamente risultare in linea sia con il contesto professionale, sia con la propria personalità e con gli aspetti caratteriali che maggiormente ci rappresentino.
La calma, l´autocontrollo e la logica nel ragionamento che precederà la risposta saranno elementi imprescindibili per non compromettere gli esiti del colloquio, partendo dal presupposto che di fronte a noi ci sia un professionista il cui scopo ultimo sarà quello di compiere una scelta vantaggiosa per l´azienda e per le sorti professionali del candidato stesso.
Una reazione eccessivamente difensiva non pagherà e, tantomeno, avrà successo la mancanza di sincerità: andrà sempre ricordato a se stessi, infatti, che la non coerenza con i valori e la cultura di un´impresa non potranno che condurre, a breve termine, ad una difficoltà di inserimento e ad un´inevitabile sensazione di frustrazione.
Sto
valutando un´offerta di lavoro in qualità di responsabile vendite e
marketing in un´azienda di medie dimensioni. Vorrei comprendere
meglio le competenze legate al ruolo, prima di affrontare il secondo
colloquio. Luca, Genova.
Il potenziamento dell´area marketing in azienda è, indubbiamente, giustificato dalla competitività del mercato e dalla conseguente necessità di offrire prodotti che si distinguano sul piano qualitativo. Il responsabile marketing e vendite potrebbe operare sia in qualità di consulente esterno, sia di dipendente (quest´ultima è la condizione più frequente e l´inquadramento, in genere, è quello di quadro).
Un curriculum che comprovi una consolidata esperienza sul campo costituirà il primo, imprescindibile biglietto da visita, agli occhi dell´impresa che assuma.
L´occuparsi di marketing all´interno di un´organizzazione, infatti, si tradurrà nella pianificazione strategica e nello sviluppo dell´immagine e del marchio aziendale.
Tutte le attività aziendali legate alla promozione e alla vendita di un prodotto/servizio si considereranno appannaggio del responsabile marketing e vendite. La definizione degli obiettivi commerciali e delle strategie di marketing rientreranno, quindi, nelle sue mansioni specifiche.
Per ricoprire una simile posizione, oltre ad una predisposizione al lavoro in condizioni di stress e all´assunzione di responsabilità, le attitudini richieste avranno a che fare, principalmente, con la creatività e le capacità analitiche (ad esempio, ai fini dell´esaminare i prezzi della concorrenza e della ricerca informativa inerente le attività promozionali connesse a particolari obiettivi da raggiungere), unitamente al possesso di competenze tecniche in ambito amministrativo, economico e merceologico.
L´orientamento al problem solving e spiccate doti decisionali saranno, infine, apprezzate dal momento che il responsabile marketing e vendite dovrà, spesso in autonomia, definire i budget destinati alle campagne pubblicitarie, collaborare all´impostazione degli specifici programmi promozionali e supervisionare le successive fasi esecutive.
Il potenziamento dell´area marketing in azienda è, indubbiamente, giustificato dalla competitività del mercato e dalla conseguente necessità di offrire prodotti che si distinguano sul piano qualitativo. Il responsabile marketing e vendite potrebbe operare sia in qualità di consulente esterno, sia di dipendente (quest´ultima è la condizione più frequente e l´inquadramento, in genere, è quello di quadro).
Un curriculum che comprovi una consolidata esperienza sul campo costituirà il primo, imprescindibile biglietto da visita, agli occhi dell´impresa che assuma.
L´occuparsi di marketing all´interno di un´organizzazione, infatti, si tradurrà nella pianificazione strategica e nello sviluppo dell´immagine e del marchio aziendale.
Tutte le attività aziendali legate alla promozione e alla vendita di un prodotto/servizio si considereranno appannaggio del responsabile marketing e vendite. La definizione degli obiettivi commerciali e delle strategie di marketing rientreranno, quindi, nelle sue mansioni specifiche.
Per ricoprire una simile posizione, oltre ad una predisposizione al lavoro in condizioni di stress e all´assunzione di responsabilità, le attitudini richieste avranno a che fare, principalmente, con la creatività e le capacità analitiche (ad esempio, ai fini dell´esaminare i prezzi della concorrenza e della ricerca informativa inerente le attività promozionali connesse a particolari obiettivi da raggiungere), unitamente al possesso di competenze tecniche in ambito amministrativo, economico e merceologico.
L´orientamento al problem solving e spiccate doti decisionali saranno, infine, apprezzate dal momento che il responsabile marketing e vendite dovrà, spesso in autonomia, definire i budget destinati alle campagne pubblicitarie, collaborare all´impostazione degli specifici programmi promozionali e supervisionare le successive fasi esecutive.
Vorrei conoscere meglio caratteristiche e sbocchi professionali in riferimento alla figura di programmatore turistico. Anna, Roma.
Al fine di garantirsi una permanenza sul mercato, le agenzie realizzano pacchetti progressivamente più articolati, prevedendo all´interno dell´organigramma aziendale figure quali il programmatore turistico.
Saranno di sua competenza la pianificazione, la progettazione, la realizzazione di pacchetti di viaggio in Italia e all´estero (viaggi a catalogo o pacchetti personalizzati in funzione delle esigenze del cliente).
Qualora l´agenzia sia di dimensioni ridotte, il programmatore turistico potrà occuparsi anche della gestione dei rapporti con il pubblico e della supervisione del lavoro svolto dagli altri collaboratori, assumendosi il carico di specifiche problematiche tecniche o inerenti l´organizzazione dei compiti. Il primo passo da effettuare consisterà nell´identificazione di una particolare area geografica e dei relativi contatti necessari per la programmazione del soggiorno (strutture ricettive, mezzi di trasporto, itinerari).
Gli aspetti amministrativi e contabili del lavoro di pianificazione consisteranno nel calcolo dei costi necessari e, precedentemente alla promozione del prodotto finale (predisposizione del materiale pubblicitario finalizzato alla vendita), il programmatore dovrà verificare la fattibilità del pacchetto turistico ideato. Per tali ragioni, tra le attitudini di un tale professionista sarà indispensabile la propensione a viaggiare e la conoscenza di almeno due lingue straniere.
Al programmatore turistico verranno, inoltre, richieste l´intraprendenza professionale, la conoscenza degli aspetti economici legati alla programmazione del viaggio, doti negoziali finalizzate alla determinazione del prezzo finale e una base di psicologia del turismo.
La professione richiederà una sufficiente esperienza nel settore e, difficilmente, si sarà inseriti in azienda con un simile ruolo al primo impiego. Laurea o master ad indirizzo turistico costituiranno, naturalmente, i titoli di studio preferenziali.
Al fine di garantirsi una permanenza sul mercato, le agenzie realizzano pacchetti progressivamente più articolati, prevedendo all´interno dell´organigramma aziendale figure quali il programmatore turistico.
Saranno di sua competenza la pianificazione, la progettazione, la realizzazione di pacchetti di viaggio in Italia e all´estero (viaggi a catalogo o pacchetti personalizzati in funzione delle esigenze del cliente).
Qualora l´agenzia sia di dimensioni ridotte, il programmatore turistico potrà occuparsi anche della gestione dei rapporti con il pubblico e della supervisione del lavoro svolto dagli altri collaboratori, assumendosi il carico di specifiche problematiche tecniche o inerenti l´organizzazione dei compiti. Il primo passo da effettuare consisterà nell´identificazione di una particolare area geografica e dei relativi contatti necessari per la programmazione del soggiorno (strutture ricettive, mezzi di trasporto, itinerari).
Gli aspetti amministrativi e contabili del lavoro di pianificazione consisteranno nel calcolo dei costi necessari e, precedentemente alla promozione del prodotto finale (predisposizione del materiale pubblicitario finalizzato alla vendita), il programmatore dovrà verificare la fattibilità del pacchetto turistico ideato. Per tali ragioni, tra le attitudini di un tale professionista sarà indispensabile la propensione a viaggiare e la conoscenza di almeno due lingue straniere.
Al programmatore turistico verranno, inoltre, richieste l´intraprendenza professionale, la conoscenza degli aspetti economici legati alla programmazione del viaggio, doti negoziali finalizzate alla determinazione del prezzo finale e una base di psicologia del turismo.
La professione richiederà una sufficiente esperienza nel settore e, difficilmente, si sarà inseriti in azienda con un simile ruolo al primo impiego. Laurea o master ad indirizzo turistico costituiranno, naturalmente, i titoli di studio preferenziali.
Devo
tenere una conferenza e per la prima volta mi confronto con un
pubblico numeroso, a livello di comunicazione verbale; come posso
risultare efficace? Francesco, Ferrara.
L´obiettivo prioritario che sarà necessario prefissarsi riguarda essenzialmente la comprensibilità del messaggio trasmesso al nostro pubblico. Non basterà l´utilizzo di un linguaggio che esprima competenza relativamente alla materia trattata e uno stile di comunicazione brillante, ma sarà indispensabile che il proprio pubblico comprenda quanto stiamo esponendo.
Le immagini evocative, le metafore e gli aneddoti, a tal proposito, potranno risultare utili espedienti in grado di avvicinare anche i meno esperti alle tematiche affrontate, evitando, al contempo, un eccessivo uso di termini tecnici che potrebbero escludere una parte dell´uditorio.
Il profilo di chi ascolti sarà il punto di partenza per la pianificazione e lo sviluppo del messaggio dell´oratore, cercando di intuire cosa possa realmente suscitare interesse, curiosità e partecipazione attiva. Dunque, una comunicazione sarà realmente efficace, se pensata per uno specifico target e immaginata quanto più possibile vicina al suo universo e alle sue abitudini comunicative (ad esempio, più o meno amichevole, formale, aperta).
Di certo sarà da tenere in considerazione anche una serie di elementi "paraverbali" ai quali è indubbiamente attribuibile il mantenimento di un alto livello di attenzione da parte del pubblico. Un fattore essenziale sarà, ad esempio, il ritmo dell’eloquio che dovrà risultare intenso e variabile in termini di velocità. L´altezza della voce costituirà un ulteriore fattore chiave, così come il tono utilizzato dal relatore che dovrà mantenersi costantemente espressivo, pur con i necessari adattamenti in funzione della tematica sviscerata.
Andrà sempre e comunque ricordato, infine, che ogni espressione sarà accompagnata e, talvolta, anticipata dalla gestualità, da un sorriso, dalla postura e che la comprensione risulterà ottimale solamente quando tra detto ed espresso con il corpo vi sarà armonia.
L´obiettivo prioritario che sarà necessario prefissarsi riguarda essenzialmente la comprensibilità del messaggio trasmesso al nostro pubblico. Non basterà l´utilizzo di un linguaggio che esprima competenza relativamente alla materia trattata e uno stile di comunicazione brillante, ma sarà indispensabile che il proprio pubblico comprenda quanto stiamo esponendo.
Le immagini evocative, le metafore e gli aneddoti, a tal proposito, potranno risultare utili espedienti in grado di avvicinare anche i meno esperti alle tematiche affrontate, evitando, al contempo, un eccessivo uso di termini tecnici che potrebbero escludere una parte dell´uditorio.
Il profilo di chi ascolti sarà il punto di partenza per la pianificazione e lo sviluppo del messaggio dell´oratore, cercando di intuire cosa possa realmente suscitare interesse, curiosità e partecipazione attiva. Dunque, una comunicazione sarà realmente efficace, se pensata per uno specifico target e immaginata quanto più possibile vicina al suo universo e alle sue abitudini comunicative (ad esempio, più o meno amichevole, formale, aperta).
Di certo sarà da tenere in considerazione anche una serie di elementi "paraverbali" ai quali è indubbiamente attribuibile il mantenimento di un alto livello di attenzione da parte del pubblico. Un fattore essenziale sarà, ad esempio, il ritmo dell’eloquio che dovrà risultare intenso e variabile in termini di velocità. L´altezza della voce costituirà un ulteriore fattore chiave, così come il tono utilizzato dal relatore che dovrà mantenersi costantemente espressivo, pur con i necessari adattamenti in funzione della tematica sviscerata.
Andrà sempre e comunque ricordato, infine, che ogni espressione sarà accompagnata e, talvolta, anticipata dalla gestualità, da un sorriso, dalla postura e che la comprensione risulterà ottimale solamente quando tra detto ed espresso con il corpo vi sarà armonia.
Cosa
si intende esattamente con il termine reclutamento? Francesca,
Milano.
Si tratta della fase iniziale del processo di selezione il cui obiettivo consiste nella raccolta di candidature finalizzate alla creazione di un "bacino" di potenziali nuovi collaboratori in azienda. Ciò implica che tali soggetti, già "sulla carta", possiedano la maggior parte dei requisiti richiesti per ricoprire uno specifico ruolo.
Il reclutamento esterno sarà costituito dalle candidature spontanee, ovvero dai curricula inviati all´azienda o alla società di ricerca e selezione del personale che si occupi della ricerca, dalle inserzioni pubblicate sul web, sui quotidiani o su riviste specializzate e dalle segnalazioni provenienti, ad esempio, dai dipendenti dell´organizzazione o da figure professionali occupate in imprese del medesimo settore.
Accade sovente che le candidature spontanee possano rappresentare per l´azienda una modalità di reclutamento molto più complessa di quanto non si supponga: esse implicheranno, infatti, l´impiego di personale da impegnare nella lettura dei curricula, nell´interpretazione dei profili professionali disponibili e nello screening degli stessi. Andrà, inoltre, considerato il fatto che un processo di inserimento della nuova risorsa potrebbe essere rallentato dall´abbondanza di candidature non rispondenti alle esigenze immediate.
Il pubblicare un annuncio, mediante il quale l´azienda esponga pubblicamente e in maniera chiara la propria necessità contingente, consentirà di ottenere riscontri maggiormente mirati rispetto al tipo di posizione. Tuttavia ciò risulterà fortemente condizionato dalla specificità e dalla precisione dell´inserzione stessa: si dovranno esplicitare la tipologia di offerta e di candidati ricercati, le specializzazioni necessarie ed eventuali competenze trasversali ritenute indispensabili.
Infine, la segnalazione professionale, pur basandosi sulla fiducia instaurata tra professionisti di settore, dovrà essere utilizzata con accortezza, al fine di non ridurre la funzione di selezione del personale a pochi ed esclusivi canali preferenziali.
Si tratta della fase iniziale del processo di selezione il cui obiettivo consiste nella raccolta di candidature finalizzate alla creazione di un "bacino" di potenziali nuovi collaboratori in azienda. Ciò implica che tali soggetti, già "sulla carta", possiedano la maggior parte dei requisiti richiesti per ricoprire uno specifico ruolo.
Il reclutamento esterno sarà costituito dalle candidature spontanee, ovvero dai curricula inviati all´azienda o alla società di ricerca e selezione del personale che si occupi della ricerca, dalle inserzioni pubblicate sul web, sui quotidiani o su riviste specializzate e dalle segnalazioni provenienti, ad esempio, dai dipendenti dell´organizzazione o da figure professionali occupate in imprese del medesimo settore.
Accade sovente che le candidature spontanee possano rappresentare per l´azienda una modalità di reclutamento molto più complessa di quanto non si supponga: esse implicheranno, infatti, l´impiego di personale da impegnare nella lettura dei curricula, nell´interpretazione dei profili professionali disponibili e nello screening degli stessi. Andrà, inoltre, considerato il fatto che un processo di inserimento della nuova risorsa potrebbe essere rallentato dall´abbondanza di candidature non rispondenti alle esigenze immediate.
Il pubblicare un annuncio, mediante il quale l´azienda esponga pubblicamente e in maniera chiara la propria necessità contingente, consentirà di ottenere riscontri maggiormente mirati rispetto al tipo di posizione. Tuttavia ciò risulterà fortemente condizionato dalla specificità e dalla precisione dell´inserzione stessa: si dovranno esplicitare la tipologia di offerta e di candidati ricercati, le specializzazioni necessarie ed eventuali competenze trasversali ritenute indispensabili.
Infine, la segnalazione professionale, pur basandosi sulla fiducia instaurata tra professionisti di settore, dovrà essere utilizzata con accortezza, al fine di non ridurre la funzione di selezione del personale a pochi ed esclusivi canali preferenziali.
Il
rapporto tra persone che lavorano insieme, che condividono uno spazio
o che fanno parte di una squadra con obiettivi comuni può essere
complicato se non addirittura conflittuale dal momento che i messaggi
comunicati quotidianamente spesso non si limiteranno a trasmettere
precisi contenuti, ma saranno espressione di relazioni talvolta
intense e produttive, talvolta notevolmente problematiche.
Andrà, innanzitutto, considerato il fatto che non si comunichi esclusivamente con le parole (mediante il linguaggio verbale o scritto), ma che qualsiasi comportamento messo in atto sarà interpretato e "letto" dall´altro (sguardi, silenzi, distanza fisica, sorrisi o espressioni corrucciate). Sarà allora auspicabile il rendere il più possibile "comunicativa" la nostra comunicazione!
Il trasmettere necessità, aspettative, desideri, difficoltà in maniera sincera e spontanea potrà, in molte circostanze, contribuire a ridurre le tensioni da "convivenza forzata". Ad esempio, alcune richieste, se rese esplicite (mi daresti una mano a terminare la relazione per stasera?), risulteranno molto più efficaci di altre caratterizzate da sottintesi fastidiosi o comunque difficili da riconoscere ed interpretare (…ringraziate che sono venuto al lavoro lo stesso anche se non mi sento bene per nulla). Quest´ultima affermazione potrebbe far "scattare" un comportamento di aiuto da parte di un collega, mentre potrebbe condurre un altro semplicemente a considerare il fatto che nessuno sia indispensabile e che una persona ammalata sarà bene si tenga lontana dall´ufficio.
Pur ammettendo che nemmeno una comunicazione diretta potrà garantire il risolversi di eventuali difficoltà nei rapporti (si potranno comprendere le necessità di chi collabori con noi, ma non per questo divenire disponibili alla relazione, ad esempio, se la persona in questione abbia valori e modi di fare antitetici ai nostri) dovremo sempre contemplare richieste o comandi impliciti che le informazioni trasmesse o ricevute possano "contenere" e tenere presente che il palesare le nostre esigenze, anche con umiltà, in genere, paghi.
Andrà, innanzitutto, considerato il fatto che non si comunichi esclusivamente con le parole (mediante il linguaggio verbale o scritto), ma che qualsiasi comportamento messo in atto sarà interpretato e "letto" dall´altro (sguardi, silenzi, distanza fisica, sorrisi o espressioni corrucciate). Sarà allora auspicabile il rendere il più possibile "comunicativa" la nostra comunicazione!
Il trasmettere necessità, aspettative, desideri, difficoltà in maniera sincera e spontanea potrà, in molte circostanze, contribuire a ridurre le tensioni da "convivenza forzata". Ad esempio, alcune richieste, se rese esplicite (mi daresti una mano a terminare la relazione per stasera?), risulteranno molto più efficaci di altre caratterizzate da sottintesi fastidiosi o comunque difficili da riconoscere ed interpretare (…ringraziate che sono venuto al lavoro lo stesso anche se non mi sento bene per nulla). Quest´ultima affermazione potrebbe far "scattare" un comportamento di aiuto da parte di un collega, mentre potrebbe condurre un altro semplicemente a considerare il fatto che nessuno sia indispensabile e che una persona ammalata sarà bene si tenga lontana dall´ufficio.
Pur ammettendo che nemmeno una comunicazione diretta potrà garantire il risolversi di eventuali difficoltà nei rapporti (si potranno comprendere le necessità di chi collabori con noi, ma non per questo divenire disponibili alla relazione, ad esempio, se la persona in questione abbia valori e modi di fare antitetici ai nostri) dovremo sempre contemplare richieste o comandi impliciti che le informazioni trasmesse o ricevute possano "contenere" e tenere presente che il palesare le nostre esigenze, anche con umiltà, in genere, paghi.
Come
posso "vendere" al meglio il mio cv online? Francesco,
Padova.
Anche se la funzione del curriculum online è, così come per quello tradizionale, quella di "raccontare" con efficacia le proprie esperienze formative, professionali, mettendo il luce i punti di forza che ci rendano competitivi rispetto ad altri candidati, lo stile che caratterizza i due tipi di documenti sarà differente e specifico.
Il curriculum, quando sia "posizionato" all´interno di un sito di recruiting, dovrà, più che mai, risultare semplice, conciso e chiaro. Ciò che lo renderà particolarmente efficace ed accattivante agli occhi di un futuro potenziale datore di lavoro saranno, soprattutto, le parole - chiave scelte dal suo autore. Con tale termine ci si riferisce, solitamente, a frasi, verbi, aggettivi in grado di esprimere capacità, potenzialità e obiettivi del candidato in riferimento al settore o alla posizione ai quali si aspiri.
Le agenzie per il lavoro o le società specializzate nella ricerca e selezione del personale recupereranno all´interno delle loro banche dati i profili dei professionisti proprio mediante l´impiego di parole - chiave connesse, ad esempio, all´esperienza lavorativa, al titolo di studio o alle competenze trasversali coerenti con la posizione aperta.
Sarà fondamentale, quindi, il curare la sezione inerente gli obiettivi professionali, dedicata alle proprie aspirazioni ed aspettative: i lavoratori "più anziani" potranno optare per una breve descrizione del proprio profilo; in altri casi sarà opportuno limitarsi ad indicare il titolo professionale desiderato.
Le esperienze di lavoro potranno essere presentate in modo funzionale, raggruppandole, cioè, in relazione alle mansioni ricoperte oppure essere riportate in base all´ordine cronologico inverso, dando spazio soprattutto all´esperienza più recente e ponendo in posizione iniziale le competenze che si ritengano rilevanti e meno facilmente reperibili.
Per quanto concerne l´aspetto grafico, infine, sarà consigliabile l´utilizzo di caratteri semplici, evitando corsivi e grassetti.
Anche se la funzione del curriculum online è, così come per quello tradizionale, quella di "raccontare" con efficacia le proprie esperienze formative, professionali, mettendo il luce i punti di forza che ci rendano competitivi rispetto ad altri candidati, lo stile che caratterizza i due tipi di documenti sarà differente e specifico.
Il curriculum, quando sia "posizionato" all´interno di un sito di recruiting, dovrà, più che mai, risultare semplice, conciso e chiaro. Ciò che lo renderà particolarmente efficace ed accattivante agli occhi di un futuro potenziale datore di lavoro saranno, soprattutto, le parole - chiave scelte dal suo autore. Con tale termine ci si riferisce, solitamente, a frasi, verbi, aggettivi in grado di esprimere capacità, potenzialità e obiettivi del candidato in riferimento al settore o alla posizione ai quali si aspiri.
Le agenzie per il lavoro o le società specializzate nella ricerca e selezione del personale recupereranno all´interno delle loro banche dati i profili dei professionisti proprio mediante l´impiego di parole - chiave connesse, ad esempio, all´esperienza lavorativa, al titolo di studio o alle competenze trasversali coerenti con la posizione aperta.
Sarà fondamentale, quindi, il curare la sezione inerente gli obiettivi professionali, dedicata alle proprie aspirazioni ed aspettative: i lavoratori "più anziani" potranno optare per una breve descrizione del proprio profilo; in altri casi sarà opportuno limitarsi ad indicare il titolo professionale desiderato.
Le esperienze di lavoro potranno essere presentate in modo funzionale, raggruppandole, cioè, in relazione alle mansioni ricoperte oppure essere riportate in base all´ordine cronologico inverso, dando spazio soprattutto all´esperienza più recente e ponendo in posizione iniziale le competenze che si ritengano rilevanti e meno facilmente reperibili.
Per quanto concerne l´aspetto grafico, infine, sarà consigliabile l´utilizzo di caratteri semplici, evitando corsivi e grassetti.
Per
una posizione lavorativa di mio interesse mi è stato prospettato un
percorso di selezione piuttosto articolato. Cosa devo aspettarmi?
Anna, Ferrara.
Gli strumenti e le modalità con i quali verrà gestito il processo di selezione potranno essere molto diversi a seconda delle esigenze dell’azienda e delle caratteristiche del profilo ricercato: un percorso complesso ed articolato potrebbe snodarsi in fasi successive e impiegare tecniche eterogenee al fine di testare i candidati.
La preselezione derivante dall’analisi dei curricula si concretizzerà nella convocazione dei professionisti le cui competenze risultino più idonee in relazione al ruolo da ricoprire; a tale “passaggio intermedio” seguirà un momento di vera e propria selezione operativa.
Giunto a questo punto, il candidato potrebbe essere sottoposto ad un’intervista, a questionari di personalità e test psico-attitudinali, a prove pratiche (presentate anche contemporaneamente a una decina di persone) e ad un colloquio tecnico.
Il colloquio conoscitivo – motivazionale avrà come obiettivo primario l’individuazione della corrispondenza tra conoscenze e capacità del candidato e richieste aziendali, non solamente sul piano delle competenze professionali, ma anche in relazione a personalità, aspirazioni e valori.
I test (il cui risultato rappresenterà un valore aggiunto rispetto alla precedente valutazione) potranno, a seconda delle richieste del committente, valutare, ad esempio, la personalità (aspetti comportamentali ed affettivi), la cultura e lo sviluppo intellettuale o la conoscenza del soggetto relativamente a temi specifici.
L’intervista tecnica avrà lo scopo di testare il livello di competenza professionale dell’aspirante alla posizione aperta e sarà generalmente condotta da un responsabile di funzione.
Le prove pratiche (orali o scritte), infine, verificheranno la corrispondenza tra quanto il candidato sostenga di conoscere in relazione ad un determinato campo di attività e quanto effettivamente sia in grado di dimostrare nella prassi lavorativa.
Gli strumenti e le modalità con i quali verrà gestito il processo di selezione potranno essere molto diversi a seconda delle esigenze dell’azienda e delle caratteristiche del profilo ricercato: un percorso complesso ed articolato potrebbe snodarsi in fasi successive e impiegare tecniche eterogenee al fine di testare i candidati.
La preselezione derivante dall’analisi dei curricula si concretizzerà nella convocazione dei professionisti le cui competenze risultino più idonee in relazione al ruolo da ricoprire; a tale “passaggio intermedio” seguirà un momento di vera e propria selezione operativa.
Giunto a questo punto, il candidato potrebbe essere sottoposto ad un’intervista, a questionari di personalità e test psico-attitudinali, a prove pratiche (presentate anche contemporaneamente a una decina di persone) e ad un colloquio tecnico.
Il colloquio conoscitivo – motivazionale avrà come obiettivo primario l’individuazione della corrispondenza tra conoscenze e capacità del candidato e richieste aziendali, non solamente sul piano delle competenze professionali, ma anche in relazione a personalità, aspirazioni e valori.
I test (il cui risultato rappresenterà un valore aggiunto rispetto alla precedente valutazione) potranno, a seconda delle richieste del committente, valutare, ad esempio, la personalità (aspetti comportamentali ed affettivi), la cultura e lo sviluppo intellettuale o la conoscenza del soggetto relativamente a temi specifici.
L’intervista tecnica avrà lo scopo di testare il livello di competenza professionale dell’aspirante alla posizione aperta e sarà generalmente condotta da un responsabile di funzione.
Le prove pratiche (orali o scritte), infine, verificheranno la corrispondenza tra quanto il candidato sostenga di conoscere in relazione ad un determinato campo di attività e quanto effettivamente sia in grado di dimostrare nella prassi lavorativa.
Sono
disoccupata e vorrei comprendere meglio cosa si intenda per
telelavoro. Anna, Milano.
Ci sono studi e statistiche che dimostrano come molte persone alla ricerca di un lavoro coglierebbero al volo l’opportunità di un impiego gestibile da casa, sfruttando il web e le nuove tecnologie.
Il telelavoro, essendo fortemente connesso all’evoluzione del mondo informatico, è un ambito in costante trasformazione che richiede oculatezza nella scelta delle possibilità esistenti, compatibile con le proprie competenze e motivazioni.
Si tratta di un’opzione fattibile a patto che vi sia la motivazione nell’imparare un nuovo modo di collaborare con le aziende, modo talvolta anche altamente specializzato.
La liberazione da vincoli spaziali e la possibilità di scegliere dove e come lavorare dovrebbero rappresentare i principali vantaggi di una simile “formula”.
Tuttavia, spesso la ricerca risulta complessa in termini di “serietà” dell’impiego proposto e, dunque, il guadagno attraverso la rete resta per molti un’opportunità irrealizzabile.
Il “lavoro a domicilio”, prospettato da imprese improvvisate e di scarsa professionalità, quale occasione imperdibile e redditizia andrà, quindi, vagliato attentamente al fine di non cadere in tentazione, rimanendo invischiati in una rete di false promesse (introiti esorbitanti in tempi incredibilmente brevi).
Il network marketing opportunamente accostato a internet, al contrario, potrebbe produrre risultati sorprendenti qualora vengano rispettati requisiti fondamentali.
La disciplina del telelavoro in Italia attribuisce al datore di lavoro i costi di installazione e manutenzione degli strumenti e gli conferisce la responsabilità in termini di tutela della salute e della riservatezza del lavoratore.
A quest’ultimo, d’altro canto, spetterà l’obbligo di aver cura delle apparecchiature a sua disposizione e il diritto di gestire autonomamente il suo tempo professionale, assumendo carichi di lavoro equivalenti a quelli di chi presti la propria opera all’interno di una organizzazione.
Ci sono studi e statistiche che dimostrano come molte persone alla ricerca di un lavoro coglierebbero al volo l’opportunità di un impiego gestibile da casa, sfruttando il web e le nuove tecnologie.
Il telelavoro, essendo fortemente connesso all’evoluzione del mondo informatico, è un ambito in costante trasformazione che richiede oculatezza nella scelta delle possibilità esistenti, compatibile con le proprie competenze e motivazioni.
Si tratta di un’opzione fattibile a patto che vi sia la motivazione nell’imparare un nuovo modo di collaborare con le aziende, modo talvolta anche altamente specializzato.
La liberazione da vincoli spaziali e la possibilità di scegliere dove e come lavorare dovrebbero rappresentare i principali vantaggi di una simile “formula”.
Tuttavia, spesso la ricerca risulta complessa in termini di “serietà” dell’impiego proposto e, dunque, il guadagno attraverso la rete resta per molti un’opportunità irrealizzabile.
Il “lavoro a domicilio”, prospettato da imprese improvvisate e di scarsa professionalità, quale occasione imperdibile e redditizia andrà, quindi, vagliato attentamente al fine di non cadere in tentazione, rimanendo invischiati in una rete di false promesse (introiti esorbitanti in tempi incredibilmente brevi).
Il network marketing opportunamente accostato a internet, al contrario, potrebbe produrre risultati sorprendenti qualora vengano rispettati requisiti fondamentali.
La disciplina del telelavoro in Italia attribuisce al datore di lavoro i costi di installazione e manutenzione degli strumenti e gli conferisce la responsabilità in termini di tutela della salute e della riservatezza del lavoratore.
A quest’ultimo, d’altro canto, spetterà l’obbligo di aver cura delle apparecchiature a sua disposizione e il diritto di gestire autonomamente il suo tempo professionale, assumendo carichi di lavoro equivalenti a quelli di chi presti la propria opera all’interno di una organizzazione.
Come dovrebbe essere scritta una lettera di
dimissioni? Antonia, Bergamo.
In generale una lettera di dimissioni dovrebbe rispettare alcuni canoni precisi che hanno a che fare con la sua "struttura" e funzione.
Dovranno essere indicati il nome e il cognome del lavoratore e i riferimenti del destinatario, esplicitate la volontà di lasciare il proprio posto di lavoro e le eventuali motivazioni, la data di decorrenza delle dimissioni e la data del proprio ultimo giorno di lavoro. Naturalmente, il tipo di lettera avrà connotazioni differenti in base al rapporto che si sia instaurato con i/i proprio/i superiore/i. Qualora ci si sia confrontati sempre in maniera amichevole, usando toni confidenziali, allora ciò dovrà emergere anche dalla lettera. Non sarà, infatti, necessario il risultare eccessivamente e "fintamente" formali, pur mostrando il proprio rispetto e, in alcuni casi, la riconoscenza per i successi raggiunti. Su quest´ultimo punto, sarà opportuno il fare una riflessione approfondita, ad esempio, citando alcuni dei progetti sui quali si sia lavorato e di cui ci si senta orgogliosi. Ciò risulterà vantaggioso per due motivi: uno avrà a che fare con il mantenimento di rapporti positivi sul piano prettamente "umano", l´altro, di ordine pratico, si tradurrà nella possibilità di rafforzare concretamente la propria rete professionale. La lettera di dimissioni, infatti, spesso verrà archiviata in una "cartella" personale del collaboratore, insieme ad altre note che riguardino il suo operato (valutazioni, risultati di test, progetti conclusi) e tali prestazioni positive potranno, ad esempio, essere consultate da aziende che condividano lo stesso dipartimento delle risorse umane. In ogni caso, il dimostrare stima per l´azienda e l´indicare le persone con le quali si sia avuta l´opportunità di collaborare, mettendone il luce le qualità, sarà apprezzato profondamente. Se, al contrario, i rapporti risultassero formali o addirittura tesi, sarà consigliabile lo scrivere una lettera senza toni polemici, ma breve e diretta allo scopo.
In generale una lettera di dimissioni dovrebbe rispettare alcuni canoni precisi che hanno a che fare con la sua "struttura" e funzione.
Dovranno essere indicati il nome e il cognome del lavoratore e i riferimenti del destinatario, esplicitate la volontà di lasciare il proprio posto di lavoro e le eventuali motivazioni, la data di decorrenza delle dimissioni e la data del proprio ultimo giorno di lavoro. Naturalmente, il tipo di lettera avrà connotazioni differenti in base al rapporto che si sia instaurato con i/i proprio/i superiore/i. Qualora ci si sia confrontati sempre in maniera amichevole, usando toni confidenziali, allora ciò dovrà emergere anche dalla lettera. Non sarà, infatti, necessario il risultare eccessivamente e "fintamente" formali, pur mostrando il proprio rispetto e, in alcuni casi, la riconoscenza per i successi raggiunti. Su quest´ultimo punto, sarà opportuno il fare una riflessione approfondita, ad esempio, citando alcuni dei progetti sui quali si sia lavorato e di cui ci si senta orgogliosi. Ciò risulterà vantaggioso per due motivi: uno avrà a che fare con il mantenimento di rapporti positivi sul piano prettamente "umano", l´altro, di ordine pratico, si tradurrà nella possibilità di rafforzare concretamente la propria rete professionale. La lettera di dimissioni, infatti, spesso verrà archiviata in una "cartella" personale del collaboratore, insieme ad altre note che riguardino il suo operato (valutazioni, risultati di test, progetti conclusi) e tali prestazioni positive potranno, ad esempio, essere consultate da aziende che condividano lo stesso dipartimento delle risorse umane. In ogni caso, il dimostrare stima per l´azienda e l´indicare le persone con le quali si sia avuta l´opportunità di collaborare, mettendone il luce le qualità, sarà apprezzato profondamente. Se, al contrario, i rapporti risultassero formali o addirittura tesi, sarà consigliabile lo scrivere una lettera senza toni polemici, ma breve e diretta allo scopo.
Mi
hanno proposto un incarico in qualità di manager per una importante
organizzazione della mia zona. Mi chiedo quali siano le competenze
trasversali alle quali dover rispondere in maniera efficace. Claudio,
Milano
Il manager dovrà essere motivato a lavorare in condizioni di urgenza, causate dalla pressione esercitata dalla crescente domanda di nuovi prodotti/servizi in tempi brevi.
Uno dei suoi requisiti principali, quindi, sarà la flessibilità: ovvero la capacità di modificare strutture e processi aziendali, qualora risulti necessario o opportuno. L’incarnare il ruolo di “guida” in relazione a possibili cambiamenti comporterà, da un lato, la capacità di comunicare con i collaboratori e, dall’altro, l’abilità di gestione , formazione e supervisione del lavoro dei gruppi.
Le competenze di conduzione dei team di professionisti con i quali si relazionerà saranno, infatti, fondamentali al fine dell’ottenimento di una reale collaborazione tra i vari componenti delle squadre in vista di un obiettivo comune. Dunque, il manager dovrà possedere capacità previsionali e strategiche nel definire le mete alle quali aspirare, i traguardi da raggiungere e le tempistiche. Dovrà saper cogliere le attitudini di ciascun collaboratore, “controllare” il trasferimento delle informazioni, mediare in occasione di conflitti e sollecitare chi tenda a defilarsi, motivandolo costantemente.
Oltre a doti quali il self control e la resistenza allo stress, l’abilità nel comprendere e nel saper valutare adeguatamente i differenti contributi, supportando gli apporti creativi dei propri collaboratori, fornendo feedback adeguati e ponendo attenzione all’aggiornamento delle competenze tecniche possedute sarà indispensabile per definire efficaci piani d’azione.
Infine, risulterà imprescindibile il comunicare ai gruppi le proprie aspettative nei loro confronti, riconoscendo la buona riuscita di una performance: ciò indurrà le persone al sentirsi maggiormente capaci, incrementando la loro motivazione anche ad assumere responsabilità maggiori.
Il manager dovrà essere motivato a lavorare in condizioni di urgenza, causate dalla pressione esercitata dalla crescente domanda di nuovi prodotti/servizi in tempi brevi.
Uno dei suoi requisiti principali, quindi, sarà la flessibilità: ovvero la capacità di modificare strutture e processi aziendali, qualora risulti necessario o opportuno. L’incarnare il ruolo di “guida” in relazione a possibili cambiamenti comporterà, da un lato, la capacità di comunicare con i collaboratori e, dall’altro, l’abilità di gestione , formazione e supervisione del lavoro dei gruppi.
Le competenze di conduzione dei team di professionisti con i quali si relazionerà saranno, infatti, fondamentali al fine dell’ottenimento di una reale collaborazione tra i vari componenti delle squadre in vista di un obiettivo comune. Dunque, il manager dovrà possedere capacità previsionali e strategiche nel definire le mete alle quali aspirare, i traguardi da raggiungere e le tempistiche. Dovrà saper cogliere le attitudini di ciascun collaboratore, “controllare” il trasferimento delle informazioni, mediare in occasione di conflitti e sollecitare chi tenda a defilarsi, motivandolo costantemente.
Oltre a doti quali il self control e la resistenza allo stress, l’abilità nel comprendere e nel saper valutare adeguatamente i differenti contributi, supportando gli apporti creativi dei propri collaboratori, fornendo feedback adeguati e ponendo attenzione all’aggiornamento delle competenze tecniche possedute sarà indispensabile per definire efficaci piani d’azione.
Infine, risulterà imprescindibile il comunicare ai gruppi le proprie aspettative nei loro confronti, riconoscendo la buona riuscita di una performance: ciò indurrà le persone al sentirsi maggiormente capaci, incrementando la loro motivazione anche ad assumere responsabilità maggiori.
Al
di là dei siti di recruiting, quali altre strade “virtuali” sono
percorribili per chi sia alla ricerca di un lavoro? Antonella,
Venezia.
Il blog potrebbe essere uno strumento prezioso per trovare lavoro: quelli aziendali consentiranno, tra le altre cose, di reperire notizie utili riguardanti l’organizzazione di interesse. Non andrà mai dimenticato, infatti, che le informazioni in nostro possesso, anche quelle apparentemente più banali, potrebbero rivelarsi provvidenziali nel corso di un colloquio di selezione (qualsiasi manager/selezionatore apprezzerà il fatto che ci si presenti documentati relativamente a settore, caratteristiche, tipologia di cliente, relativi all’impresa).
Esistono, inoltre, blog professionali, “costruiti” da appassionati o da tecnici esperti in ambiti specifici i quali permetteranno di approfondire competenze o di reperire contatti. Essendo il blog un luogo virtuale di confronto, lo scopo da raggiungere sarà, soprattutto, quello di condividere conoscenze inerenti una materia particolare e/o soluzioni professionali alternative rispetto alle “piste più battute”.
Il blog personale, infine, rappresenta una sorta di curriculum aperto e maggiormente personalizzato rispetto a quello standard. Esso permetterà di farsi conoscere in maniera alternativa e di aprirsi ad un possibile dialogo.
Negli ultimi anni, inoltre, si sono diffuse in maniera più consistente le cosiddette fiere virtuali. Si tratta di un sistema maggiormente economico rispetto all’acquisto di spazi commerciali, ma efficace per le aziende, al fine di farsi conoscere dal mercato. Le fiere congeniate in tal modo sono eventi interattivi tramite i quali risulta possibile percorrere gli stand in 3D, instaurare trattative e creare contatti, tramite internet. Il visitarle, tra gli altri vantaggi, comporterà la possibilità di conoscere la struttura organizzativa delle aziende espositrici, i loro valori fondamentali e, di conseguenza, le opportunità che esse potrebbero offrire in termini occupazionali, di crescita professionale e di formazione, nonché la loro “compatibilità” con le proprie attitudini e con la preparazione tecnica posseduta.
Il blog potrebbe essere uno strumento prezioso per trovare lavoro: quelli aziendali consentiranno, tra le altre cose, di reperire notizie utili riguardanti l’organizzazione di interesse. Non andrà mai dimenticato, infatti, che le informazioni in nostro possesso, anche quelle apparentemente più banali, potrebbero rivelarsi provvidenziali nel corso di un colloquio di selezione (qualsiasi manager/selezionatore apprezzerà il fatto che ci si presenti documentati relativamente a settore, caratteristiche, tipologia di cliente, relativi all’impresa).
Esistono, inoltre, blog professionali, “costruiti” da appassionati o da tecnici esperti in ambiti specifici i quali permetteranno di approfondire competenze o di reperire contatti. Essendo il blog un luogo virtuale di confronto, lo scopo da raggiungere sarà, soprattutto, quello di condividere conoscenze inerenti una materia particolare e/o soluzioni professionali alternative rispetto alle “piste più battute”.
Il blog personale, infine, rappresenta una sorta di curriculum aperto e maggiormente personalizzato rispetto a quello standard. Esso permetterà di farsi conoscere in maniera alternativa e di aprirsi ad un possibile dialogo.
Negli ultimi anni, inoltre, si sono diffuse in maniera più consistente le cosiddette fiere virtuali. Si tratta di un sistema maggiormente economico rispetto all’acquisto di spazi commerciali, ma efficace per le aziende, al fine di farsi conoscere dal mercato. Le fiere congeniate in tal modo sono eventi interattivi tramite i quali risulta possibile percorrere gli stand in 3D, instaurare trattative e creare contatti, tramite internet. Il visitarle, tra gli altri vantaggi, comporterà la possibilità di conoscere la struttura organizzativa delle aziende espositrici, i loro valori fondamentali e, di conseguenza, le opportunità che esse potrebbero offrire in termini occupazionali, di crescita professionale e di formazione, nonché la loro “compatibilità” con le proprie attitudini e con la preparazione tecnica posseduta.
Ricopro
un ruolo manageriale in azienda, sto cercando un nuovo lavoro e
vorrei consigli sul come promuovere al meglio la mia immagine.
Cinzia, Varese.
Le occasioni pubbliche di visibilità sono “palestre” da sfruttare al meglio. Se si è chiamati ad esempio a partecipare, in qualità di oratori, ad un meeting di settore, si potrà presumere che l’uditorio sia costituito, in parte, da cacciatori di teste e consulenti in cerca di professionisti competenti da reclutare per i propri clienti.
Dunque, un’approfondita ricerca sui temi da trattare, un’analisi dettagliata inerente la tipologia di interlocutori presenti e un’accurata stesura della presentazione saranno ingredienti essenziali ai fini della propria autopromozione.
L’esposizione ad un pubblico non implicherà solamente il possesso di conoscenze tecniche, ma anche la capacità di entrare in sintonia con chi ci ascolti e una notevole sensibilità riguardante la gestione dei tempi e delle modalità di conduzione dell’incontro.
Un ottimo manager potrebbe rivelarsi un oratore scarsamente accattivante e risulterà quindi necessario, prima di “entrare nell’arena”, il valutare oggettivamente il possesso dei requisiti indispensabili, per evitare di mettere a repentaglio la propria reputazione.
Anche le frequentazioni sociali favoriranno la costruzione di un’immagine professionale solida e positiva: la propria rete di contatti andrà alimentata, così come andrà considerata l’eventuale assunzione di incarichi specifici all’interno di associazioni di categoria (raggruppanti imprese di settore o professionisti che svolgano lo stesso ruolo). Tenendo conto dell’impegno richiesto da simili ruoli, la visibilità da essi garantita potrebbe tradursi in interessanti offerte di lavoro.
La web reputation, infine, andrà gestita attentamente, evitando un’esposizione eccessiva: video ed immagini consultate da un pubblico enormemente vasto potrebbero costituire un’arma a doppio taglio e andranno, per tale ragione, centellinate, destinandole ad obiettivi di self marketing mirati.
Le occasioni pubbliche di visibilità sono “palestre” da sfruttare al meglio. Se si è chiamati ad esempio a partecipare, in qualità di oratori, ad un meeting di settore, si potrà presumere che l’uditorio sia costituito, in parte, da cacciatori di teste e consulenti in cerca di professionisti competenti da reclutare per i propri clienti.
Dunque, un’approfondita ricerca sui temi da trattare, un’analisi dettagliata inerente la tipologia di interlocutori presenti e un’accurata stesura della presentazione saranno ingredienti essenziali ai fini della propria autopromozione.
L’esposizione ad un pubblico non implicherà solamente il possesso di conoscenze tecniche, ma anche la capacità di entrare in sintonia con chi ci ascolti e una notevole sensibilità riguardante la gestione dei tempi e delle modalità di conduzione dell’incontro.
Un ottimo manager potrebbe rivelarsi un oratore scarsamente accattivante e risulterà quindi necessario, prima di “entrare nell’arena”, il valutare oggettivamente il possesso dei requisiti indispensabili, per evitare di mettere a repentaglio la propria reputazione.
Anche le frequentazioni sociali favoriranno la costruzione di un’immagine professionale solida e positiva: la propria rete di contatti andrà alimentata, così come andrà considerata l’eventuale assunzione di incarichi specifici all’interno di associazioni di categoria (raggruppanti imprese di settore o professionisti che svolgano lo stesso ruolo). Tenendo conto dell’impegno richiesto da simili ruoli, la visibilità da essi garantita potrebbe tradursi in interessanti offerte di lavoro.
La web reputation, infine, andrà gestita attentamente, evitando un’esposizione eccessiva: video ed immagini consultate da un pubblico enormemente vasto potrebbero costituire un’arma a doppio taglio e andranno, per tale ragione, centellinate, destinandole ad obiettivi di self marketing mirati.
Come
avviene la valutazione del profilo di un candidato da parte di un
selezionatore professionista? Linda, Milano.
La valutazione di un candidato nel corso ed al termine di un processo di selezione non dovrà limitarsi ad una riformulazione del suo curriculum vitae, ma “toccare” dimensioni specifiche (concernenti la persona e le sue caratteristiche professionali) che risultino complete e comprensibili per la committenza (l’azienda che necessiti di una nuova figura da inserire nel proprio organico).
I profili potranno essere semplicemente redatti dal selezionatore su un foglio di carta bianca, così come potrebbero essere stilati mediante particolari schede valutative (indicate soprattutto per i selezionatori che non vantino una considerevole esperienza e utili al fine di limitare le possibilità di errore).
Le scale di valutazione codificate risulteranno, sovente, problematiche in quanto l’assegnazione di un punteggio per ciascuna dimensione analizzata non garantirà una coerenza di giudizio tra esaminatori diversi: ciascuno potrebbe, infatti, assegnare al medesimo valore numerico differenti significati.
La valutazione riguarderà la persona considerata, sia relativamente alla sua attualità e al suo trascorso formativo e lavorativo, sia alle potenzialità future (ipotesi inerenti il possibile sviluppo del suo ruolo in azienda).
Riguardo alle prove di gruppo, durante le quali sarà sollecitata soprattutto l’espressione di caratteristiche comportamentali nei candidati, i profili individuali saranno valutati prevalentemente attraverso l’impiego di specifiche “modalità di osservazione” e di un successivo confronto tra gli esaminatori. Al fine di stilare un profilo descrittivo dei partecipanti alla selezione, gli esaminatori disporranno, ad esempio, di una scheda costruita in funzione di specifici obiettivi, su cui indicheranno un punteggio corrispondente alla frequenza con la quale ciascun candidato avrà espresso una serie di azioni a loro volta sottendenti l’aspetto comportamentale esaminato e richiesto dalla posizione aperta.
La valutazione di un candidato nel corso ed al termine di un processo di selezione non dovrà limitarsi ad una riformulazione del suo curriculum vitae, ma “toccare” dimensioni specifiche (concernenti la persona e le sue caratteristiche professionali) che risultino complete e comprensibili per la committenza (l’azienda che necessiti di una nuova figura da inserire nel proprio organico).
I profili potranno essere semplicemente redatti dal selezionatore su un foglio di carta bianca, così come potrebbero essere stilati mediante particolari schede valutative (indicate soprattutto per i selezionatori che non vantino una considerevole esperienza e utili al fine di limitare le possibilità di errore).
Le scale di valutazione codificate risulteranno, sovente, problematiche in quanto l’assegnazione di un punteggio per ciascuna dimensione analizzata non garantirà una coerenza di giudizio tra esaminatori diversi: ciascuno potrebbe, infatti, assegnare al medesimo valore numerico differenti significati.
La valutazione riguarderà la persona considerata, sia relativamente alla sua attualità e al suo trascorso formativo e lavorativo, sia alle potenzialità future (ipotesi inerenti il possibile sviluppo del suo ruolo in azienda).
Riguardo alle prove di gruppo, durante le quali sarà sollecitata soprattutto l’espressione di caratteristiche comportamentali nei candidati, i profili individuali saranno valutati prevalentemente attraverso l’impiego di specifiche “modalità di osservazione” e di un successivo confronto tra gli esaminatori. Al fine di stilare un profilo descrittivo dei partecipanti alla selezione, gli esaminatori disporranno, ad esempio, di una scheda costruita in funzione di specifici obiettivi, su cui indicheranno un punteggio corrispondente alla frequenza con la quale ciascun candidato avrà espresso una serie di azioni a loro volta sottendenti l’aspetto comportamentale esaminato e richiesto dalla posizione aperta.
Il
piccolo "lusso" del poter avere uno chef a casa propria che
ci permetta di godere dei piaceri della buona tavola e della comodità
offerta dalle pareti domestiche non è solamente un fenomeno di moda,
ma risponde a precisi bisogni di un committente che ricerchi un
servizio "unico" in occasioni svariate: dalla cena di
lavoro, all´incontro a due.
Per tale ragione, chi possegga un´adeguata preparazione, sia dotato di una buona dose di originalità, non richieda compensi eccessivi e, soprattutto, ami il contatto con le persone e sappia improvvisare, potrebbe essere il candidato ideale per diventare un "cuoco a domicilio".
Si tratta di un "mestiere" che ha già una sua tradizione in paesi come gli Stati Uniti e l´Inghilterra e che, via via, sta affermandosi anche in Italia.
Per diventare un professionista sarà necessario l´aprire una partita IVA, nel settore alimentare, iscriversi alla Camera di Commercio e frequentare un corso specifico inerente all´igiene degli alimenti, d´obbligo per chi si occupi di somministrazione di cibo e bevande.
Mezzi di comunicazione potenti, al fine di promuovere la propria attività, saranno, ad esempio, una pagina Facebook che illustri le proprie ricette e il proprio modo di operare e il "passaparola" che consentirà il passaggio da una casa all´altra, grazie alla rete di conoscenze dei clienti soddisfatti.
Anche un sito web potrebbe risultare estremamente utile, dal momento che per reperire un cuoco a domicilio si inseriranno sui principali motori di ricerca parole chiave quali "personal chef" , abbinate alla propria città di residenza.
l professionista dei fornelli dovrà impegnarsi a fornire un servizio completo, dalla scelta del menù, al sopralluogo della cucina (in modo da aver chiara la disponibilità degli "strumenti necessari"), fino alla pulizia finale al termine del pranzo o della cena.
Un´ulteriore caratteristica vincente sarà l´attenzione ai dettagli: un consiglio relativamente all´allestimento della sala (posateria, accessori, musica di sottofondo) rappresenterà un valore aggiunto al proprio servizio.
Per tale ragione, chi possegga un´adeguata preparazione, sia dotato di una buona dose di originalità, non richieda compensi eccessivi e, soprattutto, ami il contatto con le persone e sappia improvvisare, potrebbe essere il candidato ideale per diventare un "cuoco a domicilio".
Si tratta di un "mestiere" che ha già una sua tradizione in paesi come gli Stati Uniti e l´Inghilterra e che, via via, sta affermandosi anche in Italia.
Per diventare un professionista sarà necessario l´aprire una partita IVA, nel settore alimentare, iscriversi alla Camera di Commercio e frequentare un corso specifico inerente all´igiene degli alimenti, d´obbligo per chi si occupi di somministrazione di cibo e bevande.
Mezzi di comunicazione potenti, al fine di promuovere la propria attività, saranno, ad esempio, una pagina Facebook che illustri le proprie ricette e il proprio modo di operare e il "passaparola" che consentirà il passaggio da una casa all´altra, grazie alla rete di conoscenze dei clienti soddisfatti.
Anche un sito web potrebbe risultare estremamente utile, dal momento che per reperire un cuoco a domicilio si inseriranno sui principali motori di ricerca parole chiave quali "personal chef" , abbinate alla propria città di residenza.
l professionista dei fornelli dovrà impegnarsi a fornire un servizio completo, dalla scelta del menù, al sopralluogo della cucina (in modo da aver chiara la disponibilità degli "strumenti necessari"), fino alla pulizia finale al termine del pranzo o della cena.
Un´ulteriore caratteristica vincente sarà l´attenzione ai dettagli: un consiglio relativamente all´allestimento della sala (posateria, accessori, musica di sottofondo) rappresenterà un valore aggiunto al proprio servizio.
Qualora ci si prepari per uno stage si dovranno
tenere in considerazione alcuni fattori che caratterizzano tale esperienza,
rendendola differente rispetto ad un "lavoro" vero e proprio. Si
tratterà, in effetti, di una convenzione tra l´azienda e una realtà che funge
da intermediaria (università, agenzia per il lavoro, ecc.), finalizzata ad uno
sviluppo del percorso formativo, che consenta di sperimentare concretamente le
competenze acquisite.
La stesura del curriculum vitae dovrà, quindi, contemplare tali aspetti e sarà fondamentale che esso sia affiancato da una lettera di presentazione. La lettera avrà, quali funzioni principali, quella di evidenziare i punti di forza del porfolio al fine di farlo "emergere" rispetto alle altre candidature e quella di manifestare il l´interesse per l´organizzazione di riferimento Sarà opportuno il proporsi non solamente per un´area aziendale, ma almeno per due, le quali presentino determinate affinità sia tra loro (ad esempio marketing e vendite), che con i punti cardine del proprio percorso formativo. Il curriculum non dovrebbe superare la pagina e mezzo e uno spazio considerevole al suo interno dovrà essere dedicato ai propri studi e a tutte le esperienze concrete realizzate in un settore specifico (tesi sperimentale, esperienze di alternanza studio lavoro, ricerche specifiche in relazione agli esami sostenuti, tirocinio post lauream, soggiorni studio all´estero, altri stage all´interno di imprese con una struttura similare ecc.). Anche l´area delle esperienze extra scolastiche avrà un peso significativo agli occhi del selezionatore: dovranno, ad esempio, essere esplicitati i ruoli e le mansioni ricoperte, anche ai soli fini di volontariato o dilettantistici, qualora si siano vissute situazioni di apprendimento e di condivisione delle competenze in un ambito simile a quello professionale. All´interno di associazioni e club, infatti, si possono acquisire capacità organizzative importanti e, soprattutto, affinare le proprie doti relazionali e comunicative.
La stesura del curriculum vitae dovrà, quindi, contemplare tali aspetti e sarà fondamentale che esso sia affiancato da una lettera di presentazione. La lettera avrà, quali funzioni principali, quella di evidenziare i punti di forza del porfolio al fine di farlo "emergere" rispetto alle altre candidature e quella di manifestare il l´interesse per l´organizzazione di riferimento Sarà opportuno il proporsi non solamente per un´area aziendale, ma almeno per due, le quali presentino determinate affinità sia tra loro (ad esempio marketing e vendite), che con i punti cardine del proprio percorso formativo. Il curriculum non dovrebbe superare la pagina e mezzo e uno spazio considerevole al suo interno dovrà essere dedicato ai propri studi e a tutte le esperienze concrete realizzate in un settore specifico (tesi sperimentale, esperienze di alternanza studio lavoro, ricerche specifiche in relazione agli esami sostenuti, tirocinio post lauream, soggiorni studio all´estero, altri stage all´interno di imprese con una struttura similare ecc.). Anche l´area delle esperienze extra scolastiche avrà un peso significativo agli occhi del selezionatore: dovranno, ad esempio, essere esplicitati i ruoli e le mansioni ricoperte, anche ai soli fini di volontariato o dilettantistici, qualora si siano vissute situazioni di apprendimento e di condivisione delle competenze in un ambito simile a quello professionale. All´interno di associazioni e club, infatti, si possono acquisire capacità organizzative importanti e, soprattutto, affinare le proprie doti relazionali e comunicative.
La
laurea in Scienze della Comunicazione è un punto di partenza
importantissimo per il lavoro di comunicatore, ma, dal momento che
all’interno del settore esistono professionalità estremamente
diverse l’una dall’altra, i percorsi formativi possibili e
consigliati possono essere altrettanto vari. Un buon grafico
pubblicitario, ad esempio, potrebbe provenire da un percorso
artistico caratterizzato dalla scelta di un liceo a dalla successiva
iscrizione all’Accademia. Se, invece, l’inclinazione personale è
rivolta al web, nemmeno un tecnico informatico partirebbe
svantaggiato rispetto a questo complesso ambito professionale. La
componente creativa, quella linguistica e quella tecnica sono da
considerarsi parimente importanti e il grado di specializzazione di
un candidato potrà fare la differenza nel contesto della selezione.
Uno
stage presso un’agenzia di comunicazione può essere molto utile
per sperimentare le proprie capacità relazionali, soprattutto nei
confronti di una clientela che è tipicamente abituata a tempi brevi,
idee brillanti ed efficienza nel realizzarle.
Il
mondo della rete, d’altra parte, è caratterizzato da una serie di
strategie e accortezze specifiche di chi “fa il mestiere” le
quali dovranno essere acquisite e fatte proprie attraverso un periodo
di osservazione e studio inerente i siti e le community in grado di
generare un “traffico” elevato.
Anche
una redazione è connotata da tempi e modalità di lavoro peculiari e
sarà importante, per chi si inserisca al suo interno, coglierne le
relazioni, i ritmi, i passaggi di consegna e gli aspetti tecnici del
mestiere.
Proprio
per il fatto che non esiste un profilo standardizzato per il
comunicatore, la pratica del mestiere e l’esperienza dei colleghi
saranno elementi preziosi sul piano creativo e organizzativo.
Anche
i corsi di perfezionamento, successivi alla laurea, possono
contribuire all’acquisizione di strumenti spendibili a livello
pratico, in particolare connessi con le strategie comunicative e con
l’impiego di programmi mirati.
La
sopravvivenza di un´organizzazione alla competizione è connessa,
indubbiamente, all´assegnazione di ruoli di responsabilità a persone
capaci di guidare i gruppi di lavoro.
La
formazione del gruppo è un primo ed essenziale ingrediente
relazionato sia alle competenze individuali, che agli obiettivi da
raggiungere. Si dovrà tener conto della capacità delle persone
prescelte di cooperare in modo efficiente e, solo allora, sarà
possibile concentrarsi sulla missione da svolgere.
Non
solamente il gruppo nella sua totalità dovrà percepire con
chiarezza quali siano gli obiettivi, ma ciò dovrà valere anche per
i singoli membri: in tal modo, la motivazione potrà mantenersi
elevata e, di conseguenza, alimentare lo spirito di squadra.
Uno
step successivo del "lavoro del leader" consisterà nel
pianificare e strutturare il progetto da svolgere. I ruoli e i tempi
dovranno essere predisposti con precisione, prevedendo soluzioni ad
eventuali problematiche.
I
membri del gruppo dovranno essere adeguatamente formati per
l´utilizzo degli strumenti a disposizione, incentivando, al contempo,
il reciproco supporto e la condivisione dei saperi individuali.
Gli
eventuali conflitti dovranno essere identificati, anche mediante
revisioni periodiche nelle quali far emergere aspettative e progressi
nel lavoro svolto. Il gruppo non potrà essere abbandonato a se
stesso, nemmeno una volta fornite tutte le specifiche tecniche,
materiali e finanziarie, ma, al contrario, si dovranno accogliere
feedback e informazioni inerenti ruoli, difficoltà di comunicazione
e qualità delle relazioni. Le questioni interpersonali, infatti,
sono tra le più rilevanti nell´ostacolare lo svolgimento ottimale
delle attività previste.
I
membri del gruppo dovranno ricevere informazioni relative al loro
impegno e ai traguardi raggiunti progressivamente. Soltanto in questo
modo le persone si sentiranno apprezzate e motivate a dare il meglio
anche nelle fasi successive, sino a toccare livelli ottimali di
autogestione e cooperazione.
Nell’ambito
pubblicitario, la psicologia dei colori gioca un ruolo
importantissimo in virtù delle sue forti connessioni con la
persuasione. La sfera emotiva e quella sensoriale hanno, infatti, un
peso notevole nelle scelte di un pubblico di consumatori e la
diffusione di un brand non può che tenerne conto.
I
colori lo rendono riconoscibile, ne determinano la visibilità anche
sulla carta stampata (ad esempio sui volantini o cataloghi) e
contribuiscono a convogliare un messaggio forte e “unico”.
Il
colore del logo, del packaging dei prodotti, del sito web e di tutto
il materiale promozionale dovrà, quindi, essere considerato
essenziale nell’ambito della programmazione di una campagna
pubblicitaria.
Spesso,
anche nelle corsie di un supermercato si “gioca” con i colori e
sarà possibile notare come prodotti di categorie merceologiche
simili siano caratterizzati da colori che si richiamano gli uni con
gli altri (freddi per prodotti per l’igiene e la detersione e caldi
per il reparto alimentare).
Le
regole in questo settore, tuttavia, non sono ferree, bensì dipendono
da associazioni diverse e sono influenzate dalle possibili preferenze
del consumatore tipo. Il colore, inoltre, ha un effetto positivo
significativo qualora la persona sia già positivamente influenzata
dal prodotto o dal brand in questione.
Il
loro ruolo rafforzativo dovrà indurre, dunque, a studiare il mix
ideale tra brand e scelta cromatica, al fine di rappresentare al
meglio la propria offerta, grazie ad associazioni mentali efficaci.
Sarà
importante, per differenziarsi dai concorrenti, l’evitare scelte
eccessivamente banali, tenendo conto del fatto che il cervello umano
tende a ricordare più facilmente i marchi che si distinguono dagli
altri.
Gli
studiosi del settore sottolineano come il blu sia uno dei colori
maggiormente diffusi nel marketing e nelle tematiche legate al
business: l’impressione di forza e integrità che trasmette è,
comprensibilmente, importante qualora si voglia promuovere un
prodotto, conferendogli credibilità e infondendo sicurezza nei
futuri acquirenti.
Al
fine di integrarsi con successo in un nuovo posto di lavoro, un
ottimo punto di partenza consiste nell´osservare come si comportino
le persone che occupino una posizione simile.
Si
noteranno delle tipicità e dei ruoli specifici, sia sul piano dei
compiti e delle mansioni, sia su quelli personale e relazionale.
In
altre parole si respirerà il clima organizzativo, la formalità dei
rapporti o, al contrario, la confidenza tra responsabili e squadra e
sarà possibile, almeno in parte, l´identificarsi o meno con la
situazione vissuta da osservatori.
Il
comprendere quali siano i bisogni di un contesto organizzativo ci
permetterà di definire con maggiore precisione i nostri punti di
forza e le nostre lacune rispetto al modello di nostro interesse. Una
volta messo a punto il proprio curriculum, tenendo conto di tali
elementi, sarà più probabile il venire valorizzati in fase di
selezione.
Si
dovrà, dunque, cercare di comprendere a fondo il lavoro degli altri,
non dando nulla per scontato e acquisendo più informazioni
possibili. Per un giovane alla prima esperienza, ad esempio, lo stage
potrà rivelarsi estremamente utile, fornendo la possibilità di
porre domande e di approfondire tematiche soltanto accennate nel
percorso di studi.
Le
variabili che condizionano il successo di un´organizzazione o la
soddisfazione nel proprio lavoro sono innumerevoli e a ciascuna di
esse dovremo cercare di attribuire un valore. Anche i comportamenti
abituali per un´azienda possono essere impensabili in un diverso
contesto organizzativo e, dunque, sarà importante coglierli e
analizzarli.
Qualora
ci si inserisca in un nuovo contesto con un ruolo manageriale, sarà
importante imparare a valorizzare l´operato dei collaboratori,
studiando il contenuto della loro mansione e facendo leva sulle
potenzialità personali. Le strategie motivazionali dovranno essere
il più possibile specifiche, basate sulla conoscenza dei singoli e
degli obiettivi da raggiungere, in modo da non risultare
opportunistiche e impersonali, ma, al contrario, basate su una
valutazione onesta, oculata e finalizzata alla crescita.